Pensiero

Darja, figlia nostra

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Chi di noi, padri e madri in questa era di pazzia, non si è immedesimato nell’Aleksandr Dugin di quello scatto terribile e terribilmente umano che lo ritrae ritto, con le mani nei capelli, davanti al rogo che gli ha portato via la figlia. A chi di noi, esseri rimasti umani in quest’era di barbarie, non si è gonfiato il cuore di dolore davanti alle immagini di tanta codarda crudeltà.

 

Non credo fosse il padre la vittima designata, e mancata, dell’attentato di Mosca. Con la morte, gli sarebbe stata risparmiata una sofferenza indicibile per il resto dei suoi giorni.

 

Hanno voluto colpire invece il suo bene più prezioso, lasciando lui nel pianto dell’amore senza fine.

 

E così ci hanno avvertiti, tutti, che il loro obiettivo è quello lì: sono i più giovani tra noi, quelli sopravvissuti alla bonifica delle menti e alla sterilizzazione delle anime.

 

Ci hanno avvertiti, anche, di essere dei mostri veri, senza più una molecola, che sia una, di morale e di pietà, fantocci antropomorfi di un mondo in fiamme, programmati per produrre solo devastazione e morte in serie.

 

Dietro di loro – è ciò che più sconvolge – una marea di ominidi striscianti che vomitano liquame a comando nell’arena virtuale, sapendo che, tanto, l’arbitro tifa per loro, qualsiasi schifo emettano. E i pennivendoli, radiovendoli, videovendoli, eserciti di nullità culturali, intellettuali e professionali che, alla fine, rappresentano la prova inconfutabile dello sfacelo occidentale che proprio i Dugin ci hanno raccontato.

 

Nello sgomento che ci ha colpiti inaspettatamente tanto da vicino non si può far altro che alzare gli occhi al cielo, in cerca di cose alte ed eterne che sublimino l’orrore e gli diano il senso che non può non avere.

 

In Russia le cose fatte di spirito vivono ancora. 

 

C’è una patria, da quelle parti, c’è una fede che ne nutre il tessuto e la terra. Ed è questo l’unico impasto che può aiutare a vivere il dolore continuo di una guerra totale, il cui fronte è replicato dentro ogni cuore che ancora batta secondo legge di natura.

 

Quello che i mostri non sanno è che l’uomo non è fatto del suo solo corpo mortale, ma anche di una sostanza immortale e inscalfibile. La forza di questa consapevolezza li fa impazzire, perché sfugge al loro controllo e alla loro smania di distruzione.

 

«Possa – dice il patriarca – il misericordioso Signore del Cielo e della Terra riposare l’anima della Sua serva Darja nei villaggi dei giusti e creare per lei una memoria eterna». 

 

Darja, figlia nostra, anche dall’Italia si leverà per te e per i tuoi cari la preghiera che consola e che salva. 

 

Elisabetta Frezza

 

 

 

 

 

Immagine da Telegram; modificata

 

 

 

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