Immigrazione
Gran Bretagna, il semplice «ritwittare» informazioni sulle rivolte potrebbe essere un reato
Le autorità del Regno Unito hanno avvertito i cittadini che il semplice fatto di ritwittare informazioni sulle rivolte potrebbe comportare accuse penali.
Stephen Parkinson, direttore della pubblica accusa, ha dichiarato a Sky News che non è nemmeno necessario che le persone pubblichino personalmente contenuti per essere considerate responsabili di un reato.
Parkinson ha affermato che gli utenti dei social media potrebbero essere colpevoli di «incitamento all’odio razziale» se pubblicano contenuti «offensivi o abusivi» che «potrebbero fomentare l’odio razziale».
‘We do have dedicated police officers who are scouring social media to look for this material, and then follow up with arrests.’
The director of public prosecutions of England and Wales warns that sharing online material of riots could be an offencehttps://t.co/PYaeP7gPAQ pic.twitter.com/kOGWDPrlyz
— Sky News (@SkyNews) August 7, 2024
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«Quindi se ritwitti una cosa del genere, allora la stai ripubblicando e potenzialmente stai commettendo quel reato», ha aggiunto il Parkinsone, notando che gli ufficiali di polizia dedicati stanno «esaminando i social media» alla ricerca di tale materiale.
«Le persone potrebbero pensare di non fare nulla di dannoso, in realtà lo fanno, e le conseguenze ricadranno su di loro», ha avvertito l’alto funzionario britannico.
Sky News ha quindi chiarito che «condividere online materiale sulle rivolte potrebbe essere un reato».
L’uomo dello Stato ha anche affermato separatamente che gli individui che pubblicano i luoghi delle proteste e delle rivolte, come quelli all’esterno degli studi legali specializzati in immigrazione, potrebbero essere accusati di terrorismo.
«Il fatto che si tratti di gruppi organizzati che potrebbero essere motivati da ragioni ideologiche, il fatto che promuovano reati potenzialmente molto gravi, è il tipo di caso in cui potremmo prendere in considerazione accuse di terrorismo», ha affermato Parkinson.
In precedenza aveva persino ipotizzato che gli influencer dei social media che si trovano all’estero, come Tommy Robinson, potrebbero essere estradati e accusati di terrorismo nel Regno Unito, sulla base di accuse vaghe di incitamento alle rivolte.
Numerose personalità di spicco nel Regno Unito stanno ora chiedendo al governo di imitare la Cina comunista, vietando completamente Twitter (X) nel paese per porre fine ai disordini civili, scrive Modernity News.
Il professore di Cambridge Sander van der Linden ha affermato che il governo potrebbe «limitare geograficamente l’accesso a una piattaforma se la situazione peggiorasse così tanto» e Twitter potrebbe anche essere «bandito dall’app store per violazione delle policy».
Il premier britannico Keir Starmer ha proclamato con orgoglio l’istituzione di un «esercito permanente» di polizia antisommossa per affrontare quelli che ha definito teppisti di destra, sebbene il primo ministro non abbia condannato simili attacchi violenti e rivolte da parte di folle musulmane, facendo parlare i suoi critici di una two tier policy, ossia di una politica a due livelli che reprime gli autoctoni e invece tollera, protegge ed aiuta gli immigrati.
Il problema della libertà di parola nel Regno Unito è risalente.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un uomo fu arrestato un veterano dell’esercito per aver condiviso su Facebook un meme critico degli LGBT, con le bandiere arcobaleno a formare una svastica. Il meme era stato pubblicato previamente dal politico conservatore Laurence Fox, che ebbe l’account Twitter bloccato.
L’anno scorso vi fu il caso di una minorenne autistica arrestata e prelevata con forza da casa dalla polizia per aver detto la parola «lesbica».
La psicopolizia britannica è arrivata al punto di perseguire – davvero – le preghiere detto con la mente, come dimostrano i vari arresti di persone che pregano in totale silenzio fuori dalle cliniche abortiste.
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Immagine di Focal Foto via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0