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Nel deserto giordano scoperto un sito archeologico più antico di Stonehenge

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.

 

 

Ricercatori giordani e francesi hanno rinvenuto un santuario di circa 9mila anni fa. All’interno una serie di trappole usate per la caccia alle gazzelle. Il sito fornisce nuove informazioni sulle strategie di caccia, definite «sofisticate». Per il ministro del Turismo di Amman è una «aggiunta spettacolare» alle «gemme archeologiche» del Paese.

 

 

Una «Stonehenge» ancora più  antica, emersa in pieno deserto giordano: è la sensazionale scoperta compiuta nei giorni scorsi da un gruppo di archeologi giordani e francesi, che hanno ritrovato un santuario di circa 9.000 anni fa in un remoto sito neolitico nel deserto orientale del Paese.

 

Alla Reuters il ministro del Turismo di Amman Nayef Al Fayez ha definito la scoperta una «aggiunta spettacolare» alle «gemme archeologiche» della Giordania che conta già siti storici come Petra, scavata nella roccia, la città romana di Jerash e castelli del Medioevo.

 

Il complesso rituale è stato trovato in un accampamento risalente al Neolitico, nei pressi di grandi strutture note come «aquiloni del deserto» o trappole di massa, che si ritiene siano state usate per rinchiudere gazzelle selvatiche per la macellazione. Queste trappole consistono in due o più lunghi muri di pietra convergenti verso un recinto e si trovano sparsi nei deserti del Medio oriente.

 

«Il sito è unico nel suo genere, in primo luogo a causa dello stato di conservazione» spiega l’archeologo giordano Wael Abu-Azizeh, co-direttore del progetto. Dalle prime indagini dovrebbe avere circa «9 mila anni ed è quasi intatto». Esso, aggiunge, «non ha rivali al mondo» per quanto concerne siti risalenti «all’età della Pietra».

 

Nel santuario vi erano due pietre erette e scolpite con figure antropomorfe, una accompagnata da una rappresentazione dell’aquilone del deserto oltre a un altare, un focolare, conchiglie marine e un modello in miniatura della trappola per le gazzelle.

 

Il South Eastern Badia Archaeological Project (SEBAP), attivo nel sito dal 2013, sottolinea che la scoperta fornisce nuove informazioni «sulle strategie di caccia di massa» con tecniche che verrebbero definite oggi «sofisticate» e «inaspettate in una fase così precoce» della storia umana.

 

Secondo i ricercatori il santuario – all’interno del quale sono emersi anche 250 artefatti – potrebbe fornire una «luce completamente nuova sul simbolismo, l’espressione artistica e la cultura spirituale» delle popolazioni neolitiche «finora sconosciuta».

 

La prossimità del sito alle trappole suggerisce che gli abitanti erano specializzati nella caccia e che le trappole erano «il centro della loro vita culturale, economica e persino simbolica in questa zona marginale».

 

 

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Immagine di Gary Bembridge via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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