Geopolitica

Prova d’archivio: l’Occidente aveva assicurato che non ci sarebbe stata alcuna espansione della NATO

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Facendo un confronto tra l’attuale crisi strategica e la crisi missilistica cubana del 1962, lo storico e politologo statunitense Joshua Shifrinson ha trovato documenti nell’Archivio nazionale britannico che dimostrano ulteriormente che i leader occidentali hanno assicurato a Mosca nei contatti diplomatici nel 1990 e nel 1991 che la NATO non sarebbe stato ampliato verso Est.

 

I documenti includono una citazione del rappresentante tedesco Jürgen Chrobog in una riunione «dei direttori politici dei ministeri degli esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania a Bonn il 6 marzo 1991».

 

Secondo la nota, Chrobog avrebbe detto:

 

«Nei negoziati due più quattro abbiamo chiarito che non avremmo esteso la NATO oltre l’Elba. Pertanto, non possiamo offrire l’adesione alla NATO alla Polonia e agli altri».

 

I documenti mostrano anche che l’ambasciatore statunitense Raymond Seitz era d’accordo con Chrobog:

 

«Abbiamo chiarito all’Unione Sovietica, in due più quattro e in altri colloqui, che non approfitteremo del ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa orientale… La NATO non dovrebbe espandersi a Est, né formalmente né informalmente».

 

Tutti i media mainstream stanno coprendo questa scoperta di archivio, scrive EIRN.

 

Essi, come accade in un recente articolo del settimanale tedesco Der Spiegel, affermano che la NATO non ha infranto alcuna promessa, che essa non è mai stata stabilita in forma giuridicamente vincolante, ma che la NATO ha semplicemente apportato modifiche alle proprie politiche dopo che l’atmosfera conciliante degli anni ’90 ha cessato di esistere e poiché la Russia è stata non più debole come lo era stato durante il periodo di Eltsin.

 

Il cambiamento negli atteggiamenti della NATO, e la rottura aperta delle loro promesse, non è stato «intenzionale», come sostiene la Russia, ma si è semplicemente sviluppato nel tempo, proclama Der Spiegel.

 

Gli accordi dell’epoca sono materia di contesa non solo per la Russia. Da parte Ucraina si rimpiange l’aver accettato di smantellare l’armamentario atomico sovietico sul suo territorio, accettando di disfarsi di 175 missili balistici intercontinentali e le 1.500 testate atomiche, dando ai russi le ogive ai russi e, a quanto si scrisse all’epoca, vendendo l’ uranio arricchito per «uso pacifico».

 

Dietro al passo di Kiev c’era la proposta di Bill Clinton, che convinse gli Ucraini a fidarsi di Washington come loro nuovo partner, un partner che avrebbe potuto aiutare l’allora già disastrato assetto economico del Paese. L’idea di un «partenariato» tra Ucraina e USA preoccupò l’allora notissimo leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovskij, che – nel 1994, ebbe a dire parole che sembrano ora profetiche: «la presenza di soldati Nato alla frontiera dell’ URSS significherebbe la terza guerra mondiale».

 

La rinuncia alle armi atomiche dell’Ucraina fu suggellata il 5 dicembre 1994 dal  cosiddetto Memorandum di Budapest, cui presero parte Ucraina, Russia, Gran Bretagna e USA – gli stessi identici Stati ora implicati nell’escalation in corso.

 

Il primo punto recitava: «La Federazione Russa, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e gli Stati Uniti d’America riaffermano il loro impegno nei confronti dell’Ucraina , conformemente ai principi dell’Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, a rispettare l’indipendenza e sovranità ei confini esistenti dell’Ucraina». Secondo gli ucraini, dopo gli eventi del dopo-Maidan, esso è stato violato.

 

All’altezza della annessione russa della Crimea (2014), Pavlo Rizanenko, un membro del Parlamento ucraino, aveva detto a USA Today che l’Ucraina potrebbe dover armarsi con le proprie armi nucleari se gli Stati Uniti e altri leader mondiali non manterranno la loro parte dell’accordo. «Abbiamo rinunciato alle armi nucleari a causa di questo accordo. Ora, in Ucraina c’è un forte sentimento che abbiamo commesso un grosso errore» disse il deputato, aggiungendo: «in futuro, non importa come si risolverà la situazione in Crimea, abbiamo bisogno di un’Ucraina molto più forte. Se hai armi nucleari, la gente non ti invade».

 

Il 15 aprile 2021 Andriy Melnyk, ambasciatore ucraino in Germania, ha detto alla radio Deutschlandfunk che se l’Ucraina non fosse autorizzata a diventare un membro della NATO, il suo Paese potrebbe dover riconsiderare il suo status di stato non dotato di armi nucleari per garantirne la difesa.

 

Oggi il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha rinnovato tali sentimenti, suggerendo che l’Ucraina potrebbe potenzialmente considerare il Memorandum di Budapest non valido se le sue garanzie di sicurezza non fossero soddisfatte.

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