Genetica

Scienziati usano il DNA per costruire materiali più leggeri e resistenti dell’acciaio

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Utilizzando una fusione non ortodossa di DNA e vetro, i ricercatori hanno sintetizzato un materiale straordinario che, sebbene al momento sia poco pratico, sostengono possa essere più forte e più leggero dell’acciaio.

 

«A parità di densità, il nostro materiale è il più resistente conosciuto», ha affermato in una nota Seok-Woo Lee, scienziato dei materiali presso l’Università del Connecticut e coautore di uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports Physical Science.

 

Questa eccezionale creazione è conosciuta come una struttura a nanoreticolo di vetro, e il Lee ritiene che i risultati getteranno le basi per materiali ancor più resistenti in futuro utilizzando una simile struttura.

 

Per creare un materiale resistente e leggero, gli scienziati devono pensare fuori dagli schemi. Anche materiali comuni come il ferro, che generalmente può sopportare una pressione di sette tonnellate per centimetro quadrato, sono enormemente pesanti. Un piede cubo di quella roba pesa più di 400 libbre.

 

L’acciaio rappresenta un notevole miglioramento, poiché combina ferro e carbonio per creare un metallo più resistente con all’incirca lo stesso peso. Ma cosa succede se riuscissimo ad ottenere qualcosa di molto più leggero, come, ad esempio, il Kevlar, che è cinque volte più resistente dell’acciaio?

 

In questo caso, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica all’avanguardia che utilizza il DNA autoassemblante che si aggancia insieme per formare uno scheletro chimico: hanno racchiuso questa architettura del DNA in uno strato di un materiale simile al vetro spesso solo centinaia di atomi, impercettibilmente sottile.

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Può sembrare un paradosso utilizzare un materiale fragile come il vetro per questo scopo, ma i ricercatori affermano che la ragione principale per cui il vetro si frantuma facilmente è dovuta a difetti nella sua struttura, come le crepe.

 

Ma utilizzando lo scheletro del DNA su piccola scala, gli scienziati possono virtualmente eliminare quelle imperfezioni, ottenendo una struttura di nanoreticolo di vetro che non solo è forte, ma decisamente robusta.

Esso è quindi quattro volte più resistente dell’acciaio e cinque volte inferiore in densità, un traguardo fin ora mai raggiunto in questo ambito di ricerca, scrive il sito Futurism.

 

Prima che queste scoperte aprano un’era di nuovi supermateriali, queste tecniche dovranno essere drasticamente ampliate rispetto alla misurazione in atomi.

 

«La capacità di creare nanomateriali con struttura 3D progettata utilizzando il DNA e di mineralizzarli apre enormi opportunità per l’ingegneria delle proprietà meccaniche», ha affermato nella dichiarazione Oleg Gang, uno scienziato di nanomateriali della Columbia University che ha lavorato alla ricerca. «Ma è ancora necessario molto lavoro di ricerca prima di poterlo utilizzare come tecnologia».

 

Il prossimo step del team è replicare la stessa impresa costruendo l’architettura del DNA che hanno appena innovato, ma utilizzando ceramiche più resistenti al posto del vetro.

 

L’uso del DNA come materiale industriale extrabiologico è già apertamente teorizzato da anni. Ad esempio, l’archiviazione digitale dei dati del DNA – il processo di codifica e decodifica dei dati binari da e verso filamenti di DNA sintetizzati – è discusso da tempo, con il primo articolo sulla microminiaturizzazione elettronica a livello atomico-molecolare scritto nel 1964 dallo scienziato sovietivo Mikhail Neiman, che pubblicò tre paper parlando espressamente dell’uso di DNA o RNA sintetici per la registrazione, la conservazione e il recupero delle informazioni su questo tipo di molecole biologiche.

 

Uno dei primi utilizzi della conservazione del DNA è avvenuto in una collaborazione del 1988 tra l’artista Joe Davis e i ricercatori dell’Università di Harvard. L’immagine, conservata in una sequenza di DNA in E.coli, era organizzata in una matrice 5 x 7 che, una volta decodificata, formava l’immagine di un’antica runa germanica che rappresentava la vita e la Terra femminile. Nella matrice, gli uno corrispondevano ai pixel scuri mentre gli zeri corrispondevano ai pixel chiari.

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Nel 2011, George Church, Sri Kosuri e Yuan Gao hanno effettuato un esperimento che codificava un libro da 659 KB di cui Church era coautore. Sempre il pioniere della bioingegneria estrema George Church con alcuni colleghi dell’Università di Harvard aveva pubblicato un articolo in cui il DNA era codificato con informazioni digitali che includevano una bozza HTML di un libro di 53.400 parole scritto dal ricercatore capo, undici immagini JPEG e un programma JavaScript.

 

Nel 2013, un articolo condotto da ricercatori dell’Istituto europeo di bioinformatica (EBI) e presentato più o meno nello stesso periodo dell’articolo di Church e colleghi descriveva in dettaglio l’archiviazione, il recupero e la riproduzione di oltre cinque milioni di bit di dati. Tutti i file DNA riproducevano le informazioni con una precisione compresa tra il 99,99% e il 100%

 

Nel marzo 2018, l’Università di Washington e Microsoft hanno pubblicato risultati che dimostrano l’archiviazione e il recupero di circa 200 MB di dati

 

Nel giugno 2019, gli scienziati hanno riferito che tutti i 16 giga di testo della versione inglese di Wikipedia erano stati codificati nel DNA sintetico. Nel 2021, gli scienziati hanno riferito che era stato sviluppato un «DNA data writer» in grado di scrivere dati nel DNA a 18 Mbps. Sempre nel 2019 l’album del gruppo musicale trip-hop Massive Attack Mezzanine venne codificato in DNA da una società svizzera, la Turbolabs.

 

Mentre il DNA come mezzo di memorizzazione ha un enorme potenziale a causa della sua elevata densità di memorizzazione, il suo utilizzo pratico è attualmente fortemente limitato a causa del suo costo elevato e dei tempi di lettura e scrittura molto lenti.

 

La tecnologia, tuttavia, sta guadagnando interesse – specie presso l’élite.

 

Il 21 gennaio 2015, Nick Goldman dell’Istituto europeo di bioinformatica (EBI), uno degli autori originali del documento Nature del 2013, ha annunciato la Davos Bitcoin Challenge all’incontro annuale del World Economic Forum di Davos. Durante la sua presentazione, sono stati distribuiti al pubblico dei tubi di DNA, con il messaggio che ogni tubo conteneva la chiave privata di esattamente un Bitcoin, il tutto codificato nel DNA. Il primo a sequenziare e decodificare il DNA potrebbe rivendicare il bitcoin e vincere la sfida. La sfida era fissata per tre anni e si sarebbe chiusa se nessuno avesse reclamato il premio prima del 21 gennaio 2018.

 

Il premio fu vinto da uno studente belga. Accanto alle istruzioni su come richiedere il Bitcoin (memorizzate come file di testo e PDF), sono stati recuperati dal database il logo dell’EBI, il logo dell’azienda che ha stampato il DNA (CustomArray) e uno schizzo di James Joyce.

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