Economia

Deindustrializzazione al galoppo: BASF taglia 2.600 posti di lavoro

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BASF, il più grande produttore chimico al mondo, ha annunciato un taglio di 2.600 posti di lavoro a causa degli alti prezzi dell’energia e della ridotta domanda.

 

Due terzi dei tagli sono in Germania. Due impianti di ammoniaca nel luogo di produzione centrale a Ludwigshafen, in Germania, saranno chiusi.

 

Saranno chiusi anche gli impianti di fertilizzanti associati.

 

«Lo strisciante addio alla Germania come sede d’affari», ha titolato la testata tedesca Die Welt. Mentre i sindacati si preoccupano di trovare nuovi posti di lavoro per i lavoratori licenziati, l’opposizione locale del partito democristiano CDU dice che è colpa di Putin.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate la BASF e il grande produttore di acciaio tedesco ThyssenKrupp avevano avvertito che senza una fornitura sufficiente di gas naturale, le loro fabbriche potrebbero essere costrette a rimanere inattive o chiudere completamente e potrebbero anche subire danni tecnici.

 

A novembre 2021 la BASF aveva annunciato la chiusura della produzione di fertilizzanti con ammoniaca in Belgio e Germania, a tempo indeterminato. Ciò è andato ad influire anche sulla produzione di additivo per carburante diesel a base di ammoniaca, AdBlue.

 

Lo scorso 26 luglio, la BASF dichiarava la riduzione della la produzione di prodotti a base di gas naturale come materia prima. Ciò includeva l’ammoniaca, che è importante per i fertilizzanti, nonché per la plastica e altri beni, in particolare il diesel detto DEF, un altro prodotto necessario alle Nazioni (il trasporto merci avviene per lo più con questo tipo di combustibile) colpito in modo totale dalle sanzioni antirusse.

 

Il tema della deindustrializzazione è oramai in Germani discusso apertamente sui giornali.

 

 

 

 

 

 

Immagine di Gewetz via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

 

 

 

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