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Fecondazione in vitro negata per età a coppia maltese: la Corte Europea ordina un risarcimento per il «danno»

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Una coppia sposata di Malta a cui non è stato permesso di continuare la fecondazione in vitro ha ricevuto un risarcimento di 8000 euro dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo riporta BioNews.

 

La coppia aveva effettuato un ciclo di fecondazione in vitro finanziato dallo stato con ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) nel 2014 che non ha avuto successo. Volevano avere un secondo ciclo autofinanziato l’anno successivo, ma gli è stato impedito di farlo perché la donna aveva compiuto 43 anni.

 

L’Autorità per la protezione degli embrioni (EPA) di Malta ha vietato il loro trattamento sulla base della disposizione nel suo protocollo per cui sarebbe auspicabile che la donna che ha diritto al trattamento abbia un’età compresa tra 25 e 42 anni.

 

I due hanno affermato che la legge era discriminatoria in base all’età e che soddisfacevano gli altri criteri del protocollo: essere sposati e avere una ragionevole possibilità di successo, sulla base dell’opinione medica. Hanno quindi sostenuto in diversi tribunali maltesi che il limite di età non figurava nella legge maltese e che la dicitura inclusa nel protocollo che parlava di «età desiderabile» significava che l’EPA aveva la discrezionalità di fare eccezioni.

 

Dopo aver esaurito i ricorsi legali a Malta, hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) a Strasburgo.

 

La Corte EDU ha esaminato se la decisione dello Stato maltese «di negare ai ricorrenti l’accesso alle procedure di fecondazione in vitro che erano a disposizione della popolazione e che essi cercavano di autofinanziarsi» costituisse un’ingerenza nei diritti umani della coppia e, in tal caso, se tale interferenza fosse giustificata.

 

La corte ha convenuto che il protocollo faceva parte della legge maltese, ma ha proseguito ritenendo che essere «conforme alla legge» richiede che la qualità della legge sia tale da «essere accessibile alla persona interessata, che deve inoltre essere in grado di prevederne le conseguenze».

 

Dato che i tribunali maltesi e lo stesso EPA differivano nella loro interpretazione del fatto che l’EPA avesse la discrezionalità di disapplicarlo sulla base di riscontri medici, la CEDU ha ritenuto che la disposizione del protocollo fosse «incoerente e quindi priva della prevedibilità richiesta». Hanno anche notato che la disposizione era stata riformulata dal momento del trattamento della coppia.

 

Su tale base, il tribunale ha stabilito che la legge che interferiva con il diritto dei due alla vita privata e familiare era «di qualità insufficiente» e pertanto costituiva una violazione della convenzione. Hanno ricevuto 8000 euro di risarcimento danni e ulteriori 2500 euro di spese.

 

La fecondazione in vitro crea in provetta anche decine di esseri umani per ogni ciclo, che poi vengono uccisi, scartati, congelati.

 

Riguardo ai diritti di quelle centinaia di migliaia di embrioni, c’è una legge, c’è tribunale, anche qualsiasi, che li voglia considerare?

 

Renovatio 21 è praticamente l’unica realtà che velo ricorda.

 

Provate a fare questo discorso con qualsiasi ente o personaggio sedicente pro-vita.

 

Per ignoranza o per malafede, nessuno vorrà toccare l’argomento: anche se, oggi, esso uccide più esseri umani dell’aborto.

 

 

 

 

 

Immagine di Gzen92 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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