Pensiero

Seneca contro i covidioti

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Renovatio 21 pubblica queste righe di Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 64 d.C.) dal suo testo De Vita Beata – compilato attorno al 58 d.C. e spesso tradotto in italiano come «Sulla felicità» o «L’arte di essere felici» – che costituisce il VII libro dei suoi Dialoghi. La saggezza plurimillenaria di Seneca, riteniamo, benissimo si attaglia all’ora presente, dove la nazione si meraviglia della demenza dei suoi eletti («Ora, in verità, il popolo, contro la ragione, si fa difensore del proprio male») e la covidiozia impera mentre il gregge privo di guida rischia di travolgere anche chi cerca di fuggirne: «Non c’è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono». Insomma, era vero nell’antica Roma, è verissimo oggi: se volete essere felici, o anche solo salvarvi la pelle, oggi dovete rifiutare di far parte di questo mostruoso blocco di comporamenti emulatorii imposti universalmente alla popolazione, perché «gli esempi altrui sono quelli che ci rovinano; noi invece staremo bene appena ci staccheremo dalla folla». Facciamolo subito

 

 

Gallione, fratello mio, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre.

 

Non c’è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché essi ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti. Questa è la prima cosa da evitare

È infatti così difficile raggiungerla che più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata; e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria, la velocità con cui procediamo rende sempre più distante la nostra mèta

 

Perciò dobbiamo avere innanzitutto ben chiaro quel che vogliamo, dopodiché cercheremo la via per arrivarci, e lungo il viaggio stesso, se sarà quello giusto, dovremo misurare giorno per giorno la strada che ci lasciamo indietro e quanto si fa più vicino quel traguardo a cui il nostro impulso naturale ci porta.

 

È certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c’impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni.

 

(…)

 

E niente ci tira addosso i mali peggiori come l’andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione: di qui tutta questa caterva di uomini che crollano gli unì sugli altri

Non c’è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché essi ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti. Questa è la prima cosa da evitare.

 

E niente ci tira addosso i mali peggiori come l’andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione: di qui tutta questa caterva di uomini che crollano gli unì sugli altri.

 

Quello che accade in una gran folla di persone, quando la gente si schiaccia a vicenda (nessuno cade, infatti, senza trascinare con sé qualche altro, e i primi provocano la caduta di quelli che stan dietro), capita nella vita: nessuno sbaglia solo per sé, ma è la causa e l’origine degli errori degli altri; infatti è uno sbaglio attaccarsi a quelli che ci precedono, e poiché ognuno preferisce credere, piuttosto che giudicare, mai si esprime un giudizio sulla vita, ma ci si limita a credere: così l’errore, passato di mano in mano, ci travolge e ci fa precipitare.

 

Gli esempi altrui sono quelli che ci rovinano; noi invece staremo bene appena ci staccheremo dalla folla.

 

Ora, in verità, il popolo, contro la ragione, si fa difensore del proprio male.

 

Gli esempi altrui sono quelli che ci rovinano; noi invece staremo bene appena ci staccheremo dalla folla. Ora, in verità, il popolo, contro la ragione, si fa difensore del proprio male.

E succede come nei comizi quando, mutato che sia il volubile favore popolare, a meravigliarsi dell’elezione dei pretori sono proprio quelli che li hanno eletti: approviamo e nello stesso tempo disapproviamo le medesime cose; è questo il risultato di ogni giudizio che si dà secondo quel che dicono i più.

 

 

 

 

 

 

Immagine di Stephencdickson via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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