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Il mistero della persecuzione purifica la Chiesa: una lettera di Santa Caterina da Siena

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Renovatio 21 pubblica uno stralcio della lettera 87 della mistica e santa compatrona d’Europa Caterina da Siena (1347-1380) scritta al Frate Raimondo da Capua. Invitiamo il lettore a meditare sulle parole della Santa nella sua visione del Signore: «permetto questo tempo di persecuzione per togliere divellere le spine della mia sposa». Il mistero della persecuzione consente di togliersi dal «disordinato e disonesto vivere». Con la «disciplina delle persecuzioni delle creature», con la «forza delle tribolazioni», il Signore rimette in riga il creato. Crediamo che ci sia molto da meditare a riguardo, molto da comprendere. O meglio, c’è molto da accettare nel profondo del proprio cuore. Per quanto doloroso possa essere.

 

 

Godete ed essultate, ché il tempo de la state ne viene, poiché lo primo dì d’aprile, la notte, più singularmente Dio aperse i segreti suoi, manifestando le mirabili cose sue – sì e per sì-fatto modo che l’anima mia non pareva che fusse nel corpo, e riceveva tanto diletto e plenitudine che la lingua non è sufficiente a dirlo; spianando e dichiarando a parte a parte sopra lo misterio de la persecuzione che ora ha la santa Chiesa, e de la renovazione ed essaltazione sua, la quale die avere nel tempo avenire, dicendo che lo tempo presente è permesso per renderle lo stato suo; allegando la prima Verità due parole che si contengono nel santo evangelio, cioè: «Egli è bisogno che lo scandalo venga nel mondo», e poi subgiunse: «ma guai a colui per cui viene lo scandalo» (Mt 18,7 Lc 17,1).

 

Quasi dicesse: «Questo tempo di questa persecuzione vi permetto per divellere le spine de la sposa mia, che è tutta imprunata, ma non permetto le male cogitazioni degli uomini. Sai tu come io fo? io fo come io feci quando io ero nel mondo, che feci la disciplina de le funi (Jn 2,15), e cacciai coloro che vendevano e compravano, non volendo che de la casa di Dio si facesse spelunca di ladroni (Mt 21,12-13 Mc 11,15-17 Lc 19,45-46 Jn 2,15-16). Così ti dico che io fo ora, poiché Io ho fatto una disciplina de le creature, e con essa disciplina caccio i mercatanti immondi cupidi e avari, infiati per superbia, vendendo e comprando le grazie e i doni de lo Spirito santo».

 

Sì che con la disciplina de le persecuzioni de le creature gli cacciava fuore, cioè che per forza di tribulazione e persecuzione lo’ tolleva lo disordenato e disonesto vivere.

 

E crescendo in me lo fuoco del santo desiderio, mirando, vedevo nel costato di Cristo Crocifisso intrare lo popolo cristiano e lo infedele; e io passavo, per desiderio e affetto d’amore, per lo mezzo di loro, e intravo con loro in Cristo dolce Gesù acompagnata col padre mio santo Domenico e Iohanni singulare, con tutti quanti i figli miei.

 

Allora mi dava la croce in collo e l’ulivo in mano, quasi come volesse, e così diceva, che io la portasse all’uno popolo e all’altro; e diceva a me: «Di’ a loro: “Io v’annunzio gaudio magno”». Allora l’anima mia più s’empiva; abnegata era coi veri gustatori ne la divina essenzia, per unione e affetto d’amore.

 

Ed era tanto lo diletto che aveva l’anima mia che la fatica passata, del vedere l’offesa di Dio, non vedeva, anco dicevo: O felice e aventurata colpa! Allora lo dolce Gesù sorrideva e diceva: «Or è aventurato lo peccato che non è nulla? Sai tu quello che santo Gregorio dicea, quando disse: «felice e aventurata colpa»? quale parte è quella che tu tieni che sia aventurata e felice, e che dice santo Gregorio?».

 

Io rispondevo come esso mi faceva rispondere e dicevo: «Io veggio bene, Signore mio dolce, e bene so, che il peccato non è degno di ventura e non è aventurato né felice in sé, ma lo frutto che esce del peccato. Questo mi pare che volesse dire Gregorio: che, per lo peccato d’Adam, Dio ci dié il Verbo dell’unigenito suo Figlio e il Verbo dié il sangue; dando la vita ci rendé la vita con grande fuoco d’amore. Sì che il peccato è aventurato, non per lo peccato, ma per lo frutto e dono che abiamo d’esso peccato».

 

Or così è, sì che dell’ofesa che fanno gl’iniqui cristiani perseguitando la Sposa di Cristo, nasce la essaltazione, lume e odore di virtù in essa sposa. Ed era questo sì dolce che non pareva che fusse nessuna comparazione da l’offesa alla smisurata bontà e benignità di Dio che in essa sposa mostrava.

Allora io godevo ed essultavo, e tanto ero vestita di certezza del tempo futuro che me il pareva possedere e gustare: dicevo allora con Simeone: «Nunc dimictis servum tuum Domine secundum verbum tuum in pace» (Lc 2,29).

 

Facevansi tanti misterii che la lingua non è sufficiente a dirlo, né cuore a pensarlo, né occhio a vederlo (1Co 2,9).

 

Or quale lingua sarebbe sufficiente a narrare le mirabili cose di Dio?

 

Non la mia di me misera miserabile; e però io voglio tenere silenzio e darmi solo a cercare l’onore di Dio, e la salute delle anime, e la renovazione ed essaltazione de la santa Chiesa, e per la grazia e fortezza de lo Spirito santo perseverare fino a la morte.

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Immagine: Annibale Carracci, L’Estasi di Santa Caterina da Siena, 1590, Galleria Borghese, Roma. Pubblicata su licenza pubblico dominio CC0 via Wikimedia.

 

 

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