Reazioni avverse

Fra quanto le società sportive cominceranno a mentire sui vaccini agli atleti?

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Questo sito ha riportato, sin da prima delle Olimpiadi edochiane (modo prezioso per dire «di Tokyo»), i casi di carriere sportive improvvisamente schiantate dopo l’avvenuta vaccinazione COVID.

 

Qualcuno, in Francia e in Belgio, aveva cominciato a parlarne con franchezza. Ricordate?

 

«C’è stato un periodo in cui i suoi test erano ottimi, allo stesso livello di prima e poi è stato vaccinato, non lo abbiamo più riconosciuto» disse al quotidiano sportivo L’Equipe l’allenatore del velocista francese, già  bronzo nei 200 ai Giochi di Rio,  Christophe Lemaître. L’atleta non volò a Tokyo.

 

Poi fu il turno di Jacques Borlée, allenatore dell’atletica belga, a dare l’allarme: «abbiamo grossi problemi con la vaccinazione. Sul primo vaccino, per dieci giorni, c’è una perdita di potenza tra il 10 e il 20% e per la seconda dose, c’è anche una perdita di potenza più lunga, parliamo di 21 giorni. È una grande difficoltà rispetto agli atleti. E vediamo davvero una perdita di potenza in tutti gli atleti che sono stati vaccinati».

 

«Non eravamo affatto stati informati che un calo delle prestazioni ha accompagnato il processo di vaccinazione». Ora lo sono.

 

Qualora vi fosse una correlazione tra le miocarditi che stanno subendo gli sportivi e la sierizzazione mRNA – con quel possibile effetto collaterale riconosciuto dall’AIFA – le società sportive si troverebbero di fronte ad un rischio esistenziale. Una minaccia, prima che biologica e umana, economica.

Qualcuno, forse, aveva fiutato il pericolo. Lo sprinter giamaicano Yohan Blake disse che avrebbe preferito saltare l’Olimpiade piuttosto che farsi vaccinare. Facile che sia stata una scelta etica personale – Blake è stato uno Djokovic ante litteram – tuttavia non possiamo dire che abbia fatto qualcosa che andava contro la sua carriera.

 

Poi arrivò la stagione del calcio, uno degli sport più cardio-intensivi sulla faccia della Terra. Lì cominciarono gli strani collassi dei giocatori in campo e fuori, un pattern drammatico che non dà cenno di esaurimento. Il Berliner Zeitung fece una lista dei giocatori crollati durante le partite, senza in alcun modo parlare di correlazione con la vaccinazione, e quell’eventuale problema di conseguente miocardite che è riconosciuto anche dall’AIFA.

 

Sono collassati giocatori agli Europei, nelle grandi squadre, nei campionati minori, in Nordafrica, in Asia, in America Latina, in Inghilterra, in Canada. – in continuazione, ovunque. Alcuni sono morti: e il 2021 è riportato essere l’anno con più calciatori morti sul campo di gioco.

 

È uno stillicidio ancora in corso.

 

 

Ogni club investe decine di migliaia, centinaia di migliaia, milioni di euro su di un giocatore. Per comprarlo, per pagargli lo stipendio, per allenarlo, prepararlo, rubarlo. I corpi degli atleti – e quindi il loro muscolo fondamentale, il cuore – sono i macchinari di produzione delle squadre sportive.

In Italia si registrò la miocardite di Pedro Obiang, centrocampista del Sassuolo. «Nei suoi tracciati anomalie che prima non c’erano», scrisse il quotidiano La Verità dopo aver sentito varie medici e professionisti coinvolti nel caso. Tuttavia, disse il direttore sanitario della squadra, «nessuno può dire se sia una miocardite da COVID-19 e neanche se sia da vaccino. Le interpretazioni, valutazioni, le ricerche sull’eziologia lasciano il tempo che trovano. Nessuno può darci la risposta».

 

Non dimentichiamo poi la storia della pallavolista veneta Francesca Marcon, che sviluppò una pericardite dopo il vaccino, devastando la sua stagione sportiva. Lo scrisse su Instagram, chiedendo: «non esiste una forma di “risarcimento” per chi subisce danni a livello di salute dopo aver fatto il vaccino?». Alla bella schiacciatrice arrivò la sgridata del membro del CTS Abrignani – quello che la terza dose «protegge fino a 5-10 anni» – perché, raccontando la verità del suo cuore e della sua carriera, la campionessa stava fornendo argomenti ai no vax. Un gentile invito a guardare il dito, non la luna – tutti.

 

«Non so se vi può interessare, ma io ho avuto e ho tuttora una pericardite post vaccino… Chi paga il prezzo di tutto?» diceva la Marcon.

 

Questo è esattamente il punto che vogliamo sollevare.

 

Qualora vi fosse una correlazione tra le miocarditi che stanno subendo gli sportivi e la sierizzazione mRNA – con quel possibile effetto collaterale riconosciuto dall’AIFA – le società sportive si troverebbero di fronte ad un rischio esistenziale. Una minaccia, prima che biologica e umana, economica.

 

Può una squadra rischiare di perdere un investimento – perché questo è un atleta professionista – per colpa di un farmaco per una malattia che si rivela grave in un numero di giovani relativamente esiguo?

Ogni club investe decine di migliaia, centinaia di migliaia, milioni di euro su di un giocatore. Per comprarlo, per pagargli lo stipendio, per allenarlo, prepararlo, rubarlo. I corpi degli atleti – e quindi il loro muscolo fondamentale, il cuore – sono i macchinari di produzione delle squadre sportive.

 

Ora, ci chiediamo quali siano le voci nel sottomondo dello sport, visto che oramai le miocarditi sono diventate tema per video satirici e meme sui social.

 

Può una squadra rischiare di perdere un investimento – perché questo è un atleta professionista – per colpa di un farmaco per una malattia che si rivela grave in un numero di giovani relativamente esiguo?

 

È chiaro che esporsi ad un pericolo del genere, per amore di patria e di Big Pharma, è una scelta non indifferente: ripetiamo, soprattutto da un punto di vista economico.

 

Che qualche atleta abbia cominciato a pensare a bassa voce che il vaccino potrebbe ingenerare una malattia in grado di distruggergli la stagione, o la carriera – o peggio? Questa prospettiva, è discussa tra calciatori, sprinter, ciclisti, fondisti?

Certo, se un atleta si vuole vaccinare, si vaccina. Tuttavia, ci chiediamo, al di là di questa spirale del silenzio che avvolge anche questo fenomeno, quali siano le voci tra atleti. Che qualcuno abbia cominciato a pensare a bassa voce che il vaccino potrebbe ingenerare una malattia in grado di distruggergli la stagione, o la carriera – o peggio? Questa prospettiva, è discussa tra calciatori, sprinter, ciclisti, fondisti?

 

C’è qualcuno che, senza darlo a vedere, si è impressionato per una storia come quello del campione di mountain bike Kyle Warner?

 

Insomma, quanto cospirazionisti sono divenuti gli spogliatoi?

 

Se dirigenti e atleti fossero andati in paranoia, non è impossibile che molti potrebbero cominciare a ritenere che l’unica via per non rischiare sia… l’inganno. Trovare un medico compiacente, che finge di sierizzare lo sportivo e poi invece butta diretto il flacone di mRNA sintetico in fogna – oppure, a favor di video-selfie o telecamera, inietta una bella dose di soluzione fisiologica, come, nella mente dei complottisti, avviene per le vaccinazioni pubbliche di quelli importanti, chessò, Joe Biden.

 

Non è uno scenario impossibile: sappiamo che nella storia più di qualche società, più di qualche atleta, sia ricorso al doping. La questione non è dissimile, anzi è specchiata in modo chirale: invece che prendere un farmaco e far finta di non averlo preso, qui devi non prendere un farmaco e far finta di averlo preso. Prima siringhe che devi nascondere, oggi siringhe che devi mostrare pubblicamente. Non è questo grande sforzo inedito, insomma.

 

Succederà così? Non sappiamo.

 

Se dirigenti e atleti fossero andati in paranoia, non è impossibile che molti potrebbero cominciare a ritenere che l’unica via per non rischiare sia… l’inganno

Quello che è certo è che il vaccino per molti sportivi è inevitabile. Sappiamo che il super green pass dovrebbe essere in arrivo per tutti le discipline di squadra, dalla Serie A di calcio giù fino ai dilettanti. E mica solo i calciatori: a fine dicembre l’ineffabile onorevole già spadaccina Valentina Vezzali disse che non escludeva per i tifosi che volessero andare allo stadio il tampone, includendo anche i vaccinati.

 

Tuttavia mondo del tifo – che, come ribadiamo da quasi un lustro, è una delle ultime lucide oasi di umanità rimaste – potrebbe già essere pronto a leggi di discriminazione che tengono lontane le persone dalla loro squadra del cuore.

 

A settembre gli Ultras del Torino fecero sapere che avrebbero disertato la Curva nel derby contro la Juventus: «non intendiamo accettare le forti restrizioni che snaturano il nostro essere ultras e che porterebbero ulteriori multe e diffide insensate. Per questo rientreremo nella nostra curva solo quando sarà possibile per tutti tornare a viverla con calore». Era una solidarietà portata ai non-greenpassati che non abbiamo visto in nessun altro gruppo umano (colleghi di lavoro, compagni di scuola, etc.)

 

Che volete che sia: una sorta di Daspo biotico, l’apartheid del tifo. Un tifoso che rifiuta la siringa genica può guardare la partita su DAZN – se funziona.

 

Trovare un medico compiacente, che finge di sierizzare lo sportivo e poi invece butta diretto il flacone di mRNA sintetico in fogna – oppure, a favor di video-selfie o telecamera, inietta una bella dose di soluzione fisiologica, come, nella mente dei complottisti, avviene per le vaccinazioni pubbliche di quelli importanti, chessò, Joe Biden

Il calciatore, invece, non ha questo lusso: deve essere in campo, deve dare il meglio di sé, deve correre, deve far battere il cuore fino a che non scoppia.

 

Purtuttavia, come riportato da Renovatio 21, abbiamo cominciato a vedere anche immagini di tifosi che crollano a terra. Non solo i giocatori in campo, ora anche gli spettatori sugli spalti. Tutti colpiti da questi misteriosi malori.

 

 

Del resto ci rendiamo conto che quello di cui parliamo non è così fondamentale, anzi usiamo pure l’espressione governativa, non è «essenziale».

 

Perché, bugia più bugia meno, non cambierà niente nell’era della menzogna che stiamo vivendo.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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