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Green pass, Confindustria evoca la dittatura dell’amore (se ci stanno i sindacati)

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Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, interviene al Meeting di CL e fa il punto sull’obbligo vaccinale: forse l’obbligo non si riesce a  metterlo per Legge attraverso il Parlamento, tuttavia – se i sindacati appoggiassero il green pass – si potrebbe di fatto realizzare un l’obbligo più persuasivo di tutti: quello per lavorare.

 

Niente vaccino, niente lavoro. Quindi, niente stipendio – fame.



Anche nel linguaggio ormai si getta la maschera.  Confindustria e i giornali che si occupano della vicenda non si nascondono.

 

Al Meeting di CL  del resto si è avuto l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Matatrella, che ha benedetto l’idea schermandosi dietro alle parole di Bergoglio: «vaccinarsi è un dovere». E, se qualcosa per lo Stato è un dovere, dovrebbe corrispondere giuridicamente a un obbligo.

 

In tal modo vaccinarsi diventerebbe «obbligatorio» a tutti gli effetti: una cosa è non poter andare andare a mangiare al ristorante senza lasciapassare, un’altra cosa è non poter avere reddito, quindi non mangiare del tutto. In un caso si comprimono le libertà personali, nell’altro si arriva addirittura a costringere le persone alla fame.

 

Attualmente questo esito è previsto in alcuni casi tra i sanitari e soprattutto nel personale scolastico: dopo 5 giorni senza green pass scatta la sospensione della retribuzione.



Istituire ll’obbligo vaccinale con una legge attraverso le procedure democratiche in Parlamento – come chiedono i sindacati –  non sarebbe efficace, dice Carlo Bonomi senza giri di parole:

 

«Ma è troppo facile rimandare la palla alla politica. C’è una differenza di posizione tra i partiti che difficilmente potrà farci arrivare ad una legge a breve. Serve quella responsabilità che Papa Francesco ha chiamato “amore” e che il presidente Mattarella ha definito “dovere”». riporta Il Sole 24 Ore.

In altre parole, lo sanno tutti che in Parlamento – che rappresenta per accidens il mandato popolare – non ci sarebbero i voti necessari per approvare democraticamente l’obbligo vaccinale

 


In altre parole, lo sanno tutti che in Parlamento – che rappresenta per accidens il mandato popolare – non ci sarebbero i voti necessari per approvare democraticamente l’obbligo vaccinale.

 

E allora serve scavalcare le procedure democratiche. Ma si può fare solo se i sindacati non si mettono di traverso.

 

Lo spiega benissimo un articolo di Flavia Amabile su La Stampa:

 

«Perché il vaccino non è obbligatorio? Se ne discute ogni giorno di più. Si litiga ogni giorno di più ma per il momento l’obbligo vaccinale è lontano dai tavoli del governo. Al ministero della Salute sarebbero anche favorevoli ma fonti vicine al dicastero fanno capire che non ci sono le condizioni. Per introdurre un obbligo è necessaria una legge che dovrebbe essere votata dal governo e poi dal Parlamento. Sul green pass Draghi è riuscito a ottenere l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio dei ministri ma il decreto è stato travolto da una valanga di emendamenti alla Camera anche da parte della stessa maggioranza. L’esecutivo quindi sa che su una misura ancora più coercitiva come l’obbligo vaccinale difficilmente si troverebbero i numeri in Consiglio dei ministri e ancora più difficilmente in Parlamento».

 

Ora, il motivo opportunistico per cui Confindustria  spinge il green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro può essere duplice: tenere in vita il potere del governo Draghi in cambio di vantaggi (vedi le risorse del Recovery Plan) e togliere al Governo eventuali appigli per andare in lockdown nei prossimi mesi. Non vogliono subire ulteriori danni economici con eventuali blocchi e cercano di imbrigliare il Governo Draghi-Speranza.



E, domandiamoci, come pensa Confinsutria  – sbagliando – di imbrigliare il Governo supportando  l’obbligo vaccinale?

 

Siccome sanno che in Paesi ipervaccinati come Israele si annuncia la necessità di ulteriori confinamenti poiché i vaccini non funzionano come ci si aspettava, allora imporre l’obbligo del vaccino a tutta la popolazione renderebbe più difficile al Governo annunciare altri lockdown. Un’idea che deve sembrare particolarmente intelligente agli strateghi di Confindustria.

Per difendere i propri interessi da entrambe probabilmente ritiene razionale avallare l’obbligo vaccinale extra-parlamentare

 

«Il governo ci ha obbligato al vaccino e poi ci mette in ancora in lockdown?» si domanderebbe  nel caso anche l’italiano più ottuso, rendendo la scelta meno praticabile per il Governo. Almeno questo è quello che verosimilmente pensa Confindustria. L’obbligo vaccinale come un’assicurazione sulla vita economica.



Sullo sfondo ci sono anche altre due temi che Confindustria può barattare col Governo: lo sblocco dei licenziamenti (che potrebbe non essere irreversibile, tanto meno in caso di ulteriori lockdown) e l’idea di sanzionare le aziende che vanno all’estero per evitare ulteriori lockdown. Tutti temi portati avanti dal Ministro del Lavoro Orlando, che pare stare su posizioni di economia politica prossime al maoismo.

 

Nella  pratica Confindustria – di fronte alle diverse correnti del Governo Draghi –  vede i propri interessi contesi  tra l’area totalitarista sanitaria di Speranza (quella che non ti fa lavorare) e quella sindacalista di Orlando (quella che ti fa pagare anche se non lavori).

 

Per difendere i propri interessi da entrambe probabilmente ritiene razionale avallare l’obbligo vaccinale extra-parlamentare. Il termine più adeguato per definire questa prassi però è uno solo: coercizione.



L’ultima speranza per la tenuta della democrazia parlamentare sta nel fatto che i moventi per cui oggi Confindustria avalla l’obbligo vaccinale extra-parlamentare, sono opposti a quelli che i sindacati chiederebbero per supportare a loro volta l’obbligo vaccinale.

 

C’è ancora una possibilità che il cerchio non si chiuda.


 

Gian Battista Airaghi

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