Persecuzioni

Pakistan, giovane accusa di blasfemia e decapita 80enne con un machete

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

L’attentatore, ora in stato di fermo, ha colpito in pieno giorno Muhammad «Chacha» Sharif allo stomaco, poi lo ha sgozzato. Durante l’attacco urlava frasi di odio. Fonti locali ipotizzano controversie relative a una somma di denaro alla base del gesto.

 

 

Ancora un omicidio legato ad accuse di blasfemia in Pakistan, in pieno giorno davanti a una folla che ha assistito al gesto impotente, senza riuscire a intervenire.

 

Un uomo di 80 anni, conosciuto dai più con il soprannome di Chacha (zio) Sharif, è stato ucciso in modo brutale, pugnalato allo stomaco e poi sgozzato con un machete, da un giovane che mentre colpiva urlava frasi di odio e slogan fra i quali: «Ho ammazzato un blasfemo».

 

La vicenda risale al 19 maggio scorso, ma solo dopo qualche giorno è emersa in tutta la sua crudeltà. Muhammad Sharif, commerciante con una attività quarantennale di riparazione di biciclette a Sargodha (Punjab), è stato decapitato da un 20enne all’una del pomeriggio nei pressi della fermata di un pullman, in una zona affollata da persone che si stavano recando al lavoro.

 

Testimoni oculari riferiscono di una scena di violenza e terrore, con alcune persone che volevano prestare aiuto all’anziano agonizzante ma temevano la reazione del giovane – arrestato ore più tardi dalla polizia – che brandiva il machete e accusava Chacha Sharif di essere un blasfemo.

 

Alcune persone della zona ipotizzano una disputa relativa a una somma di denaro fra le cause dell’assalto, e che avrebbe spinto il giovane ad uccidere il commerciante usando il pretesto della legge che punisce quanti profanano il Corano o denigrano il profeta Maometto.

 

Giornalisti e attivisti, fra i quali il reporter Sabookh Syed, accusano i grandi media nazionali di aver taciuto la vicenda e di nascondere tanto l’omicidio quanto il pretesto che lo ha innescato.

 

L’attivista pro-diritti umani Mariyam Kashif Anthony parla di evento «terrificante e deprecabile», invocando al contempo azioni decise del governo per impedire simili eventi in futuro.

 

Le controversie legate alla blasfemia sono un tema sensibile in Pakistan, aggiunge la donna, perché sfruttate per «farsi giustizia da sé» o per dirimere controversie personali, in molti casi aizzando la reazione della folla che diventa complice di crimini contro persone innocenti.

 

Fra gli esempi recenti ricorda l’imprenditore originario dello Sri Lanka Priyantha Kumara, linciato nella sua azienda, o Muhammad Mushtaq, affetto da problemi mentali e lapidato dopo essere stato accusato di aver bruciato il Corano.

 

Secondo il Centro per la giustizia sociale (CSJ), tra il 1985 e il dicembre 2021 almeno 1.949 persone sono state incriminate con false accuse di blasfemia, con conseguenti processi infiniti, minacce e detenzioni nel braccio della morte.

 

Di queste almeno 84 sono state uccise in omicidi extra-giudiziali, perché anche solo sospettate o incriminate in base alle leggi sulla blasfemia.

 

 

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