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Spartizione di al-Aqsa, la goffa – ma esplosiva – proposta di un parlamentare israeliano

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La geopolitica nota che Gerusalemme è un luogo ad alta intensità sismica, dove tutto può cambiare in qualsiasi momento. Ciò non ha impedito ad Amit Halevi, membro della Knesset del Likud – il partito di destra – di proporre un progetto tanto goffo quanto esplosivo.

 

Il piano è abbastanza semplice: prevede la spartizione del terzo sito più sacro dell’Islam, la moschea di Al-Aqsa. Gli ebrei prenderebbero così il controllo della Cupola della Roccia, sotto la quale si trovano le fondamenta del Tempio di Salomone, lasciando la parte meridionale ai musulmani.

 

Il progetto di Amit Halevi prevede anche di sottrarre al Regno di Giordania l’amministrazione della Spianata delle moschee, prerogativa confermata dallo status quo del 1967 che è la legge in materia.

 

Il deputato del Likud intende infine modificare le procedure di accesso per gli ebrei in visita al Monte del Tempio, consentendo loro di utilizzare tutte le porte, come i musulmani. Perché attualmente i non musulmani possono entrare nella spianata solo attraverso la cosiddetta porta «Mughrabi», e solo durante l’orario di apertura.

 

Come previsto, il progetto ha attirato le ire dell’esecutivo palestinese, il quale promette che «la nazione palestinese resisterà e non accetterà mai tale aggressione, anche se dovrà andare fino all’estremo sacrificio».

 

Da parte sua, il portavoce di Hamas Abdul Latif al-Qanoua ha assicurato che la moschea di Al-Aqsa rimarrà «un luogo sacro esclusivamente musulmano e che il popolo palestinese (continuerà) a difendere la moschea dai piani israeliani di spartizione e giudaizzazione».

 

Un atteggiamento estremo che non è stato smentito dal governo israeliano – attualmente il più di destra della sua storia – e denunciato da diversi mesi dai cattolici.

 

Già nel giugno 2022 mons. William Shomali, vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme, pure aveva denunciato un «movimento per giudaizzare la Città Vecchia» a spese dei cristiani.

 

Più che mai, l’unico piano possibile per la pace resta quello proposto dalla Chiesa cattolica da 60 anni: il riconoscimento del carattere unico di Gerusalemme, il cui accesso deve essere garantito a tutti i culti che vi sono equamente rappresentati.

 

È l’unico modo concreto e realistico per proteggere una minoranza cristiana che lotta per sopravvivere, stretta tra il martello di un ebraismo aggressivo e l’incudine di un islam il cui peso sta crescendo.

 

Fare di Gerusalemme una città aperta è forse la meno cattiva delle soluzioni per evitare un bagno di sangue che sarà sempre più temuto.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

 

Immagine di Godot13 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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