Pensiero

Rave e futuri manganelli. Governo Dragoni atto I

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Nemmeno il tempo di incominciare i lavori e il governo Meloni già mangia la foglia.

 

Il governo Meloni – che forse andrebbe ri-battezzato «Dragoni» (Draghi + Meloni) – ha confezionato il primo decreto di legge: sui rave. 



A scanso di equivoci, daremo una definizione di «rave» non proprio simpatizzante. Un rave è un raduno auto-organizzato, dove centinaia o migliaia di persone condividono la propria passione per la musica elettronica e tendenzialmente per droghe psicotrope e rapporti sessuali occasionali, da consumarsi, magari, nell’arco di più giornate. Tali eventi vengono in genere organizzati senza autorizzazione e all’interno di ex strutture industriali dismesse (magari pericolanti) o spazi (pubblici e privati) abbandonati.

 

Ora, di rave se ne tengono in continuazione in tutta Europa e magari a pochi kilometri da casa vostra, ma non ne avevate probabilmente mai sentito parlare per un motivo molto semplice: sono dei comuni ritrovi di sballati che rimediano qualche giorno di sballo. La differenza rispetto alle ordinarie serate in discoteca sta nel fatto che lo sballo musical-drogastico è pianificato e spalmato magari non di una sola notte. Questo determina un numero maggiore di overdose e collassi, ma probabilmente un numero minore di incidenti stradali in occasione del rientro, dato che i suddetti soggetti pernottano accampati in tende, camper e sacchi a pelo. Fanno notizia sulla cronaca locale solo quando qualche giovane viene trovato morto alla fine dell’evento o quando l’evento coinvolge migliaia di persone.

 

Perché dunque il governo ha iniziato la sua Legislatura occupandosi di una questione marginale? Perché non occuparsi, per esempio, di chi esce strafatto dai parcheggi delle discoteche? Questa è una piaga sociale tristemente nota, semmai, che conduce al fenomeno che negli anni Novanta si cominciò a chiamare «stragi del sabato sera».

 

Ma qui noi non staremo a discutere sull’opportunità o meno di limitare sub-culture più o meno depravate – cosa che, per onestà, dovrebbe subito coinvolgere nella discussione quantità di sale da ballo.

 

Vogliamo piuttosto osservare che il decreto legge per contrastare i rave potrebbe non servire a contrastare solo i rave.  Ma allora, a che cosa serve davvero?

 

Per rispondere, citiamo direttamente le frizzanti osservazioni di Marco Travaglio pubblicata da Il Fatto del 3 novembre:

 

«L’umorismo giuridico, inaugurato da B. e proseguito da Salvini e Cartabia, fa un altro salto di qualità con l’articolo 434-bis del Codice penale per punire i rave illegali. E solo quelli, precisa risentito il ministro Piantedosi al Corriere: chi dice il contrario è “offensivo”. Purtroppo s’è scordato di scriverlo nel 434-bis, che punisce col carcere da 1 a 6 anni “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica… commessa da un numero di persone superiore a 50”. Quindi vale anche per occupazioni di scuole e università, proteste in piazza, picchetti in fabbrica, falò in spiaggia, feste di compleanno, laurea o nozze, schitarrate in strada, apericena sul marciapiede, pellegrinaggi in santuari, gite delle pentole con picnic nei prati, ma pure assembramenti di tifosi azzurri senza mascherina autorizzati da Draghi in piena pandemia. Ma i legislatori meloniani sono piuttosto digiuni di Codice penale, sennò saprebbero che ciò che punisce il 434-bis è già punito dal 633 (“Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”), ma con pene da 1 a 3 anni e solo a querela della parte offesa. L’idea di punire un reato due volte perché, con una sola, si continua a commetterlo, impone che il governo, per coerenza, ri-vieti anche omicidi, rapine, furti, scippi ecc. con altri “bis” numerati a cazzo».

 

Pare che questo decreto sia inutile per contrastare i rave: infatti gli strumenti ci sarebbero già e quindi, viene suggerito, il decreto può servire a comprimere il diritto di manifestare in altri contesti.

 

Domandiamo, sulla base di questo decreto, se 100 persone occupassero una piazza o un parco per recitare il Rosario, che cosa accadrebbe?

 

La domanda è d’obbligo; e non solo perché pensiamo subito alle restrizioni contro le manifestazioni no green pass del 2021, ma anche perché il governo Dragoni stava pensando di legittimare l’intercettazione degli organizzatori di rave! È il pensiero di alcuni esperti di giurisprudenza secondo il titolo battuto dall’ANSA: «Penalisti: con il nuovo reato sui rave le intercettazioni sono possibili. La pena superiore ai cinque anni consente che possano essere disposte intercettazioni e, secondo me, anche nei confronti dei partecipanti»

 

«Non comprendo, quindi, perché il premier Meloni abbia voluto rivendicare di non avere dato il via libera alle intercettazioni dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni» ha detto all’ANSA il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza. «La pena superiore ai cinque anni consente che possano essere disposte intercettazioni e, secondo me, anche nei confronti dei partecipanti».

 

Ci chiediamo: applicato al decreto legge, ciò significherebbe legittimare le intercettazioni agli organizzatori di qualsiasi manifestazione? Voi stessi –tecnicamente – se supportavate l’organizzazione di manifestazioni no green-pass mesi fa, potreste essere stati intercettabili e passibili di 6 anni di reclusione, qualora questa legge fosse stata in vigore?



La cosa fa effetto pure tra coloro che le manifestazioni anti green pass le vietavano con ferocia. Anche in questo caso, non ci interessa qui sapere se la sinistra stia criticando il decreto legge perché fa l’occhiolino al suo elettorato filo-stupefacenti. E non ci interessa nemmeno sottolineare come costoro si contraddicano dato che furono proprio loro a pensare tutte le disposizioni liberticide durante la pandemia. Queste sono divagazioni che portano esattamente alla solita caciara voluta dal mainstream.


Il quirinalista Ugo Magri, su La Stampa, sembra suggerire che per la legge vi sarebbe l’approvazione del Presidente Mattarella. Il titolo del pezzo è eloquente: «Le ragioni di Mattarella per non fermare l’esecutivo».

 

«C’è poco da meravigliarsi se sui social, cioè nel regno delle tifoserie, qualcuno si è domandato come mai Sergio Mattarella non abbia bloccato preventivamente il decreto anti-rave che il PD e i Cinque stelle, ma anche autorevoli costituzionalisti, considerano un provvedimento confuso, provocatorio, pericoloso».

 

Tuttavia, scrive sempre Magri, Mattarella non poteva eccepire nulla perché «già altre volte erano state introdotte d’urgenza nuove tipologie di reato, quindi esistono dei precedenti alla decretazione in materia penale che, volendo, lo consentono anche per i rave. Se sia opportuno o meno, non spetta a Mattarella deciderlo. Secondo: l’invasione delle altrui proprietà viene già oggi punita con il carcere fino a quattro anni; dunque sarebbe stato difficile eccepire sulla costituzionalità di una nuova norma contro feste e sballi».

 

Ora, Ugo Magri è il quirinalista del La Stampa e quando scrive ha quindi ben presenti le posizioni della Presidenza della Repubblica.

 

Stante che – come osserva Travaglio – di «feste e sballi» nel decreto di legge nemmeno si parla, ciò significa che l’oggetto delle limitazioni è deliberatamente il generico diritto di manifestare, nascosto dietro al paravento dei raver. Quindi ci stanno comunicando che il disegno ha il favore delle alte sfere.

 

Che tale decreto serva a restringere il diritto di manifestare in vista di mesi caldi con relative tensioni sociali è un’insinuazione che fa capolino qua e là perfino sulla stampa nazionale.

 

Del resto era stato proprio Guido Crosetto, neo ministro della Difesa, che, intervistato il 23 ottobre su Repubblica,  aveva dichiarato che era «a rischio la sicurezza nazionale: Mosca vuole colpirci con la rabbia nelle piazze».

 

Eccovi spiegato il primo atto del Governo Dragoni, che potrebbe essersi trovato ad affrontare gli sballati per non dover tirare fuori il manganello con chi protesterà contro le bollette, la guerra, i vaccini o il prossimo COVID, perché Giorgia ci ha detto, nel suo discorso di insediamento, che «purtroppo non possiamo escludere una nuova ondata di COVID l’insorgere in futuro di una nuova pandemia» aveva detto. 

 

Ecco perché questo potrebbe essere il primo atto di un governo della repressione.

 

Non che la cosa non fosse prevedibile.

 

 

Gian Battista Airaghi

 

 

 

 

Immmagine di aljaz perc via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

 

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