Satira

I partiti che non voteremo

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A pochi minuti dal silenzio elettorale, ci teniamo un’ultima puntualizzazione su questa incredibile, indecente, disperante tornata democratica.

 

Si tratta del sentire personale di Renovatio 21, e niente di più di questo. Non sono in alcun modo indicazioni di voto, e nemmeno, se leggete fino alla fine, di non-voto.

 

Non vogliamo dirvi cosa votare. Vi diciamo semplicemente cosa non voteremmo, e forse non voteremo, noi. E perché.

 

Avevamo pensato in questi mesi di scrivere un bestiario elettorale. Non abbiamo avuto il tempo, e ad una certa ci è sparita anche la voglia.

 

Quindi, prendete quanto segue anche come satira, la satira elettorale che non siamo riusciti a fare finora. OK?

 

Bene. Allora.

 

 

Non voteremo Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, per tutti i motivi che su questo sito abbiamo già spiegato più volte.

 

Ribadiamo che sugli unici temi fondamentali per cui dovrebbero farci votare, cioè la Russia e lo Stato biosecuritario di vaccino e green pass e piattaforma di controllo digitale, FdI e PD stanno sulle stesse posizioni. L’idea, proposta da qualcuno, per cui potrebbero perfino governare insieme, garante Draghi, non è fantascienza per niente.

 

FdI è pure evanescente sulle questioni morali, come l’aborto. L’ultima è l’arrivo di una candidata meloniana con pedigree pro-vita, quantomeno sulle etichette autoappostesi, che sostiene in un’intervista a Il Giornale che «non avrebbe alcun senso né risultato» chiedere l’abolizione 194. È la posizione che conosciamo.

 

Temiamo, soprattutto, che il governo della Meloni possa essere il governo della repressione, perché il gelido inverno causato dalla NATO vedrà proteste anche in Italia come in tutta Europa.

 

Non voteremo FdI perché ricordiamo cosa accadde esattamente un anno prima delle elezioni, il 25 settembre 2021, in piazza Duomo a Milano: la Meloni fece un comizio con transenne e celerini che la proteggevano dai no green pass che, come ogni sabato, si ritrovavano per la protesta proprio lì – a migliaia e migliaia.

 

Invece che strizzare vagamente l’occhiolino da capa dell’opposizione verso un’opposizione di strada enorme (fatta, ricordiamolo, di voti che forse erano pure alla sua portata) Giorgia andò via, e rimasero solo tensioni tra i no green pass da una parte e poliziotti e qualche attivista FdI dall’altra.

 

 

Come ci hanno scritto alcuni lettori allora presenti in loco, la scena diceva già allora già tutto.,

 

Non voteremo Forza Italia, anche se voteremo per Berlusconi, che da Vespa ha avuto il coraggio di lanciare delle verità sull’Ucrainameno male che Silvio c’è»). Purtroppo, votare Forza Italia significa votare la Ronzulli, Tajani, etc. Capite bene che per noi è impraticabile, pure se ci piacessero il partito e le cose che ci girano intorno.

 

Non voteremo Movimento 5 Stelle, perché, tipo, il fondatore di Renovatio 21 ci ha dato un po’ di argomenti per non farlo in un librone pubblicato otto anni e mezzo fa. Quindi, non perdiamo tanto tempo a spiegarci qui…

 

Non voteremo Calenda-Renzi, e ci viene anche un po’ da ridere a scriverlo, ma per completezza lo facciamo.  Di Calenda vi abbiamo parlato in un articolo di qualche settimana fa, quello sul phantom pain, «dolore dell’arto fantasma», cioè sull’amputazione del Parlamento che non si sa più cosa rappresenterò. Di Renzi invece non parliamo, e immaginate perché.

 

Non voteremo PD, e ci rendiamo conto che il lettore a questo punto può ridere forte, ma ci tocca di dirlo, quanto meno per ricordare il fatto che Renovatio 21 ritiene che l’unica liberazione possibile per questo Paese sia la depiddificazione. Il PD è la forma più avanzata dell’amalgama dello Stato-partito, e in congiuntura che le sue cooperative e con gli spezzoni di sistema con cui si è fuso forma quello che Gramsci chiamava «blocco storico», un tappo infinito che strangola la vita di questo Paese.

 

 

Poi ci sono tutti i partitini anti-sistema che avevamo descritto in quell’articolo, Gatekeeper e Houserunner, scappati di casa e infiltrati.

 

La lista è corposa.

 

 

Non voteremo Paragone e Italexit, per una lunga serie di motivi, il primo dei quali è che mai e poi mai possiamo votare un ex grillino, soprattutto se riesce a passare dalla Padania alla RAI a La7 al Senato grillino. Carriera davvero notevole.

 

Il dottor Vanni Frajese, figlio della psichiatra Dina Nerozzi (autrice cattolica e traduttrice di importanti testi sul gender) e nipote del mitico giornalista RAI Paolo Frajese, ci sembra una brava persona.

 

Non abbiamo tuttavia grande ammirazione per le doti politiche di personaggi come la vicequestore Nunzia Schillirò e per l’opera di un Puzzer, sul quale abbiamo scritto abbastanza nei periodi in cui il canto «la gente come noi» ammorbava tutti, compreso Paragone, che proprio mentre intonava sorridente il ritornello fu contestato dalla piazza di Trieste.

 

Ai misteri sui siti di Paragone, a tutte le voci che circolano, ai suoi accorati elogi a Di Battista e a Casaleggio, non vogliamo nemmeno pensare.

 

 

Non voteremo Italia Sovrana e Popolare, anche se i dottori Gulisano e Giovanardi (il gemello buono che ha curato mezza Modena e oltre) sono degli ottimi candidati.

 

Non voteremo questo partito perché non ci è chiara esattamente la storia e la composizione della dirigenza: c’è nel percorso tutta una serie di storie diverse, movimenti meridionalisti, movimenti fatti con massoni dichiarati, formazioni con nomi di partiti spagnuoli, e in mezzo pure Fusaro, almeno per un po’. È un po’ difficile chiedere a noi di votare una cosa così.

 

Se in più ci aggiungiamo che dentro ci sta Rizzo, che potrebbe aver scoperto che con i no-vax magari tra un po’ si potrebbe arrivare pure a riportare sulla scheda elettorale la falce e il martello (e giù scongelamento di voti di pensionati nostalgici a Sesto San Giovanni, Mestre, Mirafiori, l’Emilia tutta)… Avevamo estrema simpatia per Rizzo, nonostante la storia del suo governo dietro al bombardamento NATO della Serbia nel 1999, tuttavia non è che possiamo fare a meno di chiederci dove sia stato in tutti questi anni in cui affrontavano la legge Lorenzin e ogni altra follia inflittaci.

 

Se poi aggiungiamo che nel gruppone c’è anche Ingroia, diciamo che il voto diventa non irresistibile, nonostante l’ideona di candidare una 95enne, Gina Lollobrigida, che però ha avuto modo di conoscere Fidel Castro.

 

 

Non voteremo il Partito di Adinolfi, perché siamo stati inondati di screenshot dei lettori che ci mostrano che erano d’accordo con il green pass, e poi sul logo adesso hanno scritto no green pass.

 

Il partito si chiama APLI che sarebbe tipo Alternative fuer Deutschland ma all’amatriciana, Alternative fuer Italien. Tuttavia ci rendiamo conto che c’era pure un altro gruppo, pare di ex grillini, che si chiama «Alternativa», quindi ad un certo punto avevamo anche noi, come Mentana, fatto confusione. Colpa nostra.

 

Dobbiamo dire che la parte del neopartito che viene da Casa Pound nel 2018 ci sembrava aver detto in campagna elettorale cose sensatissime, grandiose, come un progetto concreto sulla Libia. A fine luglio abbiamo invece letto l’intervista al La Verità: «Sull’aborto, lui [Adinolfi] chiede l’abolizione. Io preferirei combatterlo dinsincentivandolo…». Tutto questo in un partito che doveva, in teoria, essere fatto di cattolici, per la famiglia, per la vita, etc. Pazienza, conosciamo la solfa: è quella di sopra, è quella della gerarchia cattolica, è quella di tutta la politica…

 

Non è chiaro in quante circoscrizioni sia presente il partito. Al di là di quello, sulla mossa di candidare una persona legata al centro LGBT Cassero ci stiamo ancora interrogando.

 

Ammettiamo anche che non riusciamo a capire esattamente a volte di che parli Adinolfi, per esempio ci hanno inviato un video, non sappiamo di quando, in cui lo si vede mentre si riprende a fare il bagno in piscina di notte, dice di votare Partito della Famiglia, parla di Elodì – che crediamo sia una cantante, ma non siamo sicuri – aggiunge cose che immaginiamo ci sfuggono perché non seguiamo né la TV né i social, ma potremmo sbagliarci.

 

 

Infine, non voteremo Lega Nord, infine, per il solo motivo che anche solo per aver tentato di fare davanti a qualcuno il discorsetto –  Salvini è l’unico che pare comprendere, anche se poi fa subito due passi indietro e cinque dichiarazioni pro-Zelens’kyj, che le sanzioni alla Russia sono la morte dell’Italia e dell’Europa – siamo stati aggrediti, azzannati, graffiati, urlati, rincorsi.

 

E a ragione. La Lega ha votato il green pass e tutto il resto, la Lega ha cagionato il licenziamento e il dolore di masse immani di persone come noi, magari pure loro elettori.

 

Come si può votare qualcuno che è stato con Draghi? Massì, gli insulti e i morsi ci stanno.

 

Abbiamo terminato la lista. Di altri partitelli da non votare non abbiamo contezza, e anche se l’avessimo ora non abbiamo più voglia.

 

E quindi, come diceva Lenin, «che fare»?

 

Non andare a votare?

 

Macché. Queste sono solo opinioni personali, che valgono solo per chi scrive.

 

Sappiamo bene che tra i lettori si nascondono moltissimi feticisti del voto.

 

L’autorità che emana la tessera elettorale, uscita dalla naftalina una volta l’anno o poco più.

 

I tabulati con i candidati da scrutare lungamente, leggendo tutti i nomi, cognomi e soprattutto date e luoghi di nascita.

 

Il rumore del matitone sulla carte mentre si traccia la X, con la percezione tattile del legno ruvido appena sotto.

 

Le schede con quel design colorato immortale, incomprensibile, finanche fastidioso.

 

Il tizio a caso che quando inserisci la scheda nello scatolone dice «Pinco Pallo ha votato», così, in terza persona, mentre ti ha lì davanti.

 

Non privatevi di queste piccole gioie, anche se qualcuno le giudica perversioni.

 

Votate, non votate, fate quel che vi aggrada. Votate chi volete.

 

Alla fine, quest’anno più che mai, vale l’immagine insuperabile che del voto diede Fantozzi.

 

 

Ecco. Occupato.

 

Ricordatevi di tirare lo sciacquone. Fatelo per la decenza, la Democrazia e la Civiltà.

 

In giro ce n’è pochissime.

 

 

 

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