Geopolitica

Numeri del suicidio energetico UE

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Il presidente russo Putin ha recentemente definito la politica energetica europea come «suicida». La definizione putiniana, come spesso accade, è piuttosto accurata.

 

Per comprenderlo, è sufficiente guardare a come stanno reagendo i governi UE ai recenti tagli alle forniture del colosso del gas russo Gazprom, fino a ieri stabile e credibile fornitore dell’energia del Vecchio Continente.

 

I due Paesi più colpiti dai tagli del gas sono Germania e Italia, che importano rispettivamente 42,6 e 29,2 milioni di metri cubi.

 

Gazprom ha ridotto del 60% i flussi di gas attraverso il Nord Stream 1 verso la Germania e del 50% i flussi verso l’Italia.

 

La narrativa comune di Berlino e Roma è che i tagli non stanno mettendo in pericolo l’approvvigionamento energetico nazionale, perché attualmente le forniture stanno superando la domanda; ovviamente, le forniture ridotte ora stanno impedendo un rifornimento di scorte, compromettendo così l’approvvigionamento nazionale il prossimo inverno – stagione in preparazione della quale il governo polacco ha chiesto ai suoi cittadini di andare in giro per i boschi a raccoglier legna.

 

Secondo un’analisi del gruppo globale di ricerca e consulenza Wood Mackenzie, citatoaquesta settimana da Bloomberg, se le forniture attraverso il Nord Stream 1 si fermassero completamente, l’UE rischia di rimanere senza riserve per il periodo di picco della domanda a metà del prossimo inverno.

 

Tuttavia, bisogna prendere atto che non si tratta solo del prossimo inverno: la narrativa governativa per cui tutto va bene non regge più.

 

È il caso dei blackout a Milano e Torino.

 

Nonostante la retorica contraria dell’UE, le nazioni dell’UE, fornendo armi al governo ucraino, divengono automaticamente cobelligeranti, ossia nemiche della Russia.

 

Lo stesso primo ministro italiano Mario Draghi lo ha ammesso nelle sue osservazioni a Kiev il 16 giugno. «Siamo qui per aiutare l’Ucraina nella guerra», ha dichiarato l’ex capo BCE. Non stupisce, quindi, che ora si possa aver qualche problema con il fornitore russo.

 

Di fatto, l’ostinazione di Draghi e compagnia non è diversa da quella, ogni giorno più suicida, di Zelens’kyj, che non accetta di negoziare sulla pelle della Nazione, dei cittadini, delle famiglie, del futuro di milioni di esseri umani.

 

Al contrario, Roma e Berlino, come seguendo un copione comune (scritto a Bruxelles? a Washington? A Langley? A Davos?), stanno pianificando tagli energetici alle imprese e ulteriori riduzioni della libertà per le famiglie.

 

Secondo un documento interno di cinque pagine del ministero dell’Economia tedesco, pubblicato da Deutsche Presse-Agentur, il governo tedesco prevede i seguenti passaggi:

 

1) un credito di 15 miliardi di euro dalla banca statale Kreditanstalt für Wiederaufbau al Trading Hub Europe per acquistare gas a prezzi attuali costosi esclusivamente per il rifornimento delle scorte;

 

2) una compensazione per le aziende che tagliano la produzione per risparmiare gas che va a rifornire le scorte;

 

3) la riattivazione di tutte le centrali a carbone.

 

Non si sa cosa possa accadere in merito alle tre centrali nucleari tedesche rimaste in funzione dopo il passaggio del governo tedesco dal nucleare, la cui chiusura è prevista per la fine di quest’anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, Berlino, contro la volontà delle sue aziende, sta tagliando le importazioni dalla Russia non solo per il gas ma anche per il carbone.

 

Il taglio del costo benzina voluto dal governo tedesco in questi giorni si è rivelato totalmente inutile a causa dell’aumento del prezzo del petrolio.

 

In Italia il ministro della Transizione Verde Roberto Cingolani sta preparando misure simili:

 

1) tagli ai produttori, inizialmente su «invito» del provider nazionale Snam;

 

2) pieno utilizzo delle sei centrali a carbone disponibili;

 

3) abbassamento di 1-2°C della temperatura per il riscaldamento di abitazioni e uffici pubblici, con prescrizioni per le fasce orarie in cui è possibile accendere il riscaldamento;

 

4) riduzione dell’illuminazione pubblica dei centri abitati e delle strade.

 

Inoltre, potrebbero essere contemplate misure simili a quelle introdotte durante lo shock petrolifero del 1973, ad esempio domeniche senz’auto, etc.

 

Come riportato da Renovatio 21, in Germania sono gli stessi membri del governo a insistere su possibili disordini sociali nel prossimo autunno ed inverno, che, secondo il ricercatore tedesco Andreas Zick, potrebbero essere «enormi».

 

In pratica, si potrebbe preparare un collasso sistemico nei due più Paesi più popolosi e industrializzati della UE – con un contagio verso la Francia, pur messa meglio in fatto di energia grazie al nucleare – più che possibile, e lo ammettono gli stessi ministri francesi.

 

 

 

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