Necrocultura

Feto in barattolo trovato fra i cespugli. Rito satanico o rifiuto sanitario, è sempre guerra all’Imago Dei

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Accade a Bassano, piccola e ricca cittadina in provincia di Vicenza. Il fatto risale ad una settimana fa, ma la notizia, forse perché un po’ scioccante, è stata data solo da poche ore.

 

Secondo quanto riportato dalle cronache, i carabinieri stavano conducendo un’operazione antidroga, andando a cercare luoghi dove gli spacciatori potrebbero nascondere gli stupefacenti.

 

Ecco che durante il setaccio, dietro un cespuglio, gli agenti fanno una scoperta agghiacciante: un barattolo, con dentro un essere umano grande quanto il palmo di una mano. Un feto di sei mesi, conservato in un liquido che probabilmente è formalina. Parte la segnalazione alla procura di Vicenza.

 

«Un feto nel cespuglio. L’ipotesi di riti satanici» è il primo titolo del quotidiano locale, Il Giornale di Vicenza, che parla di possibile «pista del satanismo». «Il timore è che dietro al ritrovamento possa celarsi un mercato clandestino destinato a qualche setta per effettuare riti occulti». Altre testate regionali e nazionali seguono. Non è immediatamente chiaro da dove i giornalisti traggano questa prospettiva.

 

Buttare lì l’idea che in zona, oltre ai pusher, operi evidentemente una setta diabolica è un po’ tanto da digerire per il cittadino che paga le tasse e compra i giornali per sentirsi protetto e rassicurato.

 

Ecco che infatti la cosa dura poco. L’indomani, lo stesso giornale titola «Il feto nascosto nel cespuglio a San Giorgio. Sfuma la pista satanica».

 

«Pochi i dettagli trapelati ieri nell’ambito di questa delicata indagine: il ritrovamento è avvenuto in particolare in contra’ San Giorgio di Bassano e a quanto pare la pista del satanismo, che pure in un primo momento era stata giudicata plausibile per giustificare una presenza tanto macabra, starebbe via via perdendo credibilità, anche perché nei paraggi non sono stati trovati altri indizi, come candele, segni e quant’altro» scrive il seguitissimo quotidiano locale.

 

La storia, a questo punto, vira su tutt’altro versante, quello della Sanità pubblica, che – almeno sulla carta – è molto meno inquietante. «La procura della Repubblica di Vicenza sta indagando per il reato di illecito smaltimento di rifiuti speciali di tipo sanitario» viene detto, epperò viene respinta l’ipotesi che venga dal vicino ospedale, che nei mesi scorsi avrebbe subito un furto.

 

Quindi: non sono satanisti, ma nemmeno le strutture sanitarie di zona.

 

E quindi, da dove viene questo bambino, asportato dal ventre materno quando era quasi considerabile a termine?

 

La figura umana, a quanto ci è dato di capire, sarebbe integra, e non fatta a pezzi come avviene con i normali aborti chirurgici operati nei nostri ospedali a carichi del contribuente. Perché quindi è conservato nel barattolo?

 

Il luogo in cui è stato ritrovato non fa pensare in nessun modo ad un tentativo di disfacimento. Perché era stato piazzato in quell’area, in quel cespuglio?

 

Bisogna considerare che, in fondo, la pratica è più comune di quanto si possa pensare. L’ex ministro e Commissario Europeo Emma Bonino, eterna figura della politica italiana pure candidata da Monti alla Presidenza alla Repubblica, partecipava ad aborti clandestini prima della legge 194/78 – così come l’attuale ministro della Famiglia del governo Meloni, e poi rivendicava l’uso dei barattoli per il feto abortito.

 

In un’intervista a Neera Fallaci, sorella di Oriana, pubblicata su Oggi nel 1976 la grande amica di George Soros diceva, descrivendo il cosiddetto metodo Karman (quello che aspira il feto, facendolo a pezzi), che «prima di tutto occorre un vaso, ermeticamente chiuso, dove si crea il vuoto e dove finisce il contenuto dell’utero che viene aspirato con la cannula. Io uso un barattolo da un chilo che aveva contenuto marmellata (…) alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate».

 

Ma mica è solo la Bonino – anzi, tanta altra gente ha esibito i feti in un barattolo. Negli anni, molto si è scritto della collezione di stranezze dell’artista americano Joe Coleman, tra cui un feto deforme in vaso di vetro che questi dice di aver adottato con il nome di Junior – di questo bambino in barattolo esiste una foto con un giovane Leonardo di Caprio.

 

Credo di ricordare, andando dietro di lustri, un qualche libro del giro cattolico italiano, dove si parlava dei feti in barattolo che, se esibiti, possono avere effetti positivi, mostrando macabramente al pubblico delle conferenze che si parla di esseri umani  e non di «grumi di cellule» – ho cercato a lungo tra i miei libri, non trovo il riferimento, tuttavia bisogna capire come in anni passati il feto imbarattolato non fosse considerato lo spettacolo rivoltante che è, e nemmeno era così desueto.

 

E poi diciamo anche: la «pista satanica» finita subito sui giornali di primo può confondere l’osservatore. Gli adoratori del demonio usano feti in barattolo?

 

Bisogna considerare il luogo. L’Alto Vicentino ha una particolarità: è il luogo dove si erge il Monte Summano.

 

Non si tratta di una montagnola come le altre: la sua doppia cima, finita pure in alcuni proverbi volgari in lingua veneta, era una calamita per pellegrini dell’antichità pagana, si dice, magari provenienti anche da luoghi lontani.

 

Gli archeologi hanno trovato quantità di ossa bruciate, e si pensa quindi che il luogo attirasse i roghi votivi. Furono trovate, ad un certo punto, delle monete che rappresentavano una divinità maschile e una femminile, che corrisponderebbero alle due cime, che sarebbero consacrate alle due divinità – una a simboleggiare la fertilità (la femmina ritratta seduto su un trono fatto di piante e serpenti), una invece a rappresentare il mondo degli inferi, da cui l’idea di alcuni che la parola Summano deriverebbe dal latino «Summus Manium», ovvero il più grande dei Mani, cioè degli spiriti dell’oltretomba. Summamus era la divinità etrusca dei tuoni e della notte.

 

Tuttavia qualche voce sostiene che su quel monte si venerassero divinità ancora più antiche, pre-romane, venetiche: sarebbe il luogo del culto a Reitia, definita potnia theron, «signora delle creature», assimilabile forse a Demetra e Persefone, o la dea della luna e dei boschi Diana. Il cristianesimo, più avanti, avrebbe portato sopra il monte la sua leggenda, raccontando la storia di Sant’Orso, pellegrino dei tempi di Carlo Magno inviato da papa Adriano I ad espiare i suoi peccati, e morto lungo il sentiero proprio sotto il Summano, dando il nome al vicino paesino, che anche oggi si chiama, appunto, Santorso.

 

In questa storia di mistero dell’Alto Vicentino mi era impossibile non pensare al Summano perché è forte in me il ricordo di quanti nei decenni passati mi raccontavano che il monte era teatro di continui riti satanici. Una signora massoterapista, che purtroppo non è più con noi, mi raccontava di ripetuti ritrovamenti di animali sacrificati lungo il sentiero che porta alle due vette.

 

«Dovresti vedere quanta roba dopo il giorno dopo dei solstizi» mi diceva, spiegandomi di aver visto negli anni vari resti di riti sacrificali – migliaia di anni fa, come ore, quel luogo è teatro dei medesimi atti…

 

Ho guardato proprio mentre scrivevo quest’ultima riga in basso a destra dello schermo, e ho visto che, in effetti, oggi è il giorno dopo il solstizio d’estate. Il ritrovamento del barattolo, quindi, per coincidenza è avvenuto in prossimità di questa data considerata così importante dalla spiritualità antica, e non solo.

 

Il fatto è che la gente sottovaluta la persistenza profonda della «vecchia religione» nel contesto locale, in ispecie in Italia. Per «vecchia religione», espressione usata in alcuni studi vecchi di più di un secolo, si intende, nientemeno, che la stregoneria. Che non è come bizzarra e romantica come la vedete in Harry Potter o nei film con Renato Pozzetto – è oscura e piena di orrore, e soprattutto sta vicino a voi.

 

Il revival della stregoneria negli ultimi anni, per esempio nella tendenza religiosa chiamata Wicca, si devono a Charles Godfrey Leland (1824-1903), studioso americano di folclore che soggiornò a Firenze nel 1886, dove incontrò una tale Maddalena, cioè una strega, che gli spiegò come il culto delle streghe ancora si tramandasse nell’Appenino tosco-emiliano.

 

Maddalena trasmise al Leland una serie di pagine che lo statunitense riunì in un libro che chiamò Aradia o il Vangelo delle Streghe, che trabocca di riferimenti contro il Cattolicesimo – tra cui fantasie di omicidio di preti – ed è considerabile a tutti gli effetti come il testo sacro di una contro-religione antigerarchica che ha come oggetto di odio assoluto la Chiesa di Roma. Aradia infatti è il nome di una antica dea venuta sulla terra per insegnare ai contadini delle pratiche magiche che li liberino del giogo della Chiesa. Altri personaggi nominati nel testo esoterico sono la dea romana Diana, il biblico Caino inteso però come figura dai tratti esoterici, e un dio solare chiamato, senza tanto pudore, Lucifero.

 

I territori italiani, vogliamo dire, potrebbero essere ancora fortemente intrisi dalla stregoneria – in alcuni casi per via di tradizione diretta, di tante «Maddalena» che hanno iniziato altre streghe più giovani, e via così nei secoli e nei millenni.

 

Ma cosa facevano, quindi, queste streghe autoctone? Una risposta possiamo averla dal Malleus Maleficarum, noto presso il pubblico italiano come Il Martello delle streghe, è un trattato sulla stregoneria scritto nel 1486 dall’inquisitore tedesco Heinrich Krämer (1430-1505), detto anche Henricus Institor, che ha redatto una sorta di manuale per gli inquisitori che avevano a che fare, in ogni parte d’Europa, con la stregoneria.

 

Leggiamo la Quaestio XI del Malleus: «le streghe ostetriche in diversi modi uccidono nell’utero i concepiti, provocano l’aborto, e se non fanno questo, offrono ai diavoli i bambini appena nati».

 

Il lettore è libero di mettere in fila tutto quanto come vuole: i feti nei barattoli, gli aborti femministi, gli inquisitori di mezzo millennio fa. Le cronache locali e la «vecchia religione», la stregoneria, invisibile ma ancora viva nelle nostre terre, con i suoi dei crudeli.

 

Qualcuno dirà: è un volo pindarico, dai, in fondo si tratta «solo» di un feto in barattolo, finito dietro un cespuglio in campagna. Sono cose che succedono, dai.

 

Sissì, tutto vero. Anzi diremo di più: sono cose che sono già successe, e in misura ancora più inquietante.

 

Renovatio 21 vi parlò l’anno scorso dell’allucinante caso di Granarolo, in provincia di Bologna. Ricorderete i fatti: un ragazzo fa per caricare dei barili per portarli via da un capannone industriale, al fine di «smaltirli da qualche parte». Ne apre uno, e si rende conto che, in un liquido verdastro, galleggiano dei feti umani. I bidoni sono almeno una quarantina.

 

Anche lì, lo shock su giornali si attutisce pochissimi giorni dopo. Viene rinvenuta l’origine dei feti, e quindi la dissonanza cognitiva della popolazione si riduce. Dai primi accertamenti parrebbe che i fusti provengano da una struttura universitaria, in particolare una biblioteca di anatomia che li avrebbe conservati per motivi di ricerca» scrive con sicumera il Corriere. Il cittadino sincero-democratico, a questo punto, dovrebbe tirare un sospiro di sollievo. No?

 

Le aquile giro catto-prolife italico attaccano a dire che bisogna seppellirli – che è tipo guardare il dito se ti indicano la luna. Nessuno fa le domande che vanno fatte.

 

C’è una denuncia? C’è un’indagine? C’è un’interrogazione parlamentare?

 

Quanti sono quei bambini?

 

Da dove vengono? Di chi sono figli?

 

Cosa significa che erano «conservati per motivi di ricerca»?

 

Di quali esperimenti sono stati oggetto?

 

Chi è coinvolto il tutto il traffico sanitario? Aziende pubbliche? Private? Istituzioni?

 

Passano le settimane, i mesi. Nessuno se ne occupa più, non i politici, non i giornali, non i preti, non il vescovo (quello che tra un tortello pro-islam e l’altro, va in Ucraina per la pace), nemmeno noi – che pure avevamo promesso di tentare di andare a fondo.

 

Noi, tuttavia, non abbiamo dimenticato, e non potremmo mai farlo. Perché il nostro compito è farvi unire questi puntini.

 

Quanta distanza credete che ci sia tra quel barattolo nel cespuglio di Bassano e i feti sacrificati per darvi la vaccinazione universale?

 

Quanto lontani sono quei feti nei barili di Bologna da quelli che vengono squartati e venduti alla ricerca medica in America e ovunque altro?

 

Quanto distanti sono le streghe dal mondo drogato dalle pozioni mRNA?

 

La risposta a questo punto dovete darvela da soli.

 

Tuttavia, considerata cosa tutte queste vittime di sacrifici umani – satanici o scientifici che siano, avevano in comune: ognuno di quei bambini era Imago Dei – ognuno di quei bimbi assassinati, e poi utilizzati come strumento medico o diabolico, era fatto ad immagine di Dio.

 

Lo abbiamo tanto ripetuto: la storia moderna, vista nello spirito, altro non è che la storia della lotta contro l’Imago Dei. Il fine della Necrocultura, che si è impossessata degli Stati e delle società umane, è quello di distruggere ed umiliare l’Immagine di Dio, cioè l’essere umano.

 

La cosa, purtroppo, vi riguarda.

 

Perché potete essere belli o brutti, ricchi o poveri, giovani o vecchi, intelligenti o stupidi, buoni o cattivi, bianchi o neri, colti o ignoranti, forti o deboli, bravi o incapaci, santi o peccatori, ma siete, e sarete sempre, Imago Dei – siete stati creati ad immagine della Divinità. E avete avuto la fortuna di nascere invece che essere sacrificati dalle streghe.

 

Per chi non lo ha già fatto, è il momento di capirlo: c’è una guerra contro di voi.

 

Sì, la vostra vita è un capitolo di una guerra cosmica di cui siete parte integrante, e insostituibile.

 

Svegliatevi. Combattete. Rendete grazie a questo dono che vi è stato fatto, il più sacro che vi sia: la Vita.

 

L’orrore dei bambini nei barattoli sta a ricordacelo.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

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