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Il commercio dell’Africa aumenta con la Cina mentre crolla con gli USA

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La forte crescita del commercio Cina-Africa, in parte, ha spinto il livello del commercio mondiale bidirezionale della Cina (esportazioni e importazioni combinate) a un record mondiale di 6,3 trilioni di dollari nel 2022, che fa avanzare lo sviluppo mondiale, rivelano dati recenti riportati da EIRN.

 

La Cina rappresenta un settimo di tutto il commercio mondiale ed è il primo partner commerciale per 120 nazioni.

 

La spinta allo sviluppo della Cina in Africa si comprende meglio confrontandola con il fallimento degli Stati Uniti nello stesso continente; ogni Paese impiega una strategia economica radicalmente diversa, che spiega i risultati opposti.

 

Nel 2008, la Cina e gli Stati Uniti hanno avuto ciascuno la stessa quantità di scambi commerciali bilaterali con l’Africa, pari a 100 miliardi di dollari.

 

«La Cina ha impiegato un approccio dirigista, confuciano-hamiltoniano alla crescita economica in Africa, nella Belt and Road Initiative lanciata nel 2013, che ha governato la sua politica commerciale» scrive EIRN. «In base a questa politica, la Cina ha costruito, in collaborazione con l’Etiopia, la ferrovia a scartamento normale etiope Addis Abeba-Gibuti di 752 km, un progetto da 5,3 miliardi di dollari per facilitare l’integrazione regionale e la prosperità».

 

Negli anni la Cina ha contribuito a costruire e potenziare, con le nazioni africane, più di 10.000 km di ferrovie, quasi 100.000 km di strade, quasi 1.000 ponti e quasi 100 porti.

 

Per finanziare questa miriade di progetti, le agenzie governative e le banche cinesi hanno esteso 153 miliardi di dollari ai mutuatari africani tra il 2000 e il 2019, secondo i dati SAIS-CARI. Ciò ha consentito la costruzione dei progetti e per l’Africa di importare le macchine utensili, l’acciaio, le attrezzature per la posa delle ferrovie, le locomotive, le attrezzature per il dragaggio portuale, le linee di trasmissione, etc., che vengono coinvolte nei progetti.

 

La Cina ha importato dall’Africa greggio, rame, cobalto, minerale di ferro, prodotti agricoli e così via. Per bilanciare il commercio, la Cina ha consentito a dozzine di nazioni africane di iniziare a esportare beni, come i tessuti, esentasse.

 

Come risultato di questo percorso, il commercio bilaterale Africa-Cina è salito a 200 miliardi di dollari nel 2015, a 254 miliardi nel 2021, e poi a 282 miliardi nel 2022, con un aumento dell’11%.

 

Nel 2022, la Cina ha esportato 164,5 miliardi di merci e servizi in Africa e da essa ha importato beni e servizi per un valore di 117,5 miliardi di dollari.

 

La Cina ha fissato l’obiettivo di importare merci africane per un valore di 300 miliardi di dollari entro il 2025.

 

«Al contrario, gli Stati Uniti hanno perseguito una politica di “libera impresa” spietata indifferenza nei confronti dell’Africa» conclude EIRN. «Mentre nel 2008 il commercio bilaterale degli Stati Uniti con l’Africa era di 100 miliardi, nel 2022 era sceso a 71 miliardi, con un calo del 29%. A causa di un metodo profondamente diverso, il commercio Africa-Cina è ora quadruplicato rispetto a quello dell’Africa con gli Stati Uniti».

 

Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo aver stabilito la sua prima base militare extraterritoriale a Gibuti, sta cercando di installare una ulteriore base nella costa atlantica del Continente Nero.

 

I rapporti tra Cina e Africa vanno avanti sin dai tempi di Mao, che negli anni Sessanta costruì, ad esempio, la TAZARRA (la ferrovia tra la Tanzania e lo Zambia, ancora in uso). Tuttavia una grande carica all’attività cinese in Africa è stata data sin dai primi anni 2000, quando gli USA erano concentrati nelle loro disastrose guerre in Medio Oriente.

 

Nel solo 2019 Pechino aveva investito in Africa ben 95 miliardi di dollari.

 

La penetrazione della Cina nel continente ha sostenitori anche dalle nostre parti. Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020, Romano Prodi ha chiesto un grande sforzo internazionale, che coinvolga la Cina, per costruire l’infrastruttura Transaqua per ricostituire il lago Ciad.

 

Il rapporto del fortunato professore emiliano con il Dragone è risalente, e intenso.

 

«Prodi, dopo diversi cicli di lezioni nelle università cinesi, si è riscoperto un vero e proprio ambasciatore di Bologna in Cina. Intanto ha svelato che suo “figlio è in Cina in questo momento, sta facendo il ricercatore e secondo me ha fatto un’ottima scelta”» scriveva Italia oggi oramai 7 anni fa. «Il professore, con il profilo che si sta costruendo e i rapporti che sta intrattenendo ad alti livelli con i dirigenti cinesi mira a essere l’unico che, in caso servano investimenti finanziari cinesi sul nostro debito, possa essere persuasivo in tal senso. Trasformandosi di nuovo in salvatore della patria e rientrando nei giochi della politica nazionale»

 

 

 

 

Immagine di GovernmentZA via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0)

 

 

 

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