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Coronavirus e influenza stagionale: basta scempiaggini

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Prima di accingermi a scrivere queste poche righe ho riflettuto a lungo. Sono un illuso, perché penso che le gravidanze delle mamme degli imbecilli a volte lascino tregua, quantomeno nei periodi di quarantena serrata. Pensavo che la stupidaggine de «il COVID-19 è una banale influenza! Ci vogliono manipolare! Prove di totalitarismo!» conoscessero una fine, un limite collegato alla decenza personale.

 

E invece no, vi è ancora chi va ripetendo queste sciocchezze nonostante l’allucinante situazione negli ospedali e nonostante ciò che i dati riportano.

 

Smettetela con la cazzata del paragone fra coronavirus ed influenza

Sono costretto a premettere, per chi non lo sapesse, che sono un operatore sanitario e ho quindi quotidianamente informazioni di prima mano che mi pervengono dall’ospedale piazzato al decimo posto in Italia nella classifica «Best hospitals 2020» della rivista Newsweek. La situazione è tutto fuorché rosea, tutto fuorché leggera. I reparti sono imballati, i pazienti intubati sono anche giovani e la gente muore. Male, da sola, in un contesto a cui nessuno vorrebbe avvicinarsi nemmeno solo per sbirciare ciò che succede.

 

Coronavirus e influenza non sono la stessa cosa, e lo dimostra il fatto che il Sistema Sanitario Nazionale – soprattutto nelle regioni del nord dove i casi di contagio sono maggiori ma dove teoricamente è situata l’eccellenza della sanità italiana – è letteralmente al collasso come mai lo era stato prima.

I reparti sono imballati, i pazienti intubati sono anche giovani e la gente muore

 

Il sistema per ora regge proprio per il semplice fatto che l’epidemia ha colpito maggiormente le tre regioni in cui l’apparato sanitario, nonostante i danni provocati dai tagli degli ultimi dieci anni e dalla mala gestione del governo (e dei governi passati) continua a resistere, con grande fatica e con uno sforzo encomiabile di tutti gli operatori sanitari. Ma per quanto ancora? Sicuramente per poco, visto che le chiese chiuse diventano obitori aperti e i parcheggi per gli arrivi delle ambulanze in emergenza negli ospedali diventano reparti con tanto di posti letto.

 

Ma per qualcuno anche questa è fuffa, perché a dimostrarlo sarebbe un articolo del Corriere della Sera risalente al 2018, dove si tratta il tema del collasso dei reparti di rianimazione a causa dell’influenza stagionale. 

 

Il sistema per ora regge proprio per il semplice fatto che l’epidemia ha colpito maggiormente le tre regioni in cui l’apparato sanitario continua a resistere

Andiamo per grado.

 

I due virus sono certamente parenti stretti: il Covid-19, infatti, fa parte della famiglia dei coronavirus, la stessa della meglio conosciuta come «influenza stagionale». Tuttavia le differenze tra i due agenti patogeni sono enormi. Lo dimostra un grafico elaborato dall’Associazione nazionale biotecnologi italiani, che si basa sui dati pubblicati dalla’Iss e della Protezione Civile sfacciatamente chiari.

 

 

Il confronto tra Covid-19 e influenza è semplicementeimpietoso. Nell’elaborazione si nota infatti come solo nella seconda settimana dalla comparsa dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, la quota dei morti avesse già raggiunto quota 131 contro i soli 29 decessi fatti registrare dall’influenza del 2019 (perlopiù nel suo picco massimo).

Il Covid-19 fa parte della famiglia dei coronavirus, la stessa della meglio conosciuta come «influenza stagionale». Tuttavia le differenze tra i due agenti patogeni sono enormi

 

Il nuovo coronavirus è poi decisamente più virulento e contagioso rispetto all’influenza che siamo abituati a conoscere e per la quale – altro aspetto che nessuno dei grandi statisti della «banale influenza» si applica mai a menzionare  – il nostro organismo ha già gli anticorpi, avendola passata più volte. Il contagio del nuovo coronavirus va invece incontro ad un aumento esponenziale al quale stiamo assistendo ancora in questi giorni, mentre quello dell’ultima influenza del 2019 segue un decorso assai più graduale.

 

Il picco massimo dell’influenza, sempre nel 2019, è arrivato alla quinta settimana dalla sua comparsa. Nell’arco di quei giorni i pazienti morti furono 29, con 93 casi di soggetti ricoverati in terapia intensiva. Il coronavirus, invece, aveva già superato questi valori in appena due settimane: le morti si attestavano già intorno alle 131 unità mentre i pazienti in terapia intensiva erano già arrivati a 351. I numeri oggi parlano chiaro: 21.157 contagi (contando anche quelli guariti), 1441 morti e 1518 persone ricoverate in terapia intensiva. E i numeri rischiano di aumentare sempre di più ogni giorno che passa.

Nella seconda settimana dalla comparsa dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, la quota dei morti avesse già raggiunto quota 131 contro i soli 29 decessi fatti registrare dall’influenza del 2019

 

Ed è proprio partendo dai casi di ricovero in terapia intensiva e della carenza di posti letto in Lombardia che qualcuno ha issato le assurde polemiche nei termini di paragone fra Covid-19 ed influenza stagionale.

 

In particolare molte persone – parecchi anche fra i nostri lettori – ha cercato di dimostrare, facendo riferimento all’articolo apparso sul Corriere della Sera summenzionato, che il problema della carenza dei posti letto in rianimazione esisteva già da prima della comparsa di questa epidemia, e che le persone finivano lì ricoverati anche a causa di complicanze provocate da influenza stagionale.

 

Questa posizione  risulta ora più che mai sconnessa dalla realtà, ovverosia da quei dati reali che ci guardano in faccia. I numeri riportati da questo articolo sventolato a mo’ di oracolo, infatti, parlavano di 48 (quarantotto) malati gravi ricoverati in terapia intensiva in Lombardia a causa del contagio da influenza stagionale. Oggi, in epoca di coronavirus non ancora giunto al picco massimo, i pazienti ricoverati in terapia intensiva in Lombardia sono ben 732 – e fra poche ore saranno già molti di più.

 

48 (quarantotto) malati gravi ricoverati in terapia intensiva in Lombardia a causa del contagio da influenza stagionale nel 2018. Oggi, in epoca di coronavirus non ancora giunto al picco massimo, i pazienti ricoverati in terapia intensiva in Lombardia sono ben 732

La domanda allora sorge spontanea: ma di cosa stiamo parlando? 

 

Se si vogliono criticare i tagli alla sanità che hanno portato a questo grave problema della mancanza dei posti letto in alcuni dei reparti più importanti per la sanità pubblica, i cosiddetti reparti-salvavita, basta lasciare la parola a medici ed istituzioni, che di certo non risparmiano le critiche all’ex ministro alla salute Beatrice Lorenzin, la quale ben pensò di non stanziare più fondi per la rete italiana dell’ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation, una tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in ambito di rianimazione per trattare pazienti con insufficienza cardiaca e/o respiratoria acuta grave potenzialmente reversibile ma refrattaria al trattamento farmacologico e medico convenzionale massimale), una volta finiti i 20 milioni di euro finanziati nel 2009 dall’allora ministro Ferruccio Fazio. Senza ECMO, ventilatori polmonari e respiratori non si salvano vite. 

 

Giorgio Antonio Iotti, a capo della Medicina intensiva del San Matteo di Pavia, allargava le braccia già nel 2018: «I pazienti con polmonite grave e complicazioni importanti determinate dal virus dell’influenza stanno occupando ben un quarto dei nostri 21 posti letto».

 

Si parlava di un quarto dei 21 posti letto, cioè circa 5 posti letto. Rendetevi conto: oggi, in piena epidemia da Covid-19, parlare di 5 posti letto in rianimazione con aggiornamenti quotidiani che solo in Lombardia riferiscono di almeno 50 persone in più al giorno, farebbe decisamente ridere se non ci fosse decisamente da piangere.

 

L’ex ministro Lorenzin ha deciso di stanziare milioni di euro per un piano nazionale di vaccinazioni obbligatorie rivelatosi oggi più che mai inutile giacché, davanti ad una epidemia di un virus sconosciuto  i vaccini non sono serviti a nulla

Alberto Zangrillo, direttore del dipartimento di Emergenza Urgenza del San Raffaele, diceva invece: «La verità è che il ministro Lorenzin non si è preoccupata a livello nazionale di rifinanziare il progetto, mettendo in difficoltà soprattutto la Lombardia, regione sulla quale per l’alto livello dei centri si scarica il lavoro anche delle altre regioni».

 

Come metterlo in dubbio: d’altronde l’ex ministro ha deciso di stanziare milioni di euro per un piano nazionale di vaccinazioni obbligatorie rivelatosi oggi più che mai inutile giacché, davanti ad una epidemia di un virus sconosciuto (i virus sono infiniti ed imprevedibili ma soprattutto – qualcuno lo ricordi alla Lorenzin – non saltano) i vaccini non sono serviti a nulla.

 

Forse sarebbe stato meglio investire quei soldi per irrobustire la Sanità, permettendole di affrontare un’emergenza imprevista e mettendola nelle condizioni di fronteggiare un nemico sconosciuto ed invisibile, più che il morbillo conosciuto, affrontato e passato da intere generazioni di italiani ancora qui a raccontarcelo e invece ora probabilmente sul punto di morte o in rianimazione per Covid-19.

 

Di questi problemi tecnici e politici parliamone finché vogliamo, però fateci un sacrosanto favore: smettetela con la cazzata del paragone fra coronavirus ed influenza.

 

Cristiano Lugli 

 

 

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