Internet

Social media chiude dopo aver ammesso che il 95% degli utenti erano bot

Pubblicato

il

Il social media IRL sta chiudendo dopo che un’indagine interna ha scoperto che uno sbalorditivo 95% dei suoi utenti era «automatizzato o proveniente da bot». Lo riporta la testata della Silicon Valley The Information.

 

La startup, ad un certo punto, era stata valutata circa 1,2 miliardi di dollari.

 

Secondo quanto riportato il fondatore e CEO dell’app Abraham Shafi ha ripetutamente affermato nel corso di diversi anni che l’app vantava circa 20 milioni di utenti. La società aveva raccolto quasi 200 milioni di dollari da grandi nomi del Venture Capital come, tra gli altri, il Vision Fund di SoftBank e il Founders Fund di Peter Thiel.

 

A seguito di una serie di articoli di inchiesta di The Information, che mettevano in dubbio il numero pubblicizzato di utenti dell’app, il consiglio di amministrazione dell’azienda ha sospeso Shafi e ha avviato un’indagine, rivelando infine che i dati sugli utenti IRL erano quasi completamente falsificati.

 

Di conseguenza, l’app verrà chiusa completamente e il capitale verrà restituito agli investitori.

 

«Sulla base di questi risultati», ha dichiarato a The Information un portavoce di IRL, «la maggioranza degli azionisti ha concluso che le prospettive future della società sono insostenibili».

 

Secondo il sito specializzato Tech Crunch, l’app IRL, che è stata fondata per la prima volta nel 2018, si era autoproclamata come un’app per l’organizzazione di eventi incentrata sulla generazione Z, che dava la priorità alla connessione interpersonale offline.

 

«Se guardi Internet, ci sono così tante ricerche sui social media che creano più separazione e creano più muri e alterità», aveva detto Shafi alla rivista Forbes a ottobre 2022. «Ciò su cui ci concentriamo con IRL (…) è aiutare più persone a stare insieme, diventare amici o costruire una comunità a partire da interessi condivisi. È l’esatto opposto dell’alterità».

 

Sempre secondo Tech Crunch, l’app era oggetto di polemiche già da un po’ di tempo: nell’aprile dello scorso anno, tra le affermazioni di avere abbastanza liquidità per durare fino al 2024, IRL aveva improvvisamente licenziato il 25% della sua forza lavoro, una mossa sorprendente, considerando che la società aveva raccolto 170 milioni di dollari da SoftBank circa un anno prima.

 

Non sono ancora chiare le responsabilità riguardo alla creazione dei bot, profili fasulli gestiti da computer che gonfiano i numeri e le attività delle reti sociali.

 

I bot infestavano Twitter prima dell’arrivo di Elon Musk, che aveva promesso di liberare il social media dagli utenti fasulli e automatizzati oppure di «morire nel tentativo di farlo». Bisogna dire che, pur licenziando l’80% della forza lavoro, il Musk ha ottenuto qualche risultato: i bot che rilanciavano a nostra insaputa i contenuti di Renovatio 21 sono, ad esempio, spariti.

 

Esiste, in Silicon Valley un motto: «fake it to you make it». Fingi finché non sfondi. È esattamente la formula usata da Elizabeth Holmes, ex ragazzina prodigio dietro alla startup di macchinari ematologici Theranos, che aveva intortato tutti, dai grandi storici Venture Capital (come Tim Draper) a enormi nomi dell’establishment americano: i Clinton (che la portavano in palmo di mano), Henry Kissinger (che era nel board), George Shultz (ex segretario di Stato USA: sarà suo nipote a smascherare la Holmes), Larry Ellison (patron di Oracle, tra gli uomini più ricchi del mondo), Rupert Murdoch (che aveva investito molto danaro) e lo spietato avvocato-star dei Democratici David Boies e tantissimi altri, compresi colossi di Big Pharma e la stampa tutta, che a poco più di 19 anni la descriveva come «il nuovo Steve Jobs».

 

La tecnologia che diceva di avere, in realtà, non esisteva: era tutto fake, una sceneggiata portata avanti per anni.

 

La Holmes, si disse, fingeva al punto che anche la sua voce bassa era finta: la utilizzava perché da qualche parte aveva letto che le persone con un tono simile hanno più autorità.

 

L’ex CEO di Theranos è entrata la settimana scorsa in carcere per scontare una condanna a 11 anni di carcere.

 

La sua storia è ben raccontata nella serie TV con Amanda Seyfried The Dropout e nel libro di John Carreyrou del giornalista che svelò l’immane truffa, Una sola goccia di sangue: Segreti e bugie di una startup nella Silicon Valley.

 

 

 

 

PER APPROFONDIRE

Abbiamo parlato di

In affiliazione Amazon.

 

 

 

 

Più popolari

Exit mobile version