Sorveglianza

Petizioni e vittime del crack Evergrande nel database del riconoscimento facciale di Pechino

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un «incidente» capitato a una giornalista che a Pechino sta seguendo le riunioni politiche delle «Due sessioni» ha rivelato fino a che punto i controlli digitali vengano utilizzati anche per mettere a tacere il malcontento per il crack immobiliare.

 

Le autorità cinesi stanno mettendo in campo le più avanzate «misure di sicurezza» per proteggere i lavori delle «Due sessioni» – le riunioni politiche dei circa 5mila delegati della Conferenza consultiva politica del popolo cinese e del Consiglio nazionale del popolo in corso questa settimana a Pechino.

 

Anche i giornalisti accreditati, ai varchi di piazza Tiananmen, devono passare per i varchi dotati di riconoscimento facciale per poter accedere alla Grande Sala del Popolo dove sono in corso i lavori. Proprio qui, però, a una cronista del Mingpao, quotidiano in lingua cinese di Hong Kong, è capitato uno spiacevole «incidente» che ha confermato quanto questi dispositivi in realtà vengano utilizzati per reprimete le opinioni anche sulle questioni sociali nella Cina di Xi Jinping.

 

Come lei stessa ha raccontato sul suo giornale, nonostante il tesserino d’accredito la giornalista è stata fermata dalla polizia subito dopo che il segnale d’allarme ha cominciato a suonare al suo passaggio davanti alle telecamere del riconoscimento facciale. L’agente le ha chiesto di mostrare la sua carta d’identità e con una faccia seria le ha pure chiesto se avesse mai acquistato azioni di Evergrande, il grande gruppo immobiliare cinese che accumulando debiti ha ridotto sul lastrico migliaia di cinesi.

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Di fronte alla risposta negativa ha rivolto alla giornalista una seconda domanda: «allora sei mai andata all’ufficio petizioni per presentare una petizione?». Neppure questo era però il caso della giornalista in questione.

 

A quel punto si è passati a un riscontro con il documento dell’identità e l’agente ha potuto verificare che effettivamente nel suo «dossier» non risultava nulla. A quel punto allora i toni del poliziotto si sono ammorbiditi. E di fronte alla domanda su che cosa fosse andato storto alla donna è stato spiegato che il suo volto era simile a quello di una persona inserita nel database e che il riconoscimento facciale l’aveva identificata la persona sbagliata.

 

«Risolto il malinteso – commenta ironicamente il Mingpao – la giornalista ha potuto andarsene, pentendosi di essere uscita di casa senza truccarsi. Ma l’incidente ha anche confermato direttamente che le informazioni di alcuni firmatari, compresi i dati facciali, sono inserite nel database di pubblica sicurezza e che anche le attività di petizione che coinvolgono Evergrande sono state al centro del mantenimento della sicurezza da parte delle autorità».

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