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Scuola, tecnologia cerebrale per controllare i bambini in Cina

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La notizia è dell’anno scorso, ma in questo momento di ridefinizione integrale della scuola italiana – che cambia perfino nei banchi semovibili – è d’uopo ricordare, anche e soprattutto sapendo che al governo in Italia vi sono forze ultra-filocinesi che possono vedere la società del controllo totale di Pechino come un modello da seguire. E questo prima e ancor di più dopo il COVID-19, che come i banchi della Azzolina è con larga probabilità prodotto proprio in Cina.

 

Le foto erano emerse sui social media cinesi (che sono diversi dai nostri, proibiti in Cina): in una scuola elementare d’élite di Hangzhou, nella provincia di Zhejiang – la zona da cui deriva la quasi totalità degli immigrati venuti in Italia – i giovanissimi studenti indossano fasce per la lettura delle onde cerebrali che presumibilmente possono rilevare i loro livelli di attenzione in classe.

 

In una scuola elementare d’élite di Hangzhou, nella provincia di Zhejiang i giovanissimi studenti indossano fasce per la lettura delle onde cerebrali che presumibilmente possono rilevare i loro livelli di attenzione in classe

La pratica è stata esposta in una serie di foto che diventarono virali sulla rete nazionale. In due foto, gli studenti della Jiangnan Experimental School possono essere visti indossare fasce elettroniche nere che cingono il cranio mentre sono in classe.

 

Questi dispositivi di rilevazione delle onde cerebrali sono prodotti da una startup sostenuta dalla Harvard University con sede a Boston ma con investitori Venture Capital cinesi. Secondo un comunicato stampa, la società high-tech si dedica allo sviluppo della tecnologia di Interfaccia cervello-macchina (BMI: Brain Machine Interface) con particolare attenzione ai Big Data e alla scienza del cervello. Un prodotto del genere può aver un grande mercato in Cina in quanto i genitori – di un figlio unico, fino a pochissimo fa – sono ossessionati dai voti, come da tradizione plurisecolare del mandarinato.

 

Gli studenti di Hangzhou in particolare indossavano un sensore che rileva e quantifica i livelli di attenzione degli studenti. L’azienda ha creato un portale che, sostiene, rappresenterebbe «il primo portale di classe al mondo per gli insegnanti per valutare l’efficacia dei loro metodi di insegnamento in tempo reale e apportare le modifiche di conseguenza». Cioè, l’apprendimento diviene certificabile biometricamente, misurando l’attività neurologica dello studente.

 

«Come suggeriscono le foto, il sistema analitico sembra funzionare abbastanza bene a scuola. Una foto mostra uno schermo digitale che mostra la classifica in tempo reale dei livelli di concentrazione degli studenti. Alla fine di una lezione, il portale fornisce un rapporto che evidenzia gli studenti con i tre punteggi più alti»

«Come suggeriscono le foto, il sistema analitico sembra funzionare abbastanza bene a scuola. Una foto mostra uno schermo digitale che mostra la classifica in tempo reale dei livelli di concentrazione degli studenti. Alla fine di una lezione, il portale fornisce un rapporto che evidenzia gli studenti con i tre punteggi più alti» scriveva il sito Supchina.

 

«Un po ‘di ricerca rivela che la Jiangnan Experimental School è tutt’altro che l’unica istituzione educativa in Cina che ha abbracciato l’interfaccia cervello-macchina. Il sito Paper.cn ha riferito a febbraio che nella città di Jinhua, nella provincia di Zhejiang, una scuola elementare ha introdotto gli stessi prodotti nelle sue classi. Gli insegnanti sono in grado di dire ciò a cui gli studenti non prestano attenzione in base ai colori che si illuminano sulla fascia».

 

L’anno scorso le foto hanno provocato un’ondata di reazioni rabbiose sui media cinesi. Alcuni hanno trovato la rivelazione particolarmente inquietante dopo che era stato riferito che alcuni spazzini di Nanchino sono stati costretti a indossare braccialetti digitali che monitorano le loro prestazioni lavorative.

 

Il totalitarismo digitale cinese non si ferma certo davanti ai bambini, e nemmeno davanti a concetti come quello del «foro interiore», la cui libertà in Occidente è considerata sacra – almeno, lo era fino a poco fa.

 

Era stato riferito che alcuni spazzini di Nanchino sono stati costretti a indossare braccialetti digitali che monitorano le loro prestazioni lavorative

L’interiore dell’uomo merita di essere aperto, visionato, schedato, controllato come qualsiasi altra informazione umana (i movimenti, le relazioni, gli acquisti, il conto in banca, la fedeltà al Partito) disponibile. Il passo successivo è l’impianto di sensori ed elettrodi chirurgicamente inseriti nella materia cerebrale del cittadino, e anche su questo – con la tecnologia chiamata Deep Brain Stimulation – la Cina pare voler superare i concorrenti americani.

 

Ad ogni modo, diamo voce alla preoccupazione che ogni genitore italiano oggi deve avere: se al governo vi sono partiti che considerano la Cina un modello tecnosociale da esportare, quanto può mancare al momento in cui dispositivi di lettura cerebrale compaiono nelle teste dei nostri figli?

La preoccupazione che ogni genitore italiano oggi deve avere: se al governo vi sono partiti che considerano la Cina un modello tecnosociale da esportare, quanto può mancare al momento in cui dispositivi di lettura cerebrale compaiono nelle teste dei nostri figli?

 

Il COVID ha dato un’enorme spinta alla digitalizzazione dell’insegnamento, e c’è chi dice che, lungi dal servire al distanziamento sociale, i nuovi banchi proposti dal Ministero dell’Istruzione preparano all’uso di strumenti elettronici in sostituzione di libri, quaderni, penne. Da qui alla digitalizzazione dell’alunno, il passo ritenete sia lungo?

 

E da cui a dare una scossetta elettrica a chi si distrae, che parte magari automaticamente sotto una certa soglia dell’attenzione, quanto manca?

 

 

 

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