Cancro

Rinuncia alla chemio per mettere al mondo suo figlio. Ecco cos’è una donna, ecco cos’è una madre

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Anna E. è morta, ma prima ha messo al mondo il figlio che portava in grembo. E ci ha lasciato un esempio struggente e immortale.

 

Le era stato diagnosticato il cancro, in forma aggressiva, un anno fa. La rivelazione l’ha avuta durante la gravidanza. Quando le hanno detto che con quelle sostanze il bambino correva un grave rischio, ha fatto la sua scelta. Tra la sua vita e quella del piccolo che cresceva dentro di lei, ha scelto quest’ultima. I giornali riportano che «i medici le avessero consigliato di non interrompere le cure per evitare complicazioni».

 

Ha scelto l’estremo sacrificio di una madre, davanti al quale restiamo senza parole, sconvolti e commossi. Non sono storie che sentiamo ogni giorno: o meglio, chissà quante ne capitano, tuttavia non ne sappiamo nulla perché, molto semplicemente, viene offerta alla donna la soluzione rapida: via il bambino innocente, avanti con i cicli del farmaco oncologico intoccabile, indiscutibile e (praticamente) inevitabile – ovviamente a carico del contribuente, per la gioia di Big Pharma. Tutto lineare. Tutto garantito dallo Stato italiano.

 

Facciamoci la domanda: quanti bambini sono stati sacrificati all’altare della chemio? Non lo sapremo mai.

 

Anna, che ad Avezzano faceva la parrucchiera, era originaria di Mosca. È curioso che ancora una volta dobbiamo imparare qualcosa da una donna russa. Da tempo abbiamo questa impressione, quella per cui le donne dell’Est hanno conservato forme di femminilità oramai perdute presso le occidentali. A Est, nonostante quel veleno chemioterapico che è il comunismo, sono rimaste le femmine, le donne vere, le mogli, le madri. A Ovest invece sono arrivate le femministe. Detto tutto.

 

Perché lo ha fatto? Tante, troppe donne italiane, europee, non riusciranno purtroppo a capirlo. Era forse per il feticcio che alcune hanno dell’«esperienza del parto» (quella per la cui soddisfazione stanno testando gli allucinanti trapianti di utero).

 

No. Anna aveva già due figli, uno di 17, uno di 3. Anna era già una mamma. Anna sapeva che non era di lei che si doveva parlare: era del bambino.

 

Il bimbo è nato sei mesi fa, in perfetta salute. La condizione di Anna purtroppo è deteriorata.

 

Non abbiamo tanto altro da dire. Se non che preghiamo per l’anima di Anna. Preghiamo per la sua famiglia, per il marito che ha lasciato sulla Terra, per i due figli.

 

Una storia straziante e struggente, alla fine – abbiamo un po’ di paura a dirlo – «sacra». Perché qui c’è la morte, c’è il dolore, ma c’è anche la vita, il sacrificio.

 

Ecco cos’è una donna. Ecco cos’è una madre.

 

Spasibo, Anna. Прощай.

 

 

 

 

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