Gender
Un dipendente del Vaticano afferma che la «lobby gay» esercita un’enorme influenza su Bergoglio
Un dipendente del Vaticano frustrato ha affermato che papa Francesco sta dando la preferenza alla «lobby gay» quando si tratta di prendere decisioni.
In un’intervista anonima al settimanale Panorama, un membro del sindacato vaticano ha lamentato non solo il fatto che i colleghi siano insoddisfatti della presunta gestione finanziaria del papato di Bergoglio, ma anche che quest’ultimo dia una forte preferenza a coloro che sono a favore dell’agenda omotransesessualista.
«Scatti di carriera bloccati tranne se sei amico di una delle due lobby che contano» dice l’impiegato frustrato. «La prima è quella dei gay, estesa e potentissima, la seconda è il “club di Santa Marta” che fa da cintura al papa».
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«Per entrarci non devi leggere giornali di centrodestra, devi parlare spagnolo perché il latino è la lingua della tradizione che va abolita. Devi essere green, pro-migranti e soprattutto pro-Palestina. Per loro il venezuelano Nicolas Maduro è un santo e Donald Trump il diavolo. E devi stare attento ai cambiamenti, repentini, di umore e di opinione di Bergoglio».
«Forse allora lo stipendio aumenta» dice con amarezza il lavoratore vaticano. «Il risultato è che oggi fanno fatica a trovare personale qualificato. Per risparmiare hanno chiesto straordinari a suore e sacerdote: non li pagano però fanno “dumping” sul nostro lavoro».
Riguardo la forza della lobby gay nel papato Bergoglio vi sono oramai elementi di autoevidenza assoluta. A partire dalla prima «apertura», quella fatta nel 2013, appena eletto al Soglio, sull’aereo che lo riportava a casa dal viaggio apostolico in Brasile: «chi sono io per giudicare un gay». La frase, che mandò in solluchero i progressisti di tutto il mondo, era in realtà la risposta ad una giornalista, Ilze Scamparini, che gli chiedeva conto di un monsignore molto vicino a Bergoglio definito in quei giorni sulla copertina de L’Espresso «Il prelato della lobby gay». L’articolo del vaticanista Sandro Magister dava conto di scandali immensi, che il gesuita argentino silenziò con questa uscita clamorosa.
Proprio questo mese Francesco ha nominato 21 nuovi cardinali, tra cui il sacerdote domenicano pro-LGBT padre Timothy Radcliffe. Francesco ha anche elevato il profilo pubblico del sacerdote gesuita pro-LGBT James Martin elogiando ripetutamente il suo lavoro e il suo gruppo. Inoltre, Francesco ha recentemente accolto un eremita transgender residente negli Stati Uniti in Vaticano e ha spesso accolto gruppi di transessuali in Vaticano, oramai una sorta di pattern molto definito.
Si era inoltre parlato di nomine papali filo LGBT al Dicastero per la Dottrina della Fede.
I transessuali hanno inoltre ottenuto dal Sacro Palazzo la possibilità di fare i padrini, cosa che era stata loro negata nel 2015. Suor Jeannine Gramick, in passato censurata dal vaticano per il suo attivismo pro-omotransessualista, a inizio anno aveva ottenuto da Bergoglio una lettera che specificava che i trans «devono essere integrati nella società».
Bergoglio ha anche nominato padre Roberto Pasolini, che ha sostenuto in conferenza una lettura della Bibbia che ipotizza personaggi gay, come predicatore della Casa Pontificia. È stato inoltre detto che per le nomine dei vescovi americani il papa starebbe tenendo conto delle posizioni riguardo alla tematica LGBT.
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L’omotransessualismo bergogliano è tracimato nella pragmatica dei documenti papali e della vita religiosa con l’approvazione della dichiarazione eretica Fiducia Supplicans, che consente ai sacerdoti di impartire benedizioni alle coppie omosessuali. Come noto, il documento fu avversato da diocesi in tutto il mondo, in ispecie nel continente nero. Gli africani che vi si sono opposti sono stati tacciati dal neocardinale Radcliffo di essere sensibili ai danari provenienti da Mosca.
Come ripetuto da Renovatio 21, beata l’ingenuità di chi, per un secondo, ha creduto alla pantomima papale della «frociaggine». Nonostante il pellegrinaggio giubilare omotransessualista venga cancellato d’un tratto dai calendari dell’evento, il fenomeno di Roma che si sposta verso Sodoma, è quindi chiara da un pezzo.
Renovatio 21 anni fa registrò forse il segno più inquietante di questa trasformazione: la celebrazione, nonostante voci mostruose riaffiorate sulla stampa nazionale in quei giorni, di Don Milani. In quel contesto, qualcuno ritiene, si ha qualcosa che va oltre lo sdoganamento di omosessuali e transessuali. Molto oltre.
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Immagine generata artificialmente e ritoccata