Cervello

Scienziati controllano pianta carnivora tramite chip cerebrali

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Un team di scienziati ha preso con successo il controllo di una pianta carnivora del tipo Dionea muscipula impiantandovi un minuscolo microchip. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature.

 

Questo «neurone artificiale» è stato in grado di costringere le piante ad aprirsi e chiudersi – convenzionalmente un modo per divorare la preda – imitando i metodi del cervello di elaborazione e trasferimento delle informazioni.

 

I neuroni artificiali realizzati dal team di ricerca dell’università svedese di Linköping imitano quelli biologici aumentando la concentrazione di ioni in un transistor elettrochimico organico.

 

Questo approccio comporta una serie di vantaggi, dicono, tra cui un notevole risparmio energetico rispetto ai circuiti convenzionali a base di silicio.

 

I neuroni dei ricercatori ettono corrente elettrica all’interno delle cellule della Dionea muscipula per attivare i riflessi naturali della pianta e costringerla a chiudersi di scatto.

 

«Al di fuori delle piante carnivore, tale tecnologia potrebbe avere anche un vasto numero di altri usi, dai dispositivi medici impiantabili alla robotica morbida intelligente» scrive Futurism.

 

«Essere in grado di imitare il funzionamento dei neuroni biologici con dispositivi elettronici potrebbe consentire lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale» ha detto Simone Fabiano, professore associato all’università di  Linköping e autore senior del nuovo studio pubblicato su Nature.

 

Come riportato da Renovatio 21, la ricerca sugli impianti cerebrali è sempre più accelerata grazie alla concorrente spinta di imprese private – compresi grandi gruppi informatici – e di enti pubblici come la DARPA, l’enigmatico ramo ricerca e sviluppo del Pentagono USA.

 

Un mese fa era emerso che Neuralink, una delle aziende del patron di Tesla Elon Musk, sarebbe pronta a impiantare il suo chip su esseri umani.

 

A fine 2021, scienziati coreani avevano fatto sapere di aver creato un’interfaccia neurale in grado di fornire farmaci in remoto al cervello.

 

Da diversi anni oramai si sperimentano chip cerebrali nel trattamento di problemi mentali come il disordine da stress post-traumatico (PSTD) e la depressione.

 

I rischi di cambiamento sociale, prima che di pericolo sanitario, di una tecnologia di interfaccia uomo macchina non sono ancora stati del tutto considerati.

 

Come riportato l’interfaccia uomo macchina, possibile attraverso l’impianto di microchip cerebrali e non, è considerata dal fondatore del WEF di Davos e propugnatore del Grande Reset Klaus Schwab come una necessità per il mondo a venire, predicando «una fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica».

 

«I dispositivi esterni di oggi, dai computer indossabili alle cuffie per la realtà virtuale, diventeranno quasi certamente impiantabili nel nostro corpo e nel nostro cervello» aveva spiegato il guru del Great Reset.  «I microchip impiantabili attivi che rompono la barriera cutanea del nostro corpo» cambieranno il modo in cui ci interfacciamo con il mondo «e ci costringeranno a chiederci «cosa significhi essere umani».

 

In uno slancio di tracotanza non facilmente spiegabile, lo Schwabbo era arrivato a dichiarare che «anche attraversare un confine nazionale potrebbe un giorno richiedere una scansione cerebrale dettagliata per valutare il rischio per la sicurezza di un individuo».

 

 

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