Pensiero
Hanno davvero «ucciso» Prigozhin?
Le virgolette nel titolo qui sopra sono, ci rendiamo conto, bizzarre: ma il lettore si renda conto del caso di cui parliamo, dove i dubbi fioccano, e non solo sui siti di teorici della cospirazione?
Evgenij Prigozhin, boss del gruppo Wagner, è morto? Si direbbe che lo sia, almeno se si ascoltassero i media – occidentali, beninteso. Per questo motivo, abbiamo aspettato tanto prima di far uscire un articolo, e ovviamente siamo sulla questione da ieri sera.
Perché una conferma ufficiale dagli organi di stampa legati al Cremlino ancora non c’è. Su TASS, Sputnik, RT, compare solo la notizia che il suo nome era nella lista passeggeri.
Capirai: Prigozhin faceva cambiare ad alcuni suoi sottoposti il loro nome in Evgenij Prigozhin, di modo da mascherare i suoi spostamenti.
Emerge poi che gli aerei forse erano due: come Enrico Mattei, il boss Wagner girava con due velivoli per ingannare chi gli vuole male?
Sui giornali italiani, online o meno, compaiono ricostruzioni di precisione sconcertante, con tanto di fonti al Cremlino (!) millantate: è stata una bomba, no, un missile: certo, una mitragliata di contraerea, anzi un missile Buk, quindi è certo che c’era un ordine di abbattere l’aereo partito dall’aeroporto di Sheremetevo (il più grande, il più internazionale), non esattamente il luogo da cui decollare per non dare nell’occhio?
Fermi tutti: mentre scrivo, il New York Times parla di esplosione a bordo, lo dice un ufficiale USA, che ha immagini satellitari – qualsiasi cosa voglia dire. In attesa che salti fuori un’altra versione contraria anche a questa.
C’erano, a bordo, tutti i comandanti della Wagner, compreso il mitico Utkin, quello con la passione per Hitler e dunque per Wagner, ci assicurano, che epperò a Bakhmutto si è trovato a combattere contro veri appassionati del baffetto di Linz – insomma un Derby-nazi, un nazi-Derby, un Derby uncinato in terra slava. SCB. Sono cose belle.
Ecco che, magari nella stessa pagina, viene scritto, con tanto di video e dati da Flightradar, che l’aereo si sarebbe comportato in modo irrazionale, saliva e scendeva, per poi sparire dai radar e precipitare verso la città di Tver’.
Ci capite qualcosa? No, perché i mass media godono dell’immunità dal principio di non contraddizione, anzi esistono proprio per violarlo. Cioè: esistono per fare in modo che voi non pensiate, creano dissonanze cognitiva al punto che uno molla tutto, e comincia ad accettare che qualcuno pensi per lui – la funzione dei giornali è questa, quella di usurpare, con il vostro assenso, il cervello, e pensare per voi.
Le rivelazioni continuano: la Wagner ha fatto una croce con le luci negli uffici del suo palazzo. Canali Telegram vicini al gruppo parlano di «assassinio», dicono che Prigozhin sarà «il migliore anche all’inferno», promettono vendetta contro i traditori, che nella lettura di qualche testata che non ha seguito bene la vicenda della rivolta sarebbe – ovvio, ovvio! – Putin. Eh sì: grosso guaio a Mosca! Si mette male per Vladimir! L’Ucraina sta vincendo la guerra! Le sanzioni funzionano! La Russia è spacciata!
Non è finita, perché ad una certa parte la sfilata di esperti. Senza vergogna, qualche testata nostrana e non, sente quelli di Bellingcat, un sito di inchieste che il ministero degli Esteri russo già un lustro fa accusava di essere legato ai servizi occidentali. Ovviamente, i bellingcatti gongolano tipo Puffo Quattrocchi: «ve lo avevo detto io! Prigozhin aveva i giorni contati…» Solo che poi non ci spieghiamo come potesse andare in giro tranquillo a San Pietroburgo, in Bielorussia e in Africa. Né si può razionalizzare l’incontro di tre ore avuto da Evgenij con Putin, che si fida di lui dai tempi di Piter in cui era braccio destro del sindaco Sobchak.
Che significa: #hastatoPutin, il crudele dittatore di tutte le Russie, che punisce, due mesi dopo, il sodale divenuto ribelle para-cripto-pseudo-golpista.
Fermi tutti: il Corriere ci ha il solone giusto, Charles Kupchan, ex consigliere di Obama (si spera solo quello), docente di relazioni internazionali a Georgetown, la prestigiosissima università dei gesuiti, quella de L’Esorcista, che in realtà avrebbe proprio bisogno di un esorcismo.
«Non sarei per nulla sorpreso se alla fine emergesse che l’aereo di Prigozhin sia stato deliberatamente abbattuto, con il chiaro proposito di assassinare il capo della Wagner».
Eccerto: #hastatoPutin, siempre.
«Tutto questo mi era apparso veramente bizzarro. Nessuna delle sue comparsate in pubblico mi sembrava avesse senso. Non sono mai stato convinto che Prigozhin potesse venire in qualche modo riabilitato».
«Certo non mi aspetto che la Wagner possa tornare ad avere un ruolo in Ucraina. Però potrebbe risultare ancora utile al Cremlino. Per esempio in Africa».
Fermiamo il virgolettato prima che il professor Kupchan possa dire «il nuoto è lo sport più completo» e «come ti prepara il liceo classico…» Dobbiamo soffermarci, a questo punto, a guardarne la fotina: il completino, gli occhietti a fessura. Poi consideriamo il suo stipendio, da dove arrivare, perché arriva: l’unico modo per capire perché qualcuno dice qualcosa.
Quello che vogliamo dire è: ma di chi volete fidarvi? I giornaloni, gli esperti, di questo enigma ulteriore ne sanno quanto voi. Anzi, forse ne sanno ancora meno, ma sono pagati per generare continui schizzi di fango sullo Zar. In ultima analisi, funziona davvero così – per tutti, basta che vi da qualche parte arrivi un rivoletto di contributi che discende, in fin dei conti, dal Superstato NATO (con le sue mille ramificazioni statali e private), senza il quale col piffero che riesci a fare il tuo dinosaurico giornalone.
Ora ci vuole l’ammissione: noi non sappiamo, davvero, quale sia la sorte di Prigozhin. È strano, riteniamo, che non vi sia ancora niente di ufficiale: hanno prima detto del nome nella lista passeggeri, poi che il corpo non era stato recuperato, poi invece che era stato trovato, e pure il suo telefonino, illeso nell’impatto come un passaporto di un terrorista islamico qualsiasi.
Abbiamo due ricordi da tirare fuori a questo punto: uno, antico, è quello del generale Lebed (1950-2002), che si piazzò terzo alle elezioni presidenziali russe 1996 dietro a Eltsin e al comunista Zjuganov. Lebed, tentennante oppositore dell’avanzata a Est della NATO, non credeva che l’Ucraina e la Bielorussia fossero qualcosa di staccato dalla Russia, proponendo un nuovo Stato federale. La sua morte è ancora avvolta nel mistero: il suo elicottero Mil Mi-8 cadde a fine aprile 2002. Le speculazioni riguardo ad un possibile sabotaggio, ovviamente, esplosero.
L’altro episodio da rammentare riguarda lo stesso Prigozhin: nel 2019 lo diedero per morto in un incidente aereo in Congo. Nel giro di pochi giorni era rispuntato vivo e vegeto a farne di ogni in giro per il mondo. Chi lo vede come un personaggio da film di 007 – un Bond villain coriaceo o rabbioso, oppure in alternativa un alleato eccentrico – non ha tutti i torti.
Perché dobbiamo capire la cifra profondamente, sanguignamente teatrale del personaggio, e di certo spirito russo, vien da dire. Come abbiamo scritto su Renovatio 21, Prigozhin è quello che al New York Times che gli chiedeva se era vero che aveva organizzato una festa in un villaggio del Sudan dove vi era una miniera d’oro operata, secondo il giornale, dalla Wagner, aveva risposto per iscritto: tutto vero, la festa la ho fatta per ringraziare la signora, con cui ho avuto «rapporti amichevoli, camerateschi, di lavoro e sessuali».
Prigozhin è quello che denunciò un giornalista russo perché l’anno scorso aveva detto che era lui il vero capo della Wagner. Al processo, si presentò a sorpresa lo stesso Prigozhin, che disse che sì, era vero – i giudici russi tuttavia condannarono lo stesso il povero reporter…
Prigozhin è quello dei video di sfida a Zelens’kyj su un MiG in volo sopra Bakhmut. È quello che si fa riprendere mentre va in prigione a portare i mandarini ai prigionieri di guerra ucraini, «fratelli slavi come noi», con complimenti e auguri per la pace inclusi.
Le accuse urlate, fra parolacce e video di cadaveri freschi, a Shoigu e ai vertici militari, così come la stessa rivolta di Rostov, vanno considerate come una parte di questa grande pièce.
Teniamo a mente che Konstantin Stanislavskij, l’insuperato maestro teorico della recitazione moderna, era russo. E vien da pensare che la dottrina della maskirovka, di cui tanto si è parlato negli scorsi giorni, altro non sia che la versione militare di questa capacità di controllo delle apparenze che i russi hanno sempre più raffinato – potete rileggervi, se volete, l’articolo su Putin e la macchina per creare la realtà. Se pensate che avete già avuto una dose di bizzarria russa in questi mesi, non sapete cosa c’è stato in passato.
E quindi? Dobbiamo aspettarci che Prigozhin salti fuori domani, per dire cucù-settete?
Dobbiamo aspettarci di trovarcelo vicino di ombrellone in una spiaggia in Tailandia travestito da generale cubano, come da sua collezione di costumi, parrucche, barbe finte?
Non è che ha fatto tutto questo per saltare fuori domani e su Telegram dire al mondo marameo?
Può darsi di no. Può darsi che sia morto davvero, in quel caso, prima che incolpare Putin aspetterei di riflettere un attimo. Cui prodest? Joe Biden ieri sera aveva già fatto la sua dichiarazione, in Russia nulla succede che non lo voglia lo Zar, quindi #hastatoPutin. Parimenti, non è che possiamo dimenticarci che la pupara della guerra americana contro la Russia, Toria Nuland, due settimane fa si era spinta fino in Niger a parlare con la giunta golpista… della Wagner. Sì, l’argomento principale della conversazione era stata l’azienda di Prigozhin, che infatti ne aveva gioito in un post in rete, ennesimo sberleffo ai legnosi attori di Washington.
Gli americani possono aver ucciso Prigozhin? Ne otterrebbero un indebolimento di Putin, visto in Russia come uno che non mantiene la parola, e fuori come un dittatore spietato che uccide i dissidenti (davvero: il New York Post ha appena scritto che Prigozhin era un dissidente… tipo Solzhenitsyn!), e che quindi va defenestrato con un bel regime-change che aumenti la guerra, e il fatturato del complesso militare-industriale.
Ma possono arrivare gli yankee a fare un colpo del genere in Russia? Non lo sappiamo immaginare.
E allora, se è stato un russo, ma non Putin? In quel caso avremmo un problema ancora maggiore, perché significherebbe che a Mosca vi è una crepa immensa nel potere, e quindi chissà cosa dobbiamo aspettarci a questo punto: il vero rischio, siamo sicuri, è se Mosca diventa instabile quanto lo è Washington… è a quel punto che rischiamo l’annichilazione termonucleare mondiale.
È una bella gatta da pelare, se uno va oltre l’#hastatoPutin di routine. È uno scenario che può essere spaventoso, ma questo non interessa ai giornali occidentali, che lanciano petardi, miccette, tric-trac, raudi vari.
Aspettiamo le notizie ufficiali, dal Cremlino. Anche se, confessiamo, non siamo sicuri che crederemo nemmeno a quelle.
Roberto Dal Bosco