Storia

Tito e il Terzo Tempio: la manifestazione filoisraeliana de Il Foglio sotto l’Arco del distruttore del tempio di Gerusalemme

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Il giornale più filoisraeliano d’Italia e forse del mondo tutto, Il Foglio, due giorni fa ha organizzato una fiaccolata a favore di Israele a Roma, sotto l’Arco di Tito.

 

La manifestazione, che ha avuto collegamenti in diretta delle TV nazionali, ha visto parlare il fondatore del giornale Giuliano Ferrara – la cui passione per lo Stato Ebraico è arcinota – e pure il ministro degli Esteri Antonio Tajani: insomma, un evento con i crismi dell’ufficialità repubblicana.

 

Il sito Dagospia, che ha certamente più lettori de Il Foglio nonostante i contributi all’editoria, ha notato, tuttavia, una tremenda incongruenza nella scelta della location: chi conosce un minimo di storia religiosa, o anche solo di storia romana – chi vive a Roma, in teoria, dovrebbe – sa che Tito è visto come un tiranno che sconfisse e saccheggiò il popolo di Israele.

 

 

Nel 70 d.C. Tito arrivò in Palestina sedò la rivolta che quattro anni prima aveva sconfitto le milizie di Roma ristabilendo il suo dominio sulle terre ribelli. La storia parla di un grande eccidio degli ebrei e di una diaspora che, ancora una volta, si scatenò.

 

«Il giorno dell’arrivo di Tito a Gerusalemme è tuttora ricordato nella tradizione ebraica con il giorno di lutto e digiuno denominato Tisha BeAv» ricorda Dagospia.

 

Parliamo di una storia scolpita sulla pietra – proprio dove hanno proiettato la bandiera israeliana (con la Stella di David a coprire SENATVS POPVLVSQUE ROMANVS): un bassorilievo del monumento mostra i soldati romani che escono dal tempio di Gerusalemme portando seco trofei presi agli ebrei, tra cui la Menorah (il candelabro a sette braccia) e delle trombe d’argento. Il saccheggio del luogo più sacro dell’ebraismo è immortalato per sempre proprio lì.

 

«Possibile che né il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, né Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, né Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma, né Marco Carrai, console di Israele, né Riccardo Pacifici, presidente dell’European Jewish Association, tutti presenti alla manifestazione, hanno espresso al fondatore Giuliano Ferrara e al direttore Claudio Cesara che la scelta dell’Arco di Tito era, per così dire, quanto mai inopportuna e disdicevole?» si chiede il sito di D’Agostino.

 

 

Si trattava, invece, di una scelta fatta volontariamente, o anche inconsciamente? Scegliere Tito, a Roma, per ricordare la questione del tempio distrutto?

 

La cosa non sarebbe priva di senso, più che storico, metastorico, e più che politico, metapolitico. Perché riguarda la questione del Terzo Tempio di Gerusalemme, l’ideale messanico ebraico che secondo alcuni è al centro di questo infinito bagno di sangue.

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Il complesso del Tempio di Gerusalemme consisteva in una serie di costruzioni collocate sul Monte del Tempio nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove ora sorge la Cupola della Roccia. Nel corso dei secoli, il Tempio fu ricostruito più volte ed ebbe una grande importanza come luogo di venerazione per gli Israeliti e, in seguito, per gli ebrei che vivevano lì. Questa struttura sacra rappresentava il centro spirituale più significativo dell’ebraismo.

 

Il Tempio di Salomone, noto anche come Primo Tempio, fu costruito secondo la Bibbia dal Re Salomone nel X secolo a.C. Secondo il Talmud, i lavori iniziarono nell’833 a.C. e furono completati nell’826 a.C. Questo Tempio fu completamente distrutto da Nabucodonosor II, il re babilonese, nel 586 a.C., come riportato nella Bibbia (o nel 416 a.C., secondo il Talmud, 410 anni dopo la sua costruzione).

 

Dopo l’esilio babilonese, il Secondo Tempio fu eretto a partire dal 536 a.C. e fu ultimato il 12 marzo del 515 a.C. Durante il periodo del dominio seleucide, il Tempio fu profanato da Antioco IV Epifane, il quale cercò di ellenizzare la Palestina. La sua profanazione portò a una rivolta guidata da Giuda Maccabeo, che riconsacrò il Tempio il 21 novembre del 164 a.C. I Maccabei lottarono per difendere le loro tradizioni e il culto.

 

Successivamente, il Tempio di Erode rappresentò un importante ampliamento del Secondo Tempio, che comprendeva anche una ristrutturazione del Monte del Tempio. Questi lavori furono iniziati da Erode il Grande verso il 19 a.C. e furono completati solo nel 64 d.C.

 

Come raccontato nel Talmud, il Secondo Tempio fu distrutto da Tito, il futuro imperatore romano, nel 70 d.C. (o nel 70 d.C., secondo il Talmud, 420 anni dopo la sua costruzione).

 

Attualmente, l’unica parte rimasta è il muro occidentale di contenimento, conosciuto come il Muro del Pianto.

 

Il concetto del Terzo Tempio è una parte fondamentale del pensiero ebraico, espressa come desiderio religioso nelle preghiere ebraiche per il ritorno e la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme.

 

L’idea del Terzo Tempio rappresenta la speranza ebraica per il ripristino di un centro spirituale significativo nella loro terra sacra, come sottolineato nelle loro pratiche religiose e nelle preghiere.

 

I profeti del Tanakh, l’Antico Testamento ebraico, invocavano la completa costruzione del Tempio prima dell’avvento dell’età messianica. Questa prospettiva è radicata nelle antiche scritture ebraiche, con la speranza che il Tempio di Gerusalemme sarebbe stato restaurato in un momento di redenzione e pace sottolineato dalle profezie.

 

Con la ricostruzione del Terzo Tempio – proprio sulla spianata delle moschee, e in nessun altro luogo – secondo alcune credenze ebraiche, piuttosto diffuse, si avrebbe la manifestazione del messia che gli ebrei, avendo rifiutato Cristo, attendono da millenni.

 

La ricostruzione del Terzo Tempio assume un ruolo di rilievo anche in alcune interpretazioni della escatologia cristiana. Secondo una tradizione che affonda nel Medioevo e continua anche oggi in vari gruppi fondamentalisti protestanti americani, il messia degli ebrei coinciderebbe con l’Anticristo descritto nell’Apocalisse di San Giovanni.

 

Controintuitivamente, ma non troppo, quest’idea motiva molto del supporto a Israele dato dal protestantesimo fondamentalista statunitense: aiutando gli ebrei a difendere Israele, e quindi a costruire il tempo, essi avvicinano l’arrivo dell’Anticristo, e quindi, secondo la Scrittura, la Seconda Venuta di Cristo, che tornerà dopo il Regno di 7 anni del figlio della perdizione.

 

Soprattutto se parliamo di Gerusalemme, basta grattare un pochino per vedere uscire fuori un quadro di guerre apocalittiche.

 

Il ruolo dei cattolici in tutto questo non è, ad oggi, definito – o meglio, non ricordano più dove stavano. Ecco che si spiega anche come il Foglio, quando ne era direttore Ferrara, cercasse di accreditarsi come giornale del cattolicesimo conservatore – con verve intransigente, pro-life, para-tradizionalista – del nostro Paese.

 

La realtà è che anche noi tra le scatole abbiamo ancora la storia del Terzo Tempio. Da qui all’Apocalisse, e oltre.

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Immagine di Egisto Sani via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic

 

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