Droga

Dietro al rave dello scandalo: l’opportunismo, le politiche di Soros e i traffici internazionali di pastiglie

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Il rave in Toscana è finito. Il più grande pugno tirato nella faccia della popolazione internata dal COVID – dai gestori di discoteche chiuse, agli attivisti ora denunciati perché scesi in piazza a protestare contro il green pass – si è spento.

 

La faccenda in apparenza ha dell’incredibile. Un gruppo franco-spagnolo organizza una mega-festa con 15 palchi e almeno 10 mila partecipanti su di una proprietà privata – un altro diritto che probabilmente è evaporato nel bienni pandemico.

 

Di più: lo fanno su un campo dell’ex sindaco del Paese, un uomo di destra che assiste stupefatto allo svolgersi degli eventi. C’è scappato il morto, forse due. Una ragazza ha avuto le doglie e partorito. I cani hanno ucciso le pecore che pascolavano, ma si parla anche di vari poveri fido morti di caldo. Chetamina a 5 euro, LSD a 10. Le farmacie della zona, hanno detto, hanno finito le siringhe. Ricoveri per coma etilico e overdose. Due presunti stupri denunciati.

 

Non vogliamo nemmeno immaginare cosa il povero proprietario – un allevatore – si troverà a dover pulire. Vetri, preservativi usati, qualche siringa. La bonifica potrebbe non finire mai. Gli animali dovrebbero tornare a pascolare lì?

 

Tuttavia, le domande che premono sono altre.

Il ministero degli Interni potrebbe aver scelto di non interrompere la festa perché i possibili conseguenti tafferugli, cioè l’ultima cosa che vuole un governo  in questo preciso momento

 

Soprattutto, perché non è stato fermato con la forza? Di rave bloccati dalla polizia si ha memoria. Questa volta non è successo, e i raver sono andati avanti indisturbati – come zombie, a vedere dalle foto – a ballare drogati per giorni anche dopo che lo scandalo era sui telegiornali delle otto. È la TAZ – la zona temporaneamente autonoma teorizzata dal filosofo anarco-pedofilo Hakim Bey – realizzata nell’estate 2021. Tunz-tunz-tunz

 

Ci sono diverse risposte a questa domanda.

 

La prima: il ministero degli Interni potrebbe aver scelto di non interrompere la festa perché i possibili conseguenti tafferugli. Cioè, l’ultima cosa che vuole un governo, e specie un ministro apertamente schierato con le politiche sociali e migratorie di sinistra,  in questo preciso momento.

 

Il lettore che segue Renovatio 21 sa che un esempio di recente c’è già stato, in Francia, due mesi fa: la battaglia al rave di Ille-et-Vilaine, in Bretagna, dove negli scontri «di estrema violenza» tra la polizia e i festaioli ad un ragazzo è stata mozzata la mano.

 

 

Il bagno di sangue, così poco telegenico, è stato risparmiato

Per fronteggiare una massa di 10 mila persone ci vogliono quantità di manganelli poco fotogeniche, soprattutto di questi tempi, dove in molti sta montando l’idea di vivere in una società repressiva. Creare nel cuore di agosto una Tien’An Men techno non è l’ideale per la carriere di molti, e la tenuta del governo (nonostante abbiamo visto che siano proprio talvolta i «sinceri democratici» delle testate dell’oligarcato chiedere il golpe militare).

 

Che il ministro e la sua cintura di decisori abbia preso nota? Difficile a dirlo, considerando la superficialità con cui ha trattato la questione del green pass, passando da mezzi avvertimenti a frasi confusionarie in pochi giorni..

 

Tuttavia, il bagno di sangue, così poco telegenico, è stato risparmiato.

 

Un’altra risposta potrebbe essere che si tratti di un favore elettorale: anche i techno-fattoni, pensano i ministri di area PD, votano, come votavano i centri sociali, che talvolta sono perfino riusciti a mandare in Parlamento qualche loro non indimenticabile sgherro.

 

Eppure, sarebbe anche questo un errore. Chi conosce il mondo dei Technival sa quanto siano apolitici, perché il nichilismo neuronale risultante dalla combo anfetamina più musica elettronica occupa tutta la loro vita, e non hanno davvero tempo di pensare a cose complicate come le elezioni, le leggi, il futuro, la famiglia, etc. Ma tant’è: i no-vax in piazza (che, invece, votano eccome) si possono reprimere, i raver smandibolatori no.

 

Quindi: non hanno caricato per l’illusione ottica di un possibile opportunismo politico?

 

Quindi: non hanno caricato per l’illusione ottica di un possibile opportunismo politico?

La verità è che ci sarebbe un’altra domanda da farsi. Che è forse ancora più basilare.

 

Chi c’è dietro ai rave? Sono davvero un fenomeno spontaneo, senza padroni, senza finanziatori?

 

Difficile dirlo, perché si tratta di eventi ed organizzazioni di per sé davvero opache, nomadi, chiuse – segrete al punto che anche i luoghi delle feste . Tuttavia, ci ha colpita una delle descrizioni del rave finita sui giornali: «c’erano i “laboratori” della riduzione del danno dove le sostanze venivano preventivamente analizzate per non correre rischi inutili» scrive il Corriere di oggi.

 

Cioè, vi erano  dei banchetti dove testavano la droga che si acquistava, con «opuscoli con informazioni di base diffusi fra i presenti per evitare comportamenti dannosi». Cioè, ripetiamo l’espressione, quella che si chiama «riduzione del danno».

 

Qui bisogna alzare le antenne: la «riduzione del danno» è da sempre uno dei cavalli di battaglia di George Soros, per i cui programmi ha versato miliardi. La gente oggi tende a dimenticarlo, ritenendolo solo il miliardario dietro a certe rivoluzioni colorate, all’attacco alla lira e alla sterlina, e all’immigrazione totale che stiamo vivendo: no, Soros è stato anche uno dei più grandi sostenitori globali della droga libera.

 

Anni fa Soros scrisse di suo pugno un articolo per il Financial Times in cui ricordava come il suo approccio fosse diverso da quello dei governi nazionali:

 

Chi c’è dietro ai rave? Sono davvero un fenomeno spontaneo, senza padroni, senza finanziatori?

«La guerra alla droga è stata un fallimento da mille miliardi di dollari… Per oltre quarant’anni i governi di tutto il mondo hanno speso enormi somme su politiche repressive. Questo a discapito di programmi che funzionano». L’allusione è alle politiche della cosiddetta riduzione del danno, delle quali il Soros è munifico sostenitore. «Non è stato solo uno spreco di danaro: è stato controproducente»

 

«Il proibizionismo e la lotta alle droghe hanno fatto più male che bene… Per anni, la mia Open Society Foundation ha supportato programmi di riduzione del danno come lo scambio di siringhe…»

 

Insomma, dietro all’idea che la droga sia inarrestabile, e quindi non vada in alcun modo combattuta, ma ne vadano solo mitigati gli effetti, ci sono i miliardi del solito miliardario Soros.

 

Al momento, non sappiamo quale associazione che si interessa di «riduzione del danno» abbia stampato i dépliant in libera distribuzione al rave della Tuscia, né se quei «volontari» ai banchetti fossero in qualche modo stipendiati…

 

Sappiamo però che l’interesse delle forze globaliste per l’argomento c’è – eccome. Un mondo con la droga libera è un mondo di intossicati; un mondo di intossicati è davvero più facile da comandare (e anche: più economico) rispetto ad uno fatto di famiglie e cittadini responsabili…

 

Un altra domanda che nessuno si fa è: da dove viene quella immane quantità di droga consumata nei rave, così come nelle discoteche italiane dove ogni anno, in genere, ci scappa il morto con relativo e transeunte scandalo?

 

«Il proibizionismo e la lotta alle droghe hanno fatto più male che bene… Per anni, la mia Open Society Foundation ha supportato programmi di riduzione del danno come lo scambio di siringhe…» George Soros

Negli anni Novanta si bisbigliava che a produrla fossero le stesse farmaceutiche: del resto, come l’eroina fu inventata e commercializzata dalla Bayer, l’ecstacy, o MDMA – cioè la droga principalmente consumata con la musica elettronica – fu sintetizzata dalla Merck. Non c’è prova del fatto che Big Pharma produca oggi queste droghe e le smerci sottobanco: si tratta di una sorta di cospirazionismo drogastico-farmaceutico, che si diffonde tra le chiacchiere notturne di ragazzini storditi.

 

Tuttavia, ci sono invece prove del fatto che nel traffico di pastiglia siano attivi cittadini di un determinato Paese mediorientale, lo Stato di Israele.

 

Il quotidiano francese Liberation scriveva il 23 luglio 2001 che la mafia israeliana «ha dirottato il mercato delle droghe sintetiche». L’11 agosto dello stesso anno, anche Le Figaro confermava che «l’Ecstasy è il campo di caccia privato del sottobosco criminale israeliano».

 

«Gli Israeliani sono al centro del commercio dell’ecstasy» scrive il 1 novembre 2009 Haaretz analizzando un documento dello U.S. State Department. «Negli anni recenti, il crimine organizzato israeliano, con qualche legame presso le organizzazioni criminali della Russia, hanno preso controllo della distribuzione della droga in Europa, secondo un documento del Bureau for International Narcotics and Law Enforcement Affairs». Lo stesso documento mostra pure come «gruppi criminali israeliani hanno le mani sulla distribuzione di ecstasy in Nordamerica»

 

Grazie alla multinazionalità israeliana – i cittadini dello stato ebraico hanno in genere più di un passaporto, e legami con USA, Russia, Europa – la rete di traffico messa in piedi dagli israeliani e vastissima e profonda

 

Sono coinvolte diverse famiglie, coinvolte in faide con autobombe, esecuzioni,  e omicidi vari.

 

Una delle principali famiglie, Abergil sono oggetto negli USA di ogni capo di imputazione: assassinii, riciclaggio, estorsioni, frode, controllo di casinò illegali, collusione con una gang di Latinos (i Vineland Boyz) nella sua guerra criminale contro un cartello di rivali messicani.

«Gli Israeliani sono al centro del commercio dell’ecstasy» scrive il 1 novembre 2009 Haaretz

 

L’Olanda è uno degli snodi principali per gli israeliani, con milioni di pasticche spedite ovunque, dall’Europa a ogni Stato degli USA.

 

Perfino in luoghi dove i tentacoli della diaspora non dovrebbero arrivare compaiono kapò dello smercio israeliano di metanfetamina: nel settembre del 2000, la polizia giapponese arresta un cittadino israeliano per lo smuggling di almeno 25.000 pastiglie su suolo nipponico.

 

Se non credete alla vastità del fenomeno, è sufficiente rammentare il caso del ministro Gonen Segev, un pediatra della zona di Haifa che fu non solo deputato alla Knesset (il parlamento israeliano), ma pure ministro dell’energia e delle infrastrutture  1995 sia sotto il governo di Yitzhak Rabin e sotto il successivo governo presieduto da Shimon Peres. Non un politico qualsiasi: si considera che il suo voto fu fondamentale per il passaggio degli accordi di Oslo presso la Knesset.

 

Ebbene, nel 2004 l’ex-ministro di Tel Aviv viene arrestato all’aeroporto di Amsterdam mentre si imbarca su di un volo per Israele. Dice alle autorità aeroportuali che quelle pillolette colorate che gli hanno trovato siano delle M&Ms, avete presente, i variopinti cioccolatini che piacciono ai bambini. Invece erano migliaia e migliaia di pasticche di ecstasy.

 

Non fermare il rave, indirettamente, corrisponde al non fermare questa marea di psicofarmaci illegali che infiltrano il cervello della nostra gioventù

Insomma, l’onorevole, già ministro di un Paese che dispone di almeno 200 testate atomiche non dichiarate», trasportava ecstasy in quantità.

 

Ora, sarebbe bello capire quali percorsi hanno seguito le pastiglie consumate per istupidire e tenere in piedi i 10 mila raver del viterbese. Sarebbe bello sapere questo, e tante altre cose.

 

Del resto, attraverso i confini italiani, con gli ultimi governi, sono entrati milioni di clandestini – figuriamoci dunque quante pasticchette potrebbero essere passate.

 

Non fermare il rave, indirettamente, corrisponde al non fermare questa marea di psicofarmaci illegali che infiltrano il cervello della nostra gioventù.

 

E chi si droga ad una festa d’estate con psicofarmaci legali, mai dirà di no a quelli legali, soprattutto in annate in cui il lockdown ne ha moltiplicato il consumo – in perfetta legalità civile ed etica medica.

Per noi, da dovunque la si guardi, si tratta di un unico fenomeno, una vera catastrofe cerebrale generazionale, con i ragazzi trasformati sempre più consapevolmente in zombie assuefatti a sostanze sintetiche.

 

Altro che «riduzione del danno».

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

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