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Quando Grillo nel 2006 scriveva di stupri e «nuovo femminismo». Scherzava, vero?

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Del video di Beppe Grillo a difesa del figlio si stanno occupando buona parte della politica e tutti i giornali – con l’incredibile fenomeno per cui il Corriere e la Stampa stanno picchiando forse perfino più che La Verità (il garante ha perso i suoi garanti? Saperlo).

 

L’arringa videomatica è ovunque, con effetti anche sorprendenti: il figlio Ciro, dopo tutti questi mesi, torna sui social e riapre l’account Instagram (quello con la foto di profilo dove sta in piscina con gli addominali, l’immagine che riprendono sempre i giornali) e pubblica il video del padre, aggiungendo per soprammercato un hashtag nuovo di zecca: #freeciruz.

 

Tuttavia, più che concentrarci sul video e sul suo significato sociopolitico presente  – ci sono enormi considerazioni da fare, ma le faremo più avanti – preferiamo ripescare un bizzarro testo comparso sul blog di Beppe Grillo il 29 Agosto 2006.

Grillo nel 2006: ««Le donne non sono mai state così desiderate. Il desiderio maschile cede alla passione che poi cede allo stupro. È da animali, ma è così. La natura fa il suo corso». Scherzava, vero?

 

Il post è intitolato «Il nuovo femminismo». L’Elevato, o chi per lui, scrive:

 

«Le donne non sono mai state così desiderate. Il desiderio maschile cede alla passione che poi cede allo stupro. È da animali, ma è così. La natura fa il suo corso. Accoppiamenti abusivi avvengono ovunque. Nei bagni pubblici, dietro ai cespugli, nelle carrozze dei treni in sosta. Non esiste più intimità per chi vuole farsi una passeggiata in santa pace».

 

Già dalla prima riga ammettiamo di essere confusi: sta facendo satira? È una di quelle sue battute a cui non si sa se ridere (ai suoi comizi, di momenti di imbarazzo  del pubblico fra le battute andate a vuoto, ne abbiamo visti tantissimi)? C’è una vena di surrealismo? Davvero non lo sappiamo.

 

«Le donne non devono stupirsi, ma coprirsi»

Tuttavia la nostra confusione continua

«Le donne non devono stupirsi, ma coprirsi» scrive il genovese.

 

Anche qui, scherza?  Sta lanciando una frecciata a qualcuno? È una velata critica all’Iran, Paese da cui proviene la famiglia della moglie, madre del ragazzo ora al centro dello scandalo? Boh.

 

«Persino le signore di una certa età sono palpeggiate in pubblico». Satira?

Diciamo che, oggi, queste parole non suonano benissimo, qualsiasi fosse l’intento ufficiale. Un classico esempio di post invecchiato male. Ma si va oltre. Molto oltre.

 

«Le religioni sono maschiliste, i governi sono maschilisti, le aziende sono maschiliste, la pubblicità è maschilista. Perché il sesso maschile non dovrebbe essere maschilista?» [nel post «perché» è scritto con l’accento grave – perchè – scusate non ce l’abbiamo fatta e abbiamo dovuto correggere perché non si può vedere, come pure nel medesimo testo le «E» maiuscole seguite da apostrofo invece che «È», ndr]

 

Anche qui, se stiamo scherzando non fa ridere, altrimenti non sappiamo davvero cosa pensare. Su Facebook ieri abbiamo letto commenti di femministe che usavano il video di papà Grillo per attaccare il patriarcato, e immaginavano che tirato con i capelli e costretto ad ingollare mezzo litro di vodka ci fosse lui… Che, per una volta, le femministe abbiano detto una cosa sensata? Ma no, dai. Siamo sicuri che non siano tutte battute?

 

«Il burka per legge e il velo solo dopo gli ottant’anni. Odoranti nauseabondi per le più attraenti. L’automutilazione dei seni è un buon rimedio, se si vuole andare sul sicuro c’è l’espianto dell’organo». Sta prendendo in giro le femministe?

«Persino le signore di una certa età sono palpeggiate in pubblico» dice ancora il post, dipingendo questa brutta immagine nella mente del lettore.

 

Ma non di sole mano morte parla questo testo del 2006: «Per risolvere il problema delle penetrazioni moleste va introdotta la segregazione razziale. Autobus, scuole, taxi, bar, ristoranti rosa. Un mondo rosa. Per donne e gestito da donne».

 

Sta prendendo in giro le femministe? Ad una certa, in effetti, vediamo arrivare l’elemento islamico.

 

«Il burka per legge e il velo solo dopo gli ottant’anni. Odoranti nauseabondi per le più attraenti. L’automutilazione dei seni è un buon rimedio, se si vuole andare sul sicuro c’è l’espianto dell’organo». Altra immagine offensiva:  la mastectomia, dramma immane per quanto l’hanno subita con il cancro, qui chiamata «automutilazione» ed «espianto».

 

«Misure che devono essere attuate però nel massimo riserbo. Senza manifestazioni di protesta per eventuali stupri per far valere i propri diritti. Senza cortei, petizioni, raccolte di firme. Esattamente come le donne fanno adesso. Forse, perché, in fondo in fondo, ci stanno». Fine del post.

 

«Forse, perché, in fondo in fondo, ci stanno». Cosa significa?

Ci è toccato correggere anche qui l’accento anche sull’ultimo «perché», tuttavia rimaniamo basiti: «Forse, perché, in fondo in fondo, ci stanno». Cosa significa?

 

Può darsi che siamo noi a non aver capito niente di quello che c’è scritto. Forse  è un appello alla mobilitazione delle donne, che devono andare in piazza a protestare contro «il desiderio maschile» che «cede alla passione che poi cede allo stupro», che però poche righe sopra era definito come naturale, come un qualcosa che «è da animali, ma è così».

 

Forse era il modo contorto in cui Grillo, che stava preparando il movimento elettorale che avrebbe sbancato tutto, strizzava l’occhiolino all’elettorato femminile.

 

In quel filmato c’era soprattutto qualcosa che proprio non filava, che faceva inceppare il meccanismo fino a scatenare, ovunque, l’effetto contrario: la repulsione invece che l’empatia

Non ci interessa, ora. Il dato che ci preme di sottolineare, è che non fa ridere – e nemmeno fa riflettere. È, quantomeno per noi, ingarbugliato fino all’inquietante.

 

Esattamente come il video di difesa giudiziaria della prole visto ieri. In quel filmato c’era soprattutto qualcosa che proprio non filava, che faceva inceppare il meccanismo fino a scatenare, ovunque, l’effetto contrario: la repulsione invece che l’empatia.

 

La carta del «padre disperato» che si sfoga – sottolineata nella presunta spontaneità del video dal fatto che si siede come se avesse appena acceso la telecamera, ma poi alla fine c’è una dissolvenza che vanifica tutto l’effetto «live» – è stata sparata da tutti gli scherani, chiamati appunto grillini: «comprendo il dolore di un padre» hanno più o meno detto tutti quelli che hanno aperto bocca, dalla Paoletta Taverna (una certezza) all’onorevole pentastellata Daga, che pure si dice amareggiata perché lei stessa ci ha messo sei mesi per denunciare la violenza» – nessuno, tuttavia, pare aver pensato all’altro «padre disperato», quello secondo cui la figlia avrebbe subito una gang-bang pure filmata, né alla «madre disperata», né alla ragazza stessa, che Beppe Grillo dice essere finita in una casa dove «si stavano divertendo» per poi andare a fare kitesurf (kitesurf is the new «aveva rossetto e minigonna»).

Abbiamo visto un personaggio TV che difendeva il figlio facendo il personaggio TV, con i suoi strumenti di lavoro, come se il falegname difendesse la prole presentandosi in tuta da lavoro e motosega alla mano

 

Dicevamo, la carta del «padre disperato». Ebbene, non siamo riusciti a vederlo pienamente, o meglio, non siamo riusciti a vedere solo quello: a parte le botte al tavolo (una novità, forse l’unico segno di genuinità previsto), il modo in cui Grillo esprimeva la sua difesa del figlio era esattamente quello non solo del Grillo-padre (che, in effetti, è stato zitto quasi due anni) ma del Grillo-personaggio. Il comico. L’attore. Con quel tono, lo abbiamo sentito parlare migliaia di volte, di questo o quello scandalo, dell’acqua pubblica, del Parlamento da aprire come una scatola di tonno, dello «psico-nano» (Berlusconi), di «Gargamella» (Bersani, se qualcuno già non se lo ricorda»).

 

Ce l’avete tutti presente: la voce stridula, che sale di tono fino a sembrare infervorata, aggressiva. Le mani che gesticolano. L’espressione di una convinzione totale, inscalfibile, indiscutibile, dogmatica.

 

Abbiamo visto un personaggio TV che difendeva il figlio facendo il personaggio TV, con i suoi strumenti di lavoro, come se il falegname difendesse la prole presentandosi in tuta da lavoro e motosega alla mano.

No, non fa ridere. No, non fa riflettere – ma non c’è nessuna novità. È la storia di Beppe Grillo, e del Movimento 5 Stelle, che è un figlio suo sul cui danno parlerà il tribunale della storia, ma che oggi subiamo tutti noi

 

No, non fa ridere. No, non fa riflettere – ma non c’è nessuna novità. È la storia di Beppe Grillo, e del Movimento 5 Stelle, che è un figlio suo sul cui danno parlerà il tribunale della storia, ma che oggi subiamo tutti noi.

 

 

 

 

 

 

Immagine screenshot da Facebook

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