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Proteste in Sri Lanka: arrestati 20 studenti

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Alcuni sono stati poi rilasciati su cauzione ma il leader dell’organizzazione e due noti monaci buddisti saranno interrogati. La manifestazione era pacifica ma la polizia ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Critiche al governo anche da parte delle Nazioni unite.

 

 

Non si fermano le manifestazioni di protesta in Sri Lanka: ieri la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro la Federazione interuniversitaria degli studenti (IUSF) che stavano cantando slogan contro il presidente Ranil Wickremasinghe.

 

Almeno 20 persone sono state arrestate, di cui 16 poi rilasciate su cauzione. Tuttavia la polizia ha emesso degli ordini di detenzione nei confronti del leader dell’organizzazione studentesca, Wasantha Mudalige, e di due noti monaci buddisti.

 

Il ministero della Difesa ha concesso l’autorizzazione affinché siano trattenuti per 90 giorni e interrogati.

 

Tramite una dichiarazione rilasciata oggi il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite ha condannato il ripetuto uso della legge di emergenza per reprimere il dissenso.

 

Nel documento si legge che dal 22 aprile le autorità dello Sri Lanka hanno più volte utilizzato lo stato di emergenza per stroncare le critiche al governo a seguito dell’aumento dei prezzi.

 

Gli studenti hanno marciato dal Lipton Circle alla Union Palace di Colombo, dove la polizia aveva eretto delle barricate per impedire ai manifestanti di avanzare.

 

Dai video circolati online si vede che la protesta era perlopiù pacifica, tuttavia la polizia antisommossa ha disperso i manifestanti e inseguito gli studenti in fuga. Uomini e donne sono stati picchiati senza distinzione.

 

Gli agenti sostengono che gli studenti stessero violando gli ordini della polizia.

 

«È la stessa risposta di sempre», hanno detto ad AsiaNews alcuni attivisti. «Ma sappiamo che vogliono solo ottenere una promozione. In questo momento però dovrebbero pensare a ciò che va oltre la loro uniforme».

 

«Stiamo assistendo all’applicazione della legge anti-terrorismo sui giovani sinhala», hanno aggiunto altri.

 

«Sembra di essere tornati agli anni ‘80. In questo modo il governo potrebbe mettere fine alla Aragalaya», nome della lotta popolare contro il governo srilankese.

 

Lo Sri Lanka è di fatto in default finanziario, con un’insolvenza sul debito che ammonta a più di 50 miliardi di dollari.

 

Da mesi il Paese non riesce a importare carburante e l’inflazione ha superato il 54% impedendo ai cittadini di comprare i beni di prima necessità, in particolare cibo e medicine.

 

Le proteste della popolazione contro il carovita sono culminate il 9 luglio con l’occupazione del palazzo presidenziale e la cacciata di Gotabaya Rajapaksa.

 

 

 

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Immagine di AntanO via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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