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Festa di Santo Stefano, primo martire

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San Fulgenzio di Ruspe: Omelia su Santo Stefano. Fulgenzio nacque nel 467 a Télépte (Tunisia). Divenuto monaco, fondò un monastero e fu ordinato sacerdote. Nel 508 fu eletto vescovo di Ruspe. Alla sua consacrazione episcopale seguì di lì a poco l’esilio in Sardegna. Il re vandalo Trasamondo lo convocò a Cartagine per un dibattito teologico, poi lo rimandò in Sardegna dove rimase fino al 523. Rimpatriato, avrebbe diretto la chiesa di Ruspe per altri nove anni. Si addormentò nel Signore il 1° gennaio 532.

 

Ieri abbiamo celebrato la nascita temporale del nostro Re eterno; oggi celebriamo la passione trionfante del suo soldato.

 

Ieri, infatti, il nostro Re, rivestito della nostra carne, uscendo dalla reggia con il grembo verginale, si è degnato di visitare il nostro mondo; oggi il soldato, lasciando la tenda del suo corpo, è partito trionfante per il cielo.

 

Il nostro Re, pur essendo l’Altissimo, è venuto a noi con umiltà, ma non poteva venire a mani vuote. Portò ai suoi soldati un magnifico dono, non solo per affidare loro notevoli ricchezze, ma anche per renderli assolutamente invincibili in combattimento. Perché ha portato loro il dono della carità, che porterà gli uomini a condividere la vita divina.

 

Ciò che portò, lo distribuì; ma lui stesso non perse nulla perché, se trasformò la povertà di questi fedeli in ricchezza, rimase lui stesso ricolmo di tesori inesauribili.

 

La carità che fece discendere Cristo dal cielo sulla terra è quella che innalzò santo Stefano dalla terra al cielo. La carità, che per prima esistette presso il Re, fu questa che, dopo di lui, rifulse tra i soldati.

 

Stefano, per ottenere la corona che significa il suo nome, ebbe per arma la carità, e grazie ad essa fu interamente vittorioso. Per amore di Dio non si sottrasse all’ostilità degli ebrei; per amore del prossimo intercedette per coloro che lo lapidavano. Per mezzo di questa carità, li rimproverava del loro errore, affinché potessero correggersi; con questa carità pregò per coloro che lo lapidarono, affinché fosse risparmiato loro il castigo.

 

Forte della carità, sconfisse Saulo che gli si opponeva crudelmente e, dopo averlo avuto come persecutore sulla terra, ottenne di averlo suo compagno in cielo. La sua santa e perseverante carità volle conquistare a sé con la preghiera coloro che non aveva potuto convertire con i suoi avvertimenti.

 

Ed ora Paolo condivide la gioia di Stefano, gode con Stefano della gloria di Cristo, esulta con Stefano, regna con lui. Dove Stefano andò per primo, ucciso dalla lapidazione di Paolo, Paolo lo seguì lì, aiutato dalle preghiere di Stefano.

 

Questa è la vita vera, fratelli miei, quella dove Paolo non è gravato dell’omicidio di Stefano, ma dove Stefano gioisce della compagnia di Paolo perché la carità rallegra l’uno come l’altro. In Stefano la carità vinse l’ostilità dei Giudei; in Paolo la carità copriva una moltitudine di peccati. In entrambi la carità ha ottenuto ugualmente il possesso del regno dei cieli.

 

La carità è dunque la fonte e l’origine di tutti i beni, una protezione invincibile, la strada che conduce al cielo. Chi cammina nell’amore non si smarrirà né avrà paura. Dirige, protegge, conduce alla meta.

 

Perciò, fratelli miei, poiché Cristo ha innalzato la scala della carità, per la quale ogni cristiano può ascendere al cielo, siate coraggiosamente fedeli alla carità pura, praticatela tra di voi e, progredendo nella carità, fate la vostra ascesa.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine: Giovanni Battista Lucini, Martirio di Santo Stefano (circa 1680), Fondazione Brescia Musei

Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia

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