Pensiero

Giorgia Meloni tace davanti al «figlio» di Castro

Pubblicato

il

Grazie a Justin Trudeau abbiamo avuto una bella dimostrazione di cosa sia ora al governo in Italia.

 

Come noto, il Trudeau avrebbe teso al premier Meloni una piccola imboscata nel suo incontro bilaterale al G7 di Hiroshima.

 

Secondo quanto riportato dai media canadesi, Trudeau ha esordito dicendosi «preoccupato da alcune» delle posizioni «che l’Italia sta assumendo in merito ai diritti LGBT». Il Presidente del Consiglio italiano, stando alla nota diffusa dal Canada, avrebbe risposto «che il suo governo sta seguendo le decisioni dei tribunali e non si sta discostando dalle precedenti amministrazioni».

 

L’ANSA riporta le reazioni delle sue «fonti italiane». «Quella di Justin Trudeau sui diritti LGBT è stata una frase “sorprendente”. Lo riferiscono fonti italiane spiegando che l’incontro a margine del G7 di Hiroshima era stato preparto dalle due diplomazie e il tema non era uno degli argomenti chiave del bilaterale».

 

«La presidente del Consiglio, ribadiscono le stesse fonti, ha risposto a Trudeau che non è cambiato nulla e non c’è nulla di cui preoccuparsi. Un episodio cominciato e finito lì nella fase iniziale dell’incontro, che è andato bene. Si è passati, sottolineano le stesse fonti, rapidamente ad altro.

 

In seguito, in conferenza stampa, la Meloni dice che la dichiarazione di Trudeau è stata «un po’ avventata, ma ne siamo venuti a capo». Anzi, l’aggressore diventa vittima: «Credo che Trudeau fosse vittima di una fake news e lui stesso se n’è poi reso conto».

 

«Questo accade quando si è particolarmente vittime della propaganda che non corrisponde alla verità. Sono cose che possono accadere». In pratica, Giorgia dice: stiamo lavorando anche noi per il nuovo mondo NATO-LGBT, altrimenti non sarei qui ad Hiroshima, a fare gli occhi dolci a Biden (era quella che al vegliardo della Casa Bianca sull’Ucraina aveva detto, un anno fa, che gli avrebbe detto che «non saremo i muli da soma dell’Occidente»?) e re-incontrare, dopo una manciata di giorni dal festone di Roma, il Volodymyr Zelens’kyj in tour mendicante (più denaro! Più armi!) anche a Hiroshima, e ci sembra giusto: nella prima città del martirio atomico, ecco che bisogna accogliere uno che vuole trascinare il mondo nell’Armageddon termonucleare. Non una grinza.

 

Trudeau vittima delle fake news, sì, eccerto: perché il ruolino di marcia della Cultura della Morte Giorgia non lo tocca nemmeno per ischerzo, e anzi v’è chi sospetta che le è stato permesso di arrivare lì per quello.

 

Ricordate? Appena eletto, fu ribadito dalla sorella che lei era a favore dell’aborto – tema padre di quello LGBT – poi il compagno ribadì che Peppa Pig con due mamme lui alla figlia glielo farebbe vedere.

 

Non bastò: nel suo primo discorso al Parlamento, ecco che Giorgia si produce in quello che abbiamo chiamato l’inchino a Moloch: il feticidio di Stato non si tocca, punto. L’immutabilità della 194/78 viene quindi ribadita dal suo ministro della Famiglia, che in gioventù aveva fatto parte di un gruppo femminista e scritto il manuale Aborto facciamolo da noi, per poi divenire, per ragioni che sa spiegarvi solo Renovatio 21, proiezione politica gradita all’episcopato alle consorterie residuali neodemocristiane.

 

Non preoccuparti, o mondo. Anche a Roma stiamo lavorando per la dissoluzione, al nostro ritmo. Niente leggi «omofobe» per la libertà di espressione, figurarsi: anzi seguiamo quello che dicono i giudici – di cui oramai si confessa spudoratamente la supplenza politica per i temi bioetici – e in Italia sappiamo cosa vuol dire (avete presente, la Consulta, negli ultimi mesi: e gli assist servitile dal governo melonico).

 

È, di fatto, disperante.  E non solo per quelli che si erano illusi che con la «destra» al potere, cioè quella che si è fatta anni, decenni di «opposizione» al sistema, sarebbe cambiato qualcosa rispetto a Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi, Letta, Monti (quest’ultimo votato con passione dalla Meloni del 2011, e pure dal suo straripante sottosegretario alla Presidenza, il leccese Alfredo Mantovano, en passant, l’ex magistrato, «cattolico» fece la tesi di laurea sulla 194 nel 1981).

 

Nulla cambia: continua la catastrofe biologica e morale. Il gattopardismo della Necrocultura nazionale è vivo e passeggia anche ad Hiroshima al guinzaglio del Patto Atlantico.

 

Tuttavia, non di questa disfatta, pienamente comprensibile per chi ha capito il personaggio e il quadro storico, vogliamo dire qualcosa.

 

Vorremmo, in verità, dare qualche suggerimento per la prossima volta che Giorgia incontrerà il Justino, che la leggenda internautica vuole sia figlio biologico di Fidel Castro (i Trudeau erano una coppia libera: lui strambo premier di Ottawa, lei giovanissima amante dei party allo Studio 54 di Nuova York, all’epoca discoteca del degrado più indicibile).

 

La voce è talmente insistente, con in genere accompagnamento di foto a due, che nel 2018 il Canada fece una smentita ufficiale – che, come noto, è una notizia data due volte, e infatti non convinse nessuno degli utenti della rete, che tirarono fuori una foto in cui il Fidel lo porta in braccio da bambino all’aeroporto dell’Avana. (Il Canada, a differenza degli USA, non aveva l’embargo con Cuba, e quindi agiva da valvola politica e aerea con l’isola)

 

Ma la Meloni non è che deve rispondergli con la genetica famigliare, anche se il MSI ci ha campato per decenni con la campagna anticastrista. Invece, di base, ha taciuto.

 

Ci sono cose un po’ più serie da dire a Trudeau junior. Più serie anche delle fandonie della politica omosessualista globale. Perché il Canada è il Paese dove non i diritti LGBT, ma lo Stato di diritto stesso è venuto meno. Altro che la Cuba di Castro.

 

Vogliamo ricordare, la protesta dei camionisti? Gli arresti, le requisizioni? Lo Stato che arriva a bloccare le raccolte fondi su internet, per poi passare – incredibile – al congelamento dei conti correnti di chi protestava? È la grande prova della guerra finanziaria totale contro il popolo stesso: furono bloccati perfino i conti online in criptovalute.

 

Ricordiamo la fuga di Trudeau dalla capitale, e la caterva di insulti e falsità – quelle sì erano fake news, di Stato – che riversò ancora una volta sui manifestanti, accusati di essere nazisti?

 

Il Canada pro-LGBT è lo stesso che manda in piazza con lo striscione dei nazi-banderisti ucraini la vicepremier Chrystia Freeland, architetto della repressione bancaria contro la dissidenza? Sì la Freeland: la stessa che a Davos quattro mesi fa disse che c’è bisogno della guerra per rilanciare l’economia globale.

 

Il Canada che ha addestrato le milizie neonaziste ucraine, con scandalo di alcuni giornali canadesi e del Centro Wiesenthal?

 

Vogliamo rammentare, per un attimo, le proposte di tassazione maggiorata per i non vaccinati? La loro esclusione dall’acquisto di alcolici?

 

E non è che la Meloni al Castreau junior può anche dire, con l’accento della Garbatella «abbelloh, ma che te parli de diritti, che te stai ad amazzà tutta aa popolazzione?»

 

Non sarebbe inesatto. Il Canada è divenuto Paese capofila del fondamentalismo eutanatico. Chiedi di morire, e lo Stato ti uccide.

 

Sei disabile? Chiedi, e lo Stato ti ammazza.

 

Sei malato? Chiedi, e lo Stato ti ammazza.

 

Sei senzatetto? Chiedi, e lo Stato ti ammazza.

 

Sei depresso? Chiedi, e lo Stato ti ammazza.

 

Sei carcerato? Chiedi, e lo Stato ti ammazza.

 

Sei veterano disabile? Lo Stato può arrivare a proporsi di ucciderti, anche se non glielo chiedi. Tutto perfettamente normalizzato, con buona pace degli obiettori coscienza.

 

E attenti: perché, prima di spegnerti il cuore, lo Stato canadese di asporta gli organi: ecco il segreto del leader mondiale della «donazione» – cioè della predazione – degli organi. Siamo dalle parti della «morte per donazione», ossia l’eutanasia per predare gli organi.

 

Nessuno è escluso da questa follia. Non i vecchi, non i bambini (e parliamo anche dei neonati), non i malati, non i sani. Ogni anno le cifre divengono sempre più allucinanti, anche grazie al lockdown: una motivazione accettabile, per i pazienti delle case di cura canadesi, è la stanchezza da lockdown. E poi, come nascondere il risparmio di danaro pubblico?

 

È un furore continuo, uno sterminio legale che oramai è considerato al limite del sacro. Oramai, ci si scherza con i video sui social: «nonna, sei eccitata all’idea di morire?». I bambini a scuola colorano libri sulla MAiD, come la chiamano lì: l’assistenza medica nella morta.

 

E non si pensi sia solo una questione di leggi e di governo: abbiamo assistito increduli al lancio di un costoso, immaginifico spot da parte del primo gruppo pronto moda canadese che celebrava il suicidio assistito, dove qualcuno ci ha visto perfino dei riferimenti al «gioco» della Blue Whale.

 

Leggi perverse, creano popoli perversi: il 30% dei canadesi oggi è d’accordo con l’eutanasia per i poveri.

 

Siamo all’eugenetica bancaria, l’Aktion T4 da conto corrente, lo stipendio basso come sintomo di quella che i tedeschi chiamavano Lebensunwertes Leben, «vita indegna di essere vissuta».

 

Nonostante in Canada con il COVID siano tornati i lager, bisogna pure ammetterlo: i nazisti non erano arrivati a pensare di uccidere i non abbienti.

 

Ad un’idea talmente allucinante ci può arrivare, e anche con grande tranquillità, un potere immerso nel mondialismo più infame, o meglio, un governo «penetrato» (parole di Klaus Schwab) dal World Economic Forum. Perché è impossibile non notare l’allineamento, anche piuttosto osceno, tra Trudeau e l’establishment canadese e il WEF, qualcosa che è stato ammesso di recente anche dal nuovo premier dell’Alberta Danielle Smith, che dopo aver chiesto scusa ai non vaccinati, ha confermato uno strano legame tra il World Economic Forum e il sistema sanitario statale.

 

Abbiamo visto, in concomitanza con le proteste dei camionisti antivaccinisti a cui toglievano il conto, come le banche canadesi, citando proprio Davos, stessero lanciando l’ID digitale unico con il governo di Ottawa.

 

Era con probabilità parte di un piano più grande. Documenti condivisi dal sito Rebel News hanno mostrato che nel dicembre 2020 l’allora ministro degli Affari globali Christia Freeland ha descritto il piano canadese di utilizzare il COVID-19 come leva per aderire agli obiettivi del World Economic Forum (WEF) di Davos, l’ente creato da Klaus Schwab.

 

Perché la Freeland, va ricordato, è parte del board del WEF. E il suo guru Klaus Schwab non ha mai nascosto che tra i governi «penetrati» dal WEF con il suo programma Young Global Leaders, quello di Trudeau è un bell’esempio, con 5 o 6 ministri tirati su a Davos.

 

Non abbiamo pensato ad una coincidenza quando abbiamo visto Trudeau, in collegamento ad una riunione ONU nel disastro del 2020, usare letteralmente l’espressione «Grande Reset», così, apertis verbis, senza dissimulazione alcuna. Perché il Canada, anche per il Grande Reset, è oramai chiaramente il Paese pilota.

 

La memoria di chi ci segue da un po’ non può che andare a quella «strana lettera dal Canada» pubblicata da Renovatio 21 oramai tre anni fa, dove un sedicente politico, anonimo, scriveva ad un sito per raccontare di un programma di cambiamento sociopolitico massivo in via di caricamento nel Paese (al punto da essere già spiegato a rappresentati di tutti i partiti con corsi appositi) e fors’anche nel mondo tutto: sottomissione ai diktat pandemici ed emarginazione anche fisica finale dei dissidenti, sparizione dei debiti, ma anche della proprietà privata.

 

Non avrai nulla è sarai felice: basta che tu ci obbedisca ciecamente. Altrimenti…

 

Ecco, un po’ di argomenti – un po’ tanti – con cui un premier sincero-democratico poteva rispondere a Trudeau ci erano. Ma non è andata così.

 

Il lettore riesce a capire perché?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

Più popolari

Exit mobile version