Cina
Taiwan conferma la presenza delle forze speciali americane
Il personale delle forze speciali statunitensi è di stanza in alcune isole periferiche di Taiwan addestrando le sue forze armate, ha confermato giovedì alla stampa il capo dell’autorità di difesa dell’isola, Chiu Kuo-cheng.
Al funzionario è stato chiesto di confermare le notizie dei media sulla presenza permanente dell’esercito americano a Taiwan a margine di un’udienza legislativa, ha scritto giovedì il sito di notizie Focus Taiwan. Chiu ha affermato che i militari statunitensi stanno addestrando le truppe taiwanesi, aiutandole a identificare i punti deboli e i punti ciechi.
La settimana scorsa, il sito di notizie militari statunitensi Special Operations Forces Report (SOFREP) ha scritto che i «Berretti Verdi» americani sarebbero stati dispiegati a Taiwan per fungere da osservatori permanenti di addestramento e preparare le unità speciali dell’isola. Ciò rappresenta un allontanamento dalla pratica passata che prevedeva visite frequenti ma non permanenti da parte del personale statunitense alle strutture di formazione taiwanesi, afferma il rapporto. Le forze permanenti statunitensi, secondo l’articolo, sarebbero situate sulle isole Kinmen, a soli 10 chilometri dalla Cina continentale.
Pechino considera l’isola autonoma come parte del territorio sovrano della Cina e l’ha ripetutamente messa in guardia dal dichiarare formalmente l’indipendenza. Sebbene Taiwan si governi da sola dal 1949, la maggior parte della comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, non la riconosce ufficialmente come stato sovrano.
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Sebbene gli Stati Uniti non sostengano ufficialmente l’indipendenza di Taiwan, mantengono legami di sicurezza con l’isola. Ai sensi del «Taiwan Enhanced Resilience Act 2022», per «scoraggiare l’aggressione della Repubblica Popolare Cinese (RPC) contro Taiwan», gli Stati Uniti sono autorizzati a spendere fino a 2 miliardi di dollari all’anno in sovvenzioni militari per rafforzare la sicurezza dell’isola fino al 2027.
La Cina continentale ha criticato l’aumento della rotazione del personale militare statunitense sull’isola. Gli Stati Uniti danno sempre priorità ai propri interessi e Taiwan è semplicemente una «pedina» da usare contro la Cina continentale, ha dichiarato mercoledì il portavoce di Pechino, Chen Binhua.
Il Chen ha affermato che «allineandosi strettamente con gli Stati Uniti per portare avanti i cosiddetti programmi di addestramento militare», la leadership politica di Taiwan sta gradualmente «spingendo il popolo di Taiwan in una crisi».
«Qualsiasi tentativo di cercare l’indipendenza attraverso mezzi militari o di fare affidamento su forze esterne per l’indipendenza porterà solo al pericolo e alla fine si tradurrà nell’autodistruzione di Taiwan», ha avvertito.
Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa la tensione nella regione era salita quando il cacciatorpediniere lanciamissili USS John Finn della 7ª flotta USA ha annunciato il transito da sud a nord dello Stretto di Taiwano.
Due mesi fa il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione di Taiwan e della Cina continentale è una «inevitabilità storica», mentre a novembre il Chen Binhua, appena nominato nuovo portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese, aveva avvertito che «l’indipendenza di Taiwan significa guerra».
Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.
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Sinora, lo status quo nella questione tra Pechino e Taipei è stato assicurato dal cosiddetto «scudo dei microchip» di cui gode Taiwan, ossia la deterrenza di questa produzione industriale rispetto agli appetiti cinesi, che ancora non hanno capito come replicare le capacità tecnologiche di Taipei.
La Cina, tuttavia, sta da tempo accelerando per arrivare all’autonomia tecnologica sui semiconduttori, così da dissolvere una volta per tutte lo scudo dei microchip taiwanese. La collaborazione tra Taiwan e UE riguardo ai microchip, nonostante la volontà espressa da Bruxelles, non è mai davvero decollata.
Come riportato da Renovatio 21, il colosso del microchip TSMC ha dichiarato l’anno scorso che la produzione dei microchip si arresterebbe in caso di invasione cinese di Formosa.
I microchip taiwanesi sono un argomento centrale nella attuale tensione tra Washington e Pechino, che qualcuno sta definendo come una vera guerra economica mossa dall’amministrazione Biden contro il Dragone, che riprendono politiche della precedente amministrazione Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr