Spirito
Serie A ferma per la morte di Bergoglio, ma non per quella di Cristo
Saranno rinviate a domenica le partite di calcio di Serie A programmate per questo sabato, giorno che, si è appreso nelle ultime ore, vedrà i funerali di papa Francesco.
Dopo un tira e molla e tratti imbarazzante, si è deciso che saranno giocate un giorno più tardi Venezia-Milan, Como-Genoa, Inter-Roma, Fiorentina-Empoli, Juventus-Monza, Napoli-Torino. Lunedì 28 aprile vi saranno le partite Udinese-Bologna, Hellas Verona-Cagliari e Lazio-Parma.
Gli spostamenti hanno creato malumori nei club. L’Inter ha dimostrato nervosismo, perché mercoledì prossimo in semifinale di Champions incontra il Barcellona, che nella Liga gioca sabato, e che quindi arriverà al match più fresca. I giornali parlano già di esultanza del tifo catalano, mentre sarebbe partita una lettera formale per modificare l’orario.
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La Lazio si era vista annullare la partita di lunedì di Pasquetta con il Genoa dopo l’annuncio della morte di Bergoglio, ha visto la partita rinviata ad oggi, con volo all’alba. La società diretta dal parlamentare Claudio Lotito ha rilasciato una nota durissima, esprimente «il proprio profondo rammarico in merito alle modalità con cui la Lega Serie A ha gestito la decisione di spostare la gara biancoceleste a Genova».
La condanna laziale della Serie A è univoca: «la Società considera approssimative e poco rispettose le modalità di comunicazione e gestione di tale decisione, la cui inefficienza è risultata evidente e ampiamente riscontrabile, non soltanto dal punto di vista logistico, ma soprattutto alla luce della portata emotiva e spirituale che l’evento straordinario riveste per la nostra città e per ciò che il Club rappresenta».
La S.S. Lazio «non può fare a meno di evidenziare un atteggiamento poco professionale ed ondivago mostrato dalla Lega Serie A nella gestione impari del ricollocamento delle partite. Una mancanza di uniformità che ha generato confusione e alimentato un senso di disparità tra i diversi Club coinvolti».
La questione in realtà è di portata più ampia delle beghe tra squadre ed ente, e riguarda, da vicino, la questione di sport e religione, se non direttamente il ruolo della cristianità nello Stato moderno.
Perché, come noto, durante questa Pasqua si sono giocate ben tre partite: Empoli-Venezia, Bologna-Inter, Milan-Atalanta. Partite con squadre da diecine di migliaia di supporter, più i milioni a casa. In pratica, la massima festa cattolica occupata dalla vera religione civile dell’Italia moderna, il Calcio – mentre giornali, politici, Stato, Chiesa non dicono nulla.
Ne consegue, necessariamente, un corollario difficile da evitare: si può rinviare il campionato di calcio per la morte di papa Francesco, ma non per la morte di Gesù Cristo. Istituzionalmente, sappiamo bene chi è più importante – specie se le istituzioni, di origine massonica come l’Italia unita, sono programmante per essere atee se non anticristiane, e tollerano superficialmente la chiesa cattolica per motivi diplomatici, specie se è quella del beniamino delle logge Giorgio Mario Bergoglio.
Ad ogni modo, il tiritera dell’ora presente tra palloni ed esequie papali fa riaffiorare alla memoria il ricordo di altri funerali di un papa, quelli di Giovanni Paolo II, prima dei quali si consumarono gustose scenette tra potere calcistico e potere politico. Anche all’epoca il campionato si fermò, tuttavia si scoprì come dietro la sospensione vi furono telefonate tra l’allora ministro degli Interni del governo Berlusconi, Beppe Pisanu, e Luciano Moggi, all’epoca dirigente della Juventus ma considerato dominus dell’intero mondo calcistico nazionale.
Il ministro degli Interni, poco prima che il polacco spirasse, chiedeva consiglio a Moggi. «La cosa peggiore è se il Papa morisse un’ora prima della partita, a quel punto si sospendono le partite», dice il ministro, secondo gli audio. Il dirigente Juve lo rassicura sulla reazione del pubblico: «i tifosi capiscono, perché anche i tifosi, la maggior parte almeno, a questo papa ci sono attaccati, quindi non succede niente perché si mettono a piangere, te lo dico io».
Tuttavia, poco dopo la telefonata col ministro, il Moggi chiama l’amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo per specificare il suo allarme per i giocatori infortunati della Fiorentina: «Antonio stavano per sospendere tutta la giornata indipendentemente dalla morte del papa, ora bisogna andare. Perché non è giusto che cominciamo a giocare noi. Noi ci troviamo di fronte una squadra con due infortunati importanti e due squalificati, e così perdi il vantaggio. Oppure si riparte dalla giornata che abbiamo adesso rispetto a infortunati e squalificati, e non va mica bene questa maniera».
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Slittando tutte le partite al turno successivo avrebbe quindi potuto favorire la squadra degli Agnelli. La Lega Calcio avrebbe infatti poi deciso di ripartire il fine settimana successivo dalle partite del turno rinviato. La domanda che ci si pone è quanti, con il potere di Moggi, avrebbero fatto la stessa cosa.
Nell’Italia moderna la morte di un papa, quindi, vale più di quella di Cristo: ma ancor di più vale, in fondo, una partita di pallone.
È questa la drammatica lezione che dobbiamo trarne?
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Immagine di Gilbert Sopakuwa via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0