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Papa Francesco delude il clero italiano

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Sappiamo qualcosa in più sull’ultima riunione dei vescovi italiani svoltasi a porte chiuse, dal 22 al 25 maggio: clima pesante, rimproveri del Santo Padre, resistenze al sinodo… Il pontefice argentino forse non ha più davvero appoggio al di qua delle Alpi.

 

«Un dialogo franco e sereno è iniziato nel pomeriggio del 22 maggio 2023, tra Papa Francesco e i circa 200 vescovi che compongono la Conferenza episcopale italiana (CEI), riuniti per la loro 77a assemblea plenaria in Vaticano».

 

Merita attenzione il resoconto che il sito ufficiale della Santa Sede ha dato dell’apertura della riunione primaverile della CEI, perché i termini «franco» e «sereno» sono spesso sinonimi – nella retorica vaticana – di strigliata.

 

La riprova ce la dà poche righe dopo il direttore di Vatican News: «è necessario un cambio di mentalità», ha chiesto il successore di Pietro ai vescovi italiani da lui chiamati ad adottare «uno stile nuovo», in riferimento al «cammino sinodale», così come «non rinunciare mai alla carità».

 

Non occorre essere esperti di neolingua per comprendere il profondo e persistente disagio tra il Vescovo di Roma e i vescovi della penisola.

 

Un disagio confermato da uno dei media italiani più letti: il quotidiano La Repubblica. Nella sua edizione del 2 giugno 2023, il vaticanista Filippo Di Giacomo – complici alcune indiscrezioni – consegna la sua versione: «papa Francesco ha infatti improvvisato alcune riflessioni che il segretario generale della CEI, monsignor Giuseppe Baturi, ha riassunto sottolineando “l’urgenza di un nuovo slancio evangelizzatore che passa attraverso una testimonianza credibile”».

 

Secondo le informazioni del giornalista, il Romano Pontefice ha fatto una lavata di capo ai membri della CEI, riferendosi tra le altre cose al loro «rapporto malsano con il denaro», rimproverando la loro «inerzia» nella gestione di alcuni seminari considerati «eccentrici e difettosi» – ci sarebbe un’allusione a Traditionis Custodes? – e deplorando che non si «tenga sufficientemente conto» delle sue richieste.

 

Si può immaginare il vento siberiano che doveva soffiare nell’aula sinodale. La seduta è stata quindi tolta e il giorno dopo il cardinale Matteo Zuppi – presidente della CEI– è stato incaricato di occuparsi del servizio di conclusione.

 

I presuli hanno iniziato a pregare insieme il Salmo 74 dell’ufficio di nona, previsto per quel giorno, un salmo che più di un vescovo ha ritenuto opportuno, e che esprime lo sgomento di Israele in questi termini: «Perché, o Dio!, ci respingi per sempre? Perché ti adiri con il gregge del tuo pascolo. (…) Non vediamo più i nostri segni; non c’è più profeta. E nessuno di noi che sa fino a quando…»

 

Il capo della CEI ha sottolineato con dolcezza la necessità di correggere «l’eccesso di burocrazia» esistente all’interno dell’episcopato, lamentando al passaggio la «resistenza» di molti sacerdoti diocesani al cammino sinodale: segno che i parroci – come don Camillo – non hanno perso tutti il buon senso!

 

Ma mons. Zuppi non è riuscito proprio a convincerli: gli auguriamo maggior successo nell’ambito della missione di pace che gli è stata affidata in Ucraina; altrimenti le speranze che alcuni ripongono su di lui durante un futuro conclave rischiano di avere lo stesso futuro delle nevi invernali quando si mescolano alla fangosa rasputiza delle steppe russe…

 

E conclude il vaticanista de La Repubblica: «Che il clero sia esasperato, lo sanno tutti, ma nessuno osa puntare il dito sulla vera causa».

 

E gli occhi dei lettori si rivolgono, quasi involontariamente, con preoccupazione, verso la Casa Santa Marta, sopra la quale le nuvole sembrano oscurare un cielo pur sempre primaverile nella Città Eterna.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

 

Immagine di Francesco Pierantoni via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

 

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