Guerra cibernetica

Attacco cibernetico cinese a Guam. Era Taiwan il vero obiettivo?

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Durante l’isteria per il pallone sonda cinese che volava sullo spazio aereo degli USA pochi mesi fa, un’altra tensione tra Washington la Repubblica Popolare  emergeva improvvisamente: un possibile attacco cibernetico contro sistemi militari USA di stanza a Guam, l’isola del Pacifico che è territorio e base militare degli Stati Uniti – e non solo lì.

 

Le agenzie di Intelligence americane e Microsoft hanno rilevato un misterioso codice informatico nei sistemi di telecomunicazione a Guam e altrove negli Stati Uniti.

 

Il codice, che secondo Microsoft è stato installato da un gruppo di hacker del governo cinese, ha sollevato allarmi perché Guam, con i suoi porti nel Pacifico e la vasta base aerea americana, sarebbe stata il fulcro di qualsiasi risposta militare americana a un’invasione o al blocco di Taiwan, riporta il New York Times.

 

L’operazione è stata condotta con grande discrezione, a volte passando attraverso router domestici e altri comuni dispositivi di consumo connessi a Internet, per rendere l’intrusione più difficile da tracciare.

 

Il codice è chiamato «web shell», in questo caso uno script dannoso che consente l’accesso remoto a un server. I router domestici sono particolarmente vulnerabili, in particolare i modelli meno recenti che non dispongono di software e protezioni aggiornati.

 

A fine maggio Microsoft ha pubblicato i dettagli del codice che consentirebbero agli utenti aziendali, ai produttori e ad altri di rilevarlo e rimuoverlo.

 

In un comunicato coordinato, la National Security Agency (NSA, l’agenzia dedicata alle intercettazioni e alla guerra cibernetica) – insieme ad altre agenzie nazionali e ai servizi dei cosiddetti «Five Eyes» (Australia, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Canada) – ha pubblicato un avviso di 24 pagine che faceva riferimento alla scoperta di Microsoft e offriva avvertimenti più ampi su un «gruppo di attività recentemente scoperto» dalla Cina.

 

Microsoft ha chiamato il gruppo di hacker «Volt Typhoon» e ha affermato che faceva parte di uno sforzo cinese sponsorizzato dallo stato mirato non solo a infrastrutture critiche come comunicazioni, servizi elettrici e del gas, ma anche operazioni marittime e trasporti.

 

Le intrusioni sembravano, per ora, essere una campagna di spionaggio, scrive il NYT. «I cinesi potrebbero utilizzare il codice, progettato per perforare i firewall, per consentire attacchi distruttivi, se lo desiderano».

 

Finora, afferma Microsoft, non ci sono prove che il gruppo cinese abbia utilizzato l’accesso per attacchi offensivi. A differenza dei gruppi russi, l’Intelligence cinese e gli hacker militari di solito danno la priorità allo spionaggio.

 

«In alcune interviste, i funzionari dell’amministrazione hanno affermato di ritenere che il codice facesse parte di un vasto sforzo di raccolta di intelligence cinese che abbraccia il cyberspazio, lo spazio esterno e, come hanno scoperto gli americani con l’incidente del pallone, l’atmosfera inferiore» continua il NYT.

 

La Cina non ha mai riconosciuto l’hacking nelle reti americane, nemmeno nel più grande esempio di tutti: il furto di file di autorizzazione di sicurezza di circa 22 milioni di americani – inclusi sei milioni di set di impronte digitali – dall’Office of Personnel Management durante l’amministrazione Obama. Tale esfiltrazione di dati aveva richiesto la maggior parte dell’anno e aveva portato a un accordo tra il presidente Barack Obama e il presidente Xi Jinping, a cui sarebbe seguito, in teoria, un breve calo dell’attività informatica cinese dannosa.

 

Tre settimane fa la Cina ha inviato un avvertimento alle sue società affinché siano attente all’hacking americano. E ce n’è stato anche in abbondanza: nei documenti rilasciati da Edward Snowden, l’ex N.S.A. appaltatore, c’erano prove degli sforzi americani per hackerare i sistemi di Huawei, il gigante cinese delle telecomunicazioni, e obiettivi militari e di leadership. Le reti di telecomunicazioni sono obiettivi chiave per gli hacker e il sistema di Guam è particolarmente importante per la Cina perché le comunicazioni militari spesso si appoggiano sulle reti commerciali.

«In questo caso, è stato il focus su Guam ad attirare in particolare l’attenzione dei funzionari che stanno valutando le capacità della Cina – e la sua volontà – di attaccare o soffocare Taiwan» conclude il quotidiano di Nuova York. «Xi ha ordinato all’Esercito popolare di liberazione di essere in grado di conquistare l’isola entro il 2027. Ma il direttore della CIA, William J. Burns, ha fatto notare al Congresso che l’ordine “non significa che abbia deciso di condurre un’invasione”».

 

Nelle decine di esercitazioni condotte dagli USA negli ultimi anni per mappare come potrebbe avvenire l’attacco ai Taiwan, una delle prime mosse anticipate della Cina sarebbe quella di interrompere le comunicazioni americane e rallentare la capacità di risposta degli Stati Uniti. Quindi le esercitazioni hanno previsto attacchi alle comunicazioni satellitari e terrestri, specialmente intorno alle installazioni americane dove verrebbero mobilitate le risorse militari.

 

E «niente è più grande di Guam, dove la base aeronautica di Andersen sarebbe il punto di partenza per molte delle missioni dell’aeronautica per aiutare a difendere l’isola, e un porto della Marina è fondamentale per i sottomarini americani».

 

La rivelazione da parte di Microsoft riguardo a hacker cinesi nell’infrastruttura USA risale a fine maggio. Sei mesi fa, un attacco cibernetico ritenuto provenire dalla Cina aveva colpito istituzioni accademiche sudcoreane.

 

Come riportato da Renovatio 21, a novembre 2022 la Cina si è opposta con veemenza al coinvolgimento del Giappone nella Difesa cibernetica NATO.

 

A maggio dell’anno passato la Corea del Sud è diventata il primo stato membro asiatico del Centro di eccellenza per la difesa informatica cooperativa (CCDCOE) della NATO, cioè il comando per la guerra cibernetica del Patto Atlantico. I due Paesi asiatici che ospitano basi militari USA hanno così voluto cioè far parte del comando per la guerra cibernetica del Patto Atlantico.

 

Da sottolineare il coordinamento di Microsoft con le forze USA e, parrebbe, anche con la NATO.

 

Come riportato da Renovatio 21, allo scoppio del conflitto ucraino, il Threat Intelligence Center di Microsoft (centro per la raccolta dati sulle minacce) aveva  dato avvertimento di un malware di tipo «wiper» – cioè che cancella tutto – mai visto prima che è apparso rivolto ai ministeri del governo e alle istituzioni finanziarie di Kiev.

 

 

 

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