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UBS potrebbe licenziare metà della forza lavoro di Credit Suisse

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Il gruppo dell’Unione delle Banche Svizzere, noto come UBS, starebbe pianificando di ridurre di più di metà la forza lavoro di Credit Suisse, la banca che ha acquisito dopo il collasso di qualche mese fa. Lo riporta Bloomberg, citando fonti a conoscenza della materia.

 

Il licenziamento massivo del personale della banca seguirebbe il drastico takeover subito da Credit Suisse da parte di UBS, una megaoperazione bancaria coperta dallo stesso governo di Berna.

 

Secondo una persona a conoscenza degli imminenti licenziamenti che ha parlato con Bloomberg, la metà della forza lavoro di Credit Suisse che sarà lasciata a casa includerebbe banchieri, commercianti e personale di supporto negli uffici di New York, Londra e in Asia, sarà licenziata.

 

Secondo quanto riportato, i sarebbero tre turni, con il primo previsto il mese prossimo e altri due tra settembre e ottobre. La fonte di Bloomberg avrebbe dichiarato che l’organico del Credit Suisse è di circa 45.000 persone. Quando UBS ha rilevato la banca in difficoltà, la sua forza lavoro è balzata a circa 120.000.

 

Ora UBS prevede di tagliare posti di lavoro operare un risparmio 6 miliardi di dollari. Due persone hanno affermato che UBS ridurrà il proprio organico del 30%, ovvero 35.000 lavoratori.

 

Altre fonti avrebbero affermato che il primo round di tagli di posti di lavoro è legato alla «ampia sovrapposizione» nelle operazioni domestiche di entrambe le banche, raccontando poi che UBS spererebbe di mantenere la maggior parte dei banchieri privati ​​di Credit Suisse. Tuttavia, molti hanno già lasciato dalla banca.

 

Il CEO di UBS Sergio Ermotti ha affermato che lo «scenario base» per UBS è mantenere l’unità domestica di Credit Suisse. Le persone si aspettano che le imprese siano completamente fuse.

 

L’impiego nel settore bancario sta affrontando un annus horribilis, con migliaia di licenziamenti tra il 2022 e il 2023. Secondo la giornalista di Bloomberg Vonnie Quinn i licenziamenti bancari sono in crescita e possibilmente sono i peggiori visti dai tempi della crisi finanziaria dello scorso decennio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il collasso del Credit Suisse è seguito a quello delle banche regionali americane come la Silicon Valley Bank.

 

Il salvataggio dell’Istituto di credito elvetico, tramite acquisizione da parte di UBS,  è stato operato grazie alla liquidità fornita a UBS dalla Banca Nazionale Svizzera – cioè dallo Stato elvetico, che ha salvato così la sua principale industria nazionale – un settore che, come noto, ha i suoi lati oscuri.

 

Il salvataggio del Credit Suisse, è stato detto, è stato in realtà un salvataggio dell’intero sistema finanziario euro-americano, Wall Street soprattutto.

 

Due mesi un professore di matematica finanziaria all’Università di Zurigo ha dichiarato provocatoriamente che in realtà il vero governo della Svizzera è il CEO di UBS.

 

La discussione nel Parlamento federale svizzero di una legge di separazione Bancaria stile Glass-Steagall pare essersi arenata.

 

Renovatio 21 ritiene che l’intero collasso bancario in America e in Svizzera (con Deutsche Bank che scricchiola) sia funzionale all’introduzione di una moneta digitale di Stato, la CBDC in caricamento presso quasi ogni ministero delle Finanze del mondo e nelle strutture sovranazionali come FMI, Banca Mondiale o come l’Unione Europea, dove la presidente BCE Christine Lagarde ha confessato che la valuta elettronica europea – l’euro digitale – sarà utilizzato per la sorveglianza.

 

 

 

 

 

 

Immagine di Hadi via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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