Bioetica
Cliniche abortiste condannate per «falsa pubblicità» in Ispagna
Il 14 settembre 2022 la Corte Suprema spagnola ha confermato la sentenza emessa nel gennaio 2020 dal Tribunale Provinciale di Oviedo che condanna l’Associazione delle Cliniche Accreditate per l’Interruzione Volontaria della Gravidanza (ACAI) per «falsa pubblicità».
Infatti, spiega il sito Gènéthique , l’associazione di queste cliniche dichiara sul proprio sito che «l’interruzione della gravidanza è un’operazione che non lascia conseguenza». L’ACAI, che riunisce la maggior parte dei centri abilitati all’aborto, dovrà quindi farsi carico delle spese del procedimento e pubblicare sul proprio sito la sentenza della Cassazione.
L’Alta Corte spagnola si è schieraata così con la Fondazione spagnola dei giuristi cristiani, Abogados Cristianos, che denunciava l’ACAI per aver nascosto alle donne le possibili conseguenze di un aborto.
In risposta a una delle domande più frequenti sul suo sito, l’ACAI ha dichiarato: «L’interruzione della gravidanza è un’operazione che non lascia conseguenze, quindi quando rimani incinta, sarà come se non avessi mai abortito prima».
«Non c’è nemmeno il rischio di sterilità legato a uno o più aborti. L’aborto è la procedura chirurgica più comune in Spagna che non lascia conseguenze e l’incidenza di complicanze è molto bassa»,
Un aborto non è mai senza conseguenze
«Finalmente la giustizia è stata fatta«, ha esultato Polonia Castellanos, presidente di Abogados Cristianos. «Questa organizzazione, per avidità, ha mentito a molte donne incoraggiandole ad abortire come se fossero al sicuro da gravi conseguenze», continua.
E, «vista la gravità della sentenza», il presidente di Abogados Cristianos invierà la sentenza a tutti i dipartimenti sanitari della Spagna «affinché risolvano qualsiasi contratto con i centri abortisti interessati».
Ha anche esortato il ministro per le Pari opportunità, Irene Montero, «a fare una dichiarazione su questa sentenza che condanna i centri per l’aborto per aver mentito alle donne» e chiede «la rimozione di sussidi e denaro pubblico a queste aziende».
Sul sito di Gènéthique, Claire de la Hougue, dottoressa in giurisprudenza, avvocato al foro di Strasburgo e ricercatrice associata presso l’ECLJ (Centro europeo per il diritto e la giustizia), spiega la realtà dolorosa, troppo spesso nascosta, dell’aborto.
«Oltre a una serie di complicazioni immediate di varia gravità, l’aborto aumenta il rischio di parto prematuro in una gravidanza successiva e di cancro al seno, secondo vari studi. Altri studi indicano che il rischio di morte delle donne che abortiscono rispetto a quello delle donne che hanno partorito è notevolmente aumentato, indipendentemente dalla causa della morte».
«Soprattutto, continua, le conseguenze sulla salute mentale sono alte. Ansia, incubi, dipendenze, depressioni e suicidi sono notevolmente più frequenti tra le donne che hanno abortito e, ad un altro livello, anche la percentuale di coppie che si separano è molto alta».
Un giudizio esplicito
La sentenza del Tribunale provinciale delle Asturie ha ritenuto la risposta iniziale «ingannevole e fuorviante per i pazienti» e «il Tribunale ha ordinato all’ACAI di pubblicare le parti rilevanti della sentenza sul proprio sito web per sei mesi».
Dopo «l’esame delle prove raccolte» prodotte da «periti e testimoni invitati dagli attori», il tribunale ritiene «che nessuna procedura di chirurgia ginecologica è innocua» e «che è dimostrato che il danno psicologico è comune e che l’infertilità e altri disturbi può influenzare il sistema riproduttivo femminile». (…)
«Sebbene i danni fisici (come la perforazione dell’utero) siano statisticamente molto rari, i rischi di sofferenza psicologica e problemi familiari sono facilmente identificabili», ha affermato la corte.
La sindrome post-aborto, la depressione e gli impulsi suicidi sono «molto spesso osservati dagli esperti». Inoltre, «l’aborto è seriamente sospettato di essere la fonte dell’aumento del rischio di cancro al seno nel primo mese successivo all’aborto».
“Sorprendentemente, sottolinea la sentenza, gli imputati non hanno prodotto alcun elemento di prova per difendere la veridicità della loro affermazione circa l’innocuità dell’aborto», mentre «secondo l’articolo 217.4 del codice di procedura civile spagnolo, nei procedimenti di concorrenza sleale e pubblicità , l’onere della prova spetta al convenuto che deve provare che la sua pubblicità è corretta e mostrare i dati materiali su cui si basano le affermazioni».
Il quale «supponiamo che non abbia potuto produrre alcun documento a sostegno delle sue affermazioni».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news
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