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Sri Lanka, la rivolta entra nel palazzo. Il presidente è in fuga

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Il presidente dello Sri Lanka Gotabaya Rajapaksa ha annunciato che si sarebbe dimesso nella tarda notte di sabato dopo che migliaia di manifestanti avevano fatto irruzione nella sua residenza ufficiale e nei suoi uffici all’inizio della giornata.

 

Il presidente del parlamento Mahinda Yapa Abeywardena ha detto alla nazione in un annuncio televisivo alla fine di sabato che Rajapaksa si dimetterà mercoledì «per garantire una transizione pacifica».

 

 

 

 

Anche il primo ministro Ranil Wickremesinghe ha dichiarato che sta rassegnando le dimissioni:

 

«Per garantire la continuazione del governo, inclusa la sicurezza di tutti i cittadini, accetto oggi la migliore raccomandazione dei leader del partito, di far posto a un governo di tutti i partiti … Per facilitare ciò mi dimetterò da presidente». Il partito di Wickremesinghe è il Partito Nazionale Unito (UNP), un partito conservatore-liberale ora alleato al governo con il partito della famiglia Rajapaksa, Sri Lanka Podujana Peramuna (SLPP), che è il principale partito del nazionalismo singalese. Il leader del SLPP è ritenuto esser Mahinda Rajapksa, il fratello del presidente Gotabaya, già presidente dal 2005 al 2015. Il Mahinda Rajapksa è stato primo ministro del fratello Gotabaya fino allo scorso 12 maggio.

 

La residenza del primo ministro è stata data alla fiamme dai manifestanti.

 


 

Rajapaksa si è rifugiato in un luogo sconosciuto. Secondo alcuni potrebbe essere una nave della marina.

 


La Costituzione dello Sri Lanka dice che se Rajapaksa e Wickremesinghe si dimettono entrambi, il presidente del Parlamento assumerà il potere per un mese.

 

L’immane protesta è arrivata anche contro la Banca Centrale del Paese

 


Come riportato da Renovatio 21, la crisi economica dello Sri Lanka, divenuta insostenibile, è arrivata alla carenza non solo di carburante (con code che hanno provocati morti) ma perfino di cibo (che hanno causato rivolte) – e questo a causa, è stato detto, di procedimenti di agricoltura «biologica» fatti adottare ai contadini cingalesi. Il Paese era arrivato anche al blackout elettrico.

 

Sul Paese hanno pesato inoltre i prestiti cinesi, stipulati sotto il governo dei Rajapaksa, con colossali progetti infrastrutturali concomitanti.

 

Gotabaya Rajapaksa negli Stati Uniti è indagato per crimini contro l’umanità. L’accusa gli fu notificata nel parcheggio californiano nel 2019. Prima di essere presidente aveva servito come ministro della Difesa sotto la presidenza del fratello Mahinda, durante la fase più atroce della storia del Paese: il finale del conflitto etnico con i Tamil nel nord del Paese (2009).

 

I fratelli Rajapaksa – famiglia saldamente al potere da decenni – sono responsabili dell’immane strage del 2009, considerata la fine della guerra civile contro i separatisti tamil, dette Tigri Tamil o Tigri EELAM. Le accuse di crimini di guerra – di genocidio – non si contano, ma sono state taciute dalla comunità internazionale, da Putin in giù, che stava compatta dietro a Colombo contro le Tigri.

 

Nel maggio 2009, nella «spiaggia del massacro», il teatro della battaglia finale tra l’esercito buddhista e i Tamil, il Times di Londra sostiene vi furono 20 mila vittime civili.

 

 

 

 

 

 

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