Vaccini
Vaccinazione forzata nel piano pandemico della Nuova Zelanda
La Nuova Zelanda ha varato un nuovo piano pandemico nel quale è prevista quella che de facto è la vaccinazione forzata.
Secondo quanto è possibile leggere dal documento reso pubblico, il nuovo piano pandemico neozelandese prevede iniezioni forzate mentre si viene trattenuti dalla polizia.
Tutte le misure obbligatorie saranno autorizzate dallo Stato, compresa la possibilità di imprigionare, isolare o mettere in quarantena, la possibilità di prescrivere cure preventive, la possibilità riservata ai membri della polizia di fare tutto ciò che è ragionevolmente necessario, compreso l’uso della forza, la possibilità di limitare della circolazione delle persone in entrata o in uscita da un’area e di limitare i viaggi all’interno o all’esterno della Nuova Zelanda.
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A pagina 122 del documento si legge che le «azioni specificate nel presente piano nei confronti di persone fisiche, imprese o altri enti che prevede la possibilità di adottare misure coercitive devono essere autorizzato per statuto. Altrimenti l’azione potrebbe essere illegittima e, in particolare, potrebbe esserlo contrario al Bill of Rights Act della Nuova Zelanda del 1990».
Oltre alla vaccinazione forzata, fa qui capolino anche il lockdown, anch’esso implementabile con la forza.
Le misure di obbligo dettagliate nel documento del governo includono:
- L’obbligo per le persone di «sottoporsi a test, screening o vaccinazione (possono includere arrivi in Nuova Zelanda)»
- La possibilità di «mettere in quarantena o isolare le persone (ovvero, sostenere le persone potenzialmente esposte e quelle con la malattia in una struttura di quarantena o di trattamento/isolamento (o a casa) o vietando loro di lasciare una particolare struttura/abitazione)»
- La possibilità di «limitare la circolazione delle persone all’interno o all’esterno di un’area»
- Il potere di «limitazione dei viaggi (all’interno o all’esterno della Nuova Zelanda)»
- La possibilità di imporre l’obbligo di fornire informazioni per la valutazione del rischio o il tracciamento dei contatti (ad es.
piani di viaggio futuri o cronologia dei viaggi passati)
- la possibilità di obbligare le persone «a sottoporsi a trattamento preventivo»
- La possibilità di un «obbligo per le persone di non recarsi al lavoro o in altri luoghi pubblici o di recarsi solo a tal fine
a determinate condizioni»
- La «requisizione di risorse (ad esempio, terreni, edifici o veicoli)».
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Altre leggi descritte come coinvolte dal documento che «contengono disposizioni rilevanti per la gestione di una pandemia» includono:
• «I regolamenti sanitari (malattie infettive e soggette a denuncia) 2016».
• «Il Regolamento sanitario (sepoltura) del 1946»
• «I regolamenti sanitari (quarantena) del 1983»
• «Il Regolamento sulla Cremazione 1983
• «L’Health Practitioners Competence Assurance Act del 2003»
• Il Medicines Act del 1981 (e i regolamenti adottati ai sensi di tale legge)
• La «legislazione specifica per l’evento che potrebbe essere emanata, come quellala sanità pubblica COVID-19
Legge sulla risposta 2020»
• «Il Pae Ora (Healthy Futures) Act 2022.g, terreni, edifici o veicoli».
Colpisce certamente, oltre alle legislazioni di quarantena, il riferimento a quelle che riguardano la cremazione dei cadaveri.
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Uno schema riprodotto a pagina 44 mostra che le misure obbligatorie potrebbero essere possibili anche nel caso di un evento di impatto medio.
A pagina 69 è descritta come una delle «decisioni chiave» il «mettere in atto ordinamenti giuridici/regolamenti specifici per ogni evento obbligatorio richiesto, compresi i test prima della partenza; certificati di vaccinazione; e sistemi per applicazione, violazione ed esenzioni».
Parimenti, un’ulteriore «decisione chiave» è considerata il «predisporre l’autorizzazione all’uso dei poteri speciali e l’avviso di epidemia, oppure su misura
legislazione per i requisiti obbligatori, se necessario», nonché l’«implementare consigli o mandati per limitare le riunioni pubbliche, a seconda dei casi».
La Nuova Zelanda ha una lunga storia di politiche pandemiche folli.
A fine ottobre 2022 lo NZSIS, l’Intelligence per la sicurezza nazionale, aveva pubblicato la «prima guida per identificare segni di estremismo violento». In fondo alla pagina web di presentazione vi erano tutti i recapiti per la delazione: i dissidenti politici, cioè i dissidenti pandemici, erano apertamente indicati come «terroristi» riguardo ai quali il cittadino onesto e vaccinato doveva fare la spia.
Sviluppi simili non possono costituire una sorpresa nel Paese dove la leader goscista Jacinda Ardern, immancabilmente legata al WEF di Davos, aveva dichiarato con tranquillità che l’obbligo vaccinale avrebbe creato una società a due livelli, con una seria A formata quindi da cittadini vaccinati e la serie B formata da bambini non vaccinati.
In altre occasioni aveva proclamato che «non ci sarà una fine al programma di vaccinazione». Già nel 2020 fa erano state segnalate in Nuova Zelanda le «strutture di quarantena» per i contagiati COVID e per i loro famigliari.
Come riportato da Renovatio 21, la Ardern è riuscita a mettere in lockdown la popolazione anche per un singolo caso. Il grottesco totale si raggiunse quando la premier chiese ai cittadini di non parlare con i vicini. Alla riapertura, fece scalpore la sua dichiarazione riguarda alla possibilità di fare «incontri intimi fino a 25 persone»: orge sì, chiacchiere con i parenti no.
A luglio 2022, in un involontario riferimento diretto a 1984 di George Orwell, la Ardern era arrivata a dire che il cittadino deve considerare come «unica fonte di verità» il suo governo: «a meno che tu non lo senta da noi, non è la verità…scartate qualsiasi altra cosa».
La Ardern in seguito ha bruscamente lasciato le redine del Paese, e ora si dedicherebbe, guarda caso, a combattere la disinformazione online.
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Come riportato da Renovatio 21, la vaccinazione forzata e l’uso del confinamento non erano un tabù già nei piani pandemici canadesi di 15 anni fa, quando si parlava pure di braccialetti elettronici e di lockdown spietati – e nel documentario dove tutto questo era previsto a parlare è la medesima «esperta» che ha in mano ancora oggi la questione epidemica canadese, la dottoressa Theresa Tam.
La vicina Australia invece durante il biennio COVID ha concretizzato incredibilmente l’istituzioni di veri di campi di concentramento pandemici, lager del XXI secolo che ci è difficile dimenticare.
Se all’inizio essi servivano per i positivi al test da tenere in quarantena (con le persone molestate se non portavano la mascherina anche fuori dalla propria casa), in seguito si parlò anche della possibile detenzione dei non vaccinati.
Secondo sondaggi, l’accettazione di campi di concentramento per non sierati era alta fra gli elettori del Partito Democratico USA ed era stata testata, come se fosse un quesito tra i tanti, anche da un giornale scozzese.
Come riportato da Renovatio 21, episodi di vaccinazione COVID forzata si sarebbero avuti in villaggi del Ruanda del celebrato sempiterno presidente Paul Kagame.
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