Spirito
Prete ortodosso: gli uomini devono pregare dopo aver visto donne svestite. Ecco il problema sessual-spirituale della spiaggia, e dell’estate in generale
Un religioso della Chiesa ortodossa russa ha suggerito che gli uomini dovrebbero pregare se provano tentazione e desiderio quando vedono donne che indossano abiti estivi succinti.
Parlando con l’agenzia di stampa Abzats, la scorsa settimana lo ieromonaco Teodoreto ha continuato dicendo che la tentazione è sempre un peccato, indipendentemente da come è vestita una donna, riferendosi al versetto della Bibbia che recita: «chiunque guarda una donna per desiderarla ha già, in cuor suo, commesso adulterio con lei» (Mt 5, 28).
Il religioso ortodosso ha sottolineato che gli uomini dovrebbero combattere la tentazione dentro di sé e cercare di frenare i propri pensieri, osservando che gli esseri umani sono costituiti sia da corpo che da anima e che, sebbene «corporeo non significhi cattivo», è «inferiore».
«Se sorgono pensieri lussuriosi, allora dobbiamo cercare di non accettarli e fare qualcos’altro, idealmente: pregare», ha detto padre Teodoreto , aggiungendo che esiste una preghiera specifica per la liberazione dalla tentazione.
Il mese scorso, il chierico della diocesi di Ivanovo-Voznesensk della Chiesa ortodossa russa, lo ieromonaco Macario, ha detto ad Abzats che l’intimità coniugale è la «strada per il paradiso», affermando che il sesso è una delle componenti principali di un matrimonio solido e felice e dà alla coppia sposata una «sollevazione emotiva e fisiologica». Macario ha sostenuto che la condanna nelle questioni intime è più spesso necessaria quando uno dei coniugi evita di adempiere ai propri doveri coniugali.
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Bisogna riconoscere la difficoltà, per l’individuo maschio e normosessuato, di fermare virtuosamente la mente nel periodo estivo, specialmente quando si è in località di balneazione. Per questioni antropologiche non ancora studiate a fondo, presso gli occidentali è permessa una quasi totale denudazione nella prossimità delle acque (mare, lago, fiume, senza dimenticare le piscine). Si tratta di un comportamento che non è permesso mai, in nessun luogo, durante il resto dell’anno, con pure conseguenze penali per chi osa.
Le donne possono quindi offrire alla visione di ognuno le proprie grazie, appena censurate da piccoli pezzi di stoffa, di superficie via via riducentesi di anno in anno: ecco il bikini, il microbikini, il nanobikini fino alla cosiddetta bodypaint, dove la nudità integrale inganna l’osservatore grazie a pitture somatiche tromp-l’oeil.
Unica voce a parlare di questo problema che grava sulla virtù del maschio è stato, ancora una volta, lo scrittore Camillo Langone, che in un articolo apparso su Il Foglio nel 2015 parla del «problema principale» delle spiagge e dell’estate «ossia le donne in costume».
«Mi costa confessarlo, non vorrei essere accomunato ai maomettani che pretendono donne palandranate pure in acqua» ammette amaramente l’autore de La vera religione spiegata alle ragazze e Bengodi. «La differenza fra me e loro è che io non pretendo nulla, semplicemente mi ritiro dall’agone, in spiaggia non metto piede. E mi domando: sono poi così strano?»
Anche il grande parmigiano comprende la radice sessual-spirituale del fenomeno: «per me che sono un uomo semplice il bikini è un problema complicato. Ho sempre esortato le amiche al costume intero, con esiti nulli. Capisco che il costume castigato sia incompatibile con l’esibizionismo femminile, vorrei solo sapere com’è possibile non desiderare le donne d’altri quando migliaia di donne d’altri ti passano davanti quasi nude».
Il Langone continuava discettando della decadenza di note spiagge italiane («supervigilate, militarizzate (…) ci sono gli sbirri privati con i cani. Sembra la frontiera USA-Messico») così come della fantasia «di organizzare una raffica di bagni di notte collettivi per significare la riappropriazione delle spiagge da parte del popolo italiano di giorno assediato dagli ambulanti africani»… «ho ipotizzato di dare al bagno di notte un senso politico».
Tuttavia, i problemi dell’estate, bikino birichino e oltre, permangono.
«Come faccio a non odiare l’estate?» si domanda infine il romanziere, forse citando una canzone estiva, quella di Bruno Martino, di più generazioni fa.
Non resistiamo e, al lettore che non la conosce o che la vuole riascoltare, la offriamo subito.
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