Pensiero

Hiroshima e i papi del sacrificio umano

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Tutti gli anni Renovatio 21 ripropone in questi giorni un articolo su un’ipotesi storica misconosciuta quanto gravissima: la possibile complicità di monsignor Montini, cioè del futuro papa, nella chiusura del canale diplomatico tra Giappone e USA nei primi mesi del 1945 – qualcosa che di fatto comportò che la guerra durasse, nei massacri, ancora per mesi, cioè fino all’ecatombe finale dell’atomo su Hiroshima e Nagasaki.

 

Per chi in questi anni non ha letto il pezzo, ripetiamo i fatti. Il 17 gennaio 1945 il rappresentante diplomatico del Sol Levante presso la Santa Sede Masahide Kanayama (1909-1997), si vide con il sostituto della Segreteria di Stato vaticano Giovanni Montini (1897-1978), l’uomo che 18 anni dopo sarebbe divenuto papa con il nome di Paolo VI.

 

Kanayama, si badi, non era ambasciatore: quello era Ken Harada (1893-1973). Kanayama, cioè, era con ogni probabilità l’uomo che doveva portare a termine un lavoro nascosto, cioè aprire il canale segreto per fare appello al papa affinché facesse finire, come mediatore con gli USA, la guerra nel Pacifico.

 

Di particolare importanza, quindi le parole che il diplomatico nipponico proferì durante l’incontro con Montini.

 

«I pacifisti in Giappone hanno grande fede nella Santa Sede. Un tentativo della Santa sede di iniziare la mediazione incoraggerebbe di molto i nostri pacifisti, anche se non vi fossero risultati concreti nell’immediato» disse Kanayama.

 

La risposta di Montini fu una porta chiusa in faccia: «è a noi chiaro che la distanza tra i punti di vista fra i due belligeranti è troppo ampia per permettere la mediazione papale».

 

Seguì, quell’agosto, la distruzione atomica di due intere città giapponesi. La seconda, Nagasaki, considerabile come l’unica vera città cattolica del Paese, dove il cattolicesimo romano era la maggioranza fra la popolazione, riuscendo incredibilmente, eroicamente a sopravvivere ai secoli di persecuzione dello shogunato, e offrendo a Cristo fiumi di sangue di martire.

 

Il fatto che gli USA del presidente massone Truman abbiano bombardato proprio Nagasaki è una strana coincidenza storica sulla quale qui, oggi, non ci soffermeremo. Né ci fermeremo a discutere di come alcuni arrivino a considerare Montini come un asset dell’OSS, il servizio segreto antesignano della CIA: il cardinale parlava con il vertice delle barbe finte USA «Wild Bill» Donovan, e soprattutto con il capo-spia italofono James Jesus Angleton, paranoico e poeta personaggio considerato «madre della CIA».

 

Rimane di fatto il ruolo di Montini nella continuazione del conflitto che avrebbe portato all’annientamento di circa 120 mila civili giapponesi – uomini, donne, bambini, vecchi, i più fortunati polverizzati dal fuoco nucleare, i meno fortunati costretti a portare sul proprio corpo i segni e i dolori di quelle grandi prove generali per l’arma apocalittica.

 

È impossibile, oggi, non pensare a questa catena di eventi. Non tanto per attaccare Montini, ma per il fatto che ci troviamo nel momento della storia in cui, più che mai, siamo a pochi centimetri dalla distruzione termonucleare globale. I falchi americani ne hanno parlato sin dal primo mese di guerra; la cosa più preoccupante, abbiamo visto su queste pagine, è che hanno cominciato a parlarne anche gli intellettuali russi, dettagliando anche sul fatto che per prima dovrebbe essere atomizzata una città europea, di uno dei Paesi che ha armato l’Ucraina. Poi ci sono stati i segni più grotteschi, come lo spot andato in onda a Nuova York dove si diceva alla popolazione che in caso di attacco atomico era meglio chiudere le finestre.

 

Nessuno pare rendersi davvero conto di cosa rappresenta la bomba atomica: uno strumento che oltre la devastazione, va verso la cancellazione del creato stesso, un concetto talmente immenso che nemmeno è chiaro se, ha affermato qualche psicanalista, la mente umana abbia gli strumenti per comprenderlo del tutto.

 

Le conseguenze, studiate durante la guerra fredda o anche recentemente, paiono non interessare più. Milioni di morti subito, miliardi poi per fame, o per una piccola glaciazione che segue alla catastrofe atomica – il cosiddetto «inverno nucleare», un cambiamento climatico vero, questa volta, e pazienza se gli stessi che parlano di climate change oggi (i verdi tedeschi, le sinistre mondiali e pure italiane) sono gli stessi che spingono la guerra in Ucraina, magari pure gli appetiti atomici di Kiev, e quindi il rischio di sconvolgere il clima del pianeta per davvero.

 

Montini forse non poteva saperlo, tuttavia è curioso come questa figura, dopo l’incontro con Kanayama, abbia fatto una grande carriera, rendendosi protagonista di decisioni che hanno pesato, lo sappiate no, sulle nostre stesse vite. Fatto vescovo e cardinale, fu piazzato nell’arcidiocesi più importante del mondo, Milano, dove si sarebbero accumulati dossier e voci su presunte particolarità della sua vita privata, che sarebbero poi diventata accuse pubbliche mosse da scrittori e giornalisti durante gli anni del suo papato.

 

Ma più che le illazioni riguardo la sua presunta omosessualità, conta nella storia di Paolo VI, un atto solo, di importanza capitale per il destino della chiesa cattolica e del gregge degli esseri umani: l’adulterazione, implementata nel 1969, della Santa Messa, trasformata in breve comizio in lingua volgare, con la Santa Eucarestia – cioè il Santissimo, cioè Nostro Signore, cioè la cosa più importante che vi sia – abbandonato in mano ai fedeli… e tutto il resto, lex orandi e lex credendi, il significato e lo stesso senso materiale della celebrazione stravolto e sterilizzato, come da dettami del Concilio Vaticano II, vera bomba atomica sganciata sulla dottrina cattolica e di conseguenza sulla chiesa stessa.

 

Il lettore acattolico può sbadigliare, e magari ha pure ragione. Tuttavia, per capire il discorso che stiamo per fare, basta soffermarsi su un preciso particolare materiale della Messa nuova di Montini: il sacerdote si è girato. Non è più rivolto ad orientem, ad deum, dando le spalle ai fedeli. No, ora è rivolto esclusivamente ad populum. Non guarda più Dio. Guarda gli uomini…

 

È possibile dire quindi che il rito è invertito. La parola tecnica, ci rendiamo conto piena di echi semantici, è proprio quella: invertito. Inversione.

 

Le persone religiose – di qualsiasi religione, pure – non possono che finire a chiedersi come ci si possa attendere che un cambiamento nel rito non comporti un cambiamento metafisico, trascendente. Se capovolgo un rituale, non è che l’effetto spirituale dello stesso sia, anche quello, invertito?

 

Ragionare sull’inversione metafisica del rito spalanca davanti alla propria anima un abisso nel quale si ha paura di guardare.

 

Se la Santa Messa è fondata sulla presenza reale – che è dogma – cosa è il suo contrario? È il grande niente, la vacuità della sunyata, del nirvana (nell’etimologia sanscrita: estinzione) di cui parlano i buddisti? È il nulla senza fine, l’ein sof, di cui parlano i cabalisti giudei? È la cancellazione dell’essere significata dalla bomba atomica?

 

Oppure il contrario della presenza reale di Cristo è la presenza reale di ciò che gli si oppone specularmente – la presenza reale dell’anticristo? Per logica, potrebbe essere. Se volete, a questo punto, spaventatevi pure, o ridacchiate, indignatevi, fate quello che volete. Vi ho detto che questo è un abisso, e non c’è giorno che la mia mente non ne venga divorata.

 

Mettiamola in modo più tecnico, più lineare: la Santa Messa è il sacrificio di Dio per gli uomini, come avvenuto nella Croce dove il Signore ha versato il suo sangue per i molti in remissione dei peccati.

 

E quindi, il contrario di ciò, cosa è, se non il sacrificio degli uomini per una divinità – e cioè il sacrificio umano? L’offerta della vita umana (di uomini, di vergini, di bambini) agli dei, come nella cruenta storia pagana del mondo?

 

Sì, la religione cattolica invertita porta necessariamente al sacrificio umano. Perché se non è Dio che si sacrifica per l’uomo, allora, nel senso invertito, è la vita degli uomini che diviene moneta spendibile nel contatto con gli dèi, cioè nel rito.

 

Se avete seguito, e compreso quello che sto dicendo, tante, tantissime cose, a cui magari non avete fatto subito caso, potrebbero divenirvi chiarissime. Tanti puntini si uniscono.

 

Dalla inspiegabile insistenza sul culto Pachamama e ora perfino sulla «messa maya» ai decenni di mancata vera opposizione all’aborto, dagli scandali pedofili (sempre meno scandalosi) all’accettazione degli squartamenti ospedalieri dei trapianti a cuor battente, dal degrado delle chiese alle aperture all’eutanasia, dai riti pagano-spiritisti in mondovisione al sempre più prossimo sdoganamento dei bambini fatti in provetta… tanti elementi, della nuova chiesa e del panorama mondano che essa va ad abbracciare, corrispondono.

 

La chiesa invertita è in sintonia con il mondo moderno, che è invertito e perverso – come promosso fra i ragazzi nelle scuole dalle educazioni al sesso gender o, piccolo segno della filosofia propalata in licei ed università, dallo straripare di personaggi come Nietzsche e della sua «trasmutazione di tutti i valori» che altro non è se non una linea di comando per caricare il sistema operativo di un eone satanico.

 

Abbiamo scritto un altro articolo, l’anno passato, con una tesi specifica: Montini può aver aiutato indirettamente la strage atomica, Bergoglio di fatto, potrebbe aver fatto perfino peggio, promuovendo attivamente la strage mRNA.

 

È un pensiero che può tormentare per sempre: questi sono i papi del sacrificio umano?

 

E il sacrificio umano, e l’inversione, sono fatti per servire e preparare la venuta del Cristo invertito, cioè dell’anticristo?

 

È probabile, anche se non certo, che potreste essere qui per vedere i tempi ultimi. E chi credete che incontrerete, dapprima, arrivati a quel punto? Credete che non gli stiano preparando la strada?

 

Bombe atomiche, spiriti, creazione di omuncoli umanoidi, cospirazioni, sacrifici di bambini, anticristi. In realtà, in che mondo credevate di essere capitati?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

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