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Netflix ora permette ai registi di modificare retroattivamente i film e serie TV

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Lo scorso giugno, i fratelli Duffer – la coppia di registi della fortunata serie di Netflix Stranger Things – hanno ammesso di aver modificato retroattivamente una serie di scene della loro acclamata serie TV.

 

Questa piccola rivelazione è in realtà un cataclismatico cambio di paradigma per l’arte e per l’intrattenimento – e probabilmente per la stessa percezione della realtà della popolazione umana.

 

In un’intervista con la celeberrima testata hollywoodiana Variety i Duffer avevano discusso riguardo la prima parte dell’ultima stagione del loro show di successo. Nella conversazione spiegavano che dopo che i fan avevano notato un cosiddetto plothole, un «buco nella trama» che in questo caso riguardava il compleanno dimenticato di un personaggio importante – i cineasti sono tornati indietro e hanno rimediato all’errore.

 

I Duffer hanno inoltre ammesso di aver modificato retroattivamente altre cose durante la serie, alterando gli effetti visivi, inclusi alcuni momenti della stagione più recente, addirittura pochi giorni dopo la sua uscita.

 

«Abbiamo fatto cose alla George Lucas, la gente non ne ha idea», hanno detto i fratelli a Variety, riferendosi alle tanto criticate riedizioni alterate del franchise originale del regista di Star Wars. «Non è, tipo, l’intreccio, ma essenzialmente stai rattoppando le inquadrature».

GQ scrive c’è qualche precedente storico – al di fuori di George Lucas e le sue cicliche riedizioni (in cui per esempio scandalosamente fa sì che Han Solo non spari per primo) – per le modifiche successive al fatto ampiamente accettate: i videogiochi.

 

I videogames vengono spesso rilasciati in versione beta e gli sviluppatori in genere monitorano il feedback degli utenti e modificano il gameplay di conseguenza.

 

I videogames sono intrinsecamente diversi dalla TV. Sebbene siano certamente una forma di arte narrativa, i giochi invitano a un’esperienza interattiva letterale tra il consumatore e il creatore.

 

Quando si tratta invece di TV, film, musica, i consumatori hanno un ruolo diverso da quello del giocatore: in queste forme d’arte, l’opera è concepita per essere confezionata più o meno una volta per tutte

 

Gli errori diventano note a piè di pagina, in generale, non glitch corretti dopo la beta.

 

Il mondo digitale, a quanto pare, consente una fluidità mai vista prima nell’arte e nell’intrattenimento in streaming se i creatori scelgono di trarne vantaggio, sia di propria iniziativa che a causa del malcontento dei fan.

 

Nella realtà digitale panta rei: tutto scorre. E l’essere umano non può essere più certo di aver visto qualcosa, se qualcuno poi può alterare l’oggetto di cui si crede di avere il ricordo.

 

Si tratta di un cambio di paradigma per la percezione umana che vediamo in campo anche con i social, che ci costringono a vivere nel presente eterno delle bacheche individuali, una condizione dove la memoria non solo è scoraggiata, talvolta è punita.

 

In pratica, il mondo moderno ci sta dicendo che quello che puoi ricordare non ha significato, perché la piattaforma può cambiartelo sotto gli occhi in qualsiasi momento..

 

Si tratta, se ci pensate, della vera matrice della cancel culture, solo ad un livello più profondo.

 

L’uomo e le sue memorie, una volta di più, sono pensati come «resettabili», «formattabili», «riscrivibili». Come appunto, un computer, una macchina. O meglio ancora, un terminale.

 

La realtà diviene una grande piattaforma, ma noi non ne siamo gli utenti: siamo i terminali. Accendi, spegni, scrivi, cancella, resetta.

 

Perfino quando pensiamo che ci stiamo solo intrattenendo…

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

 

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