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Montanari a Vicenza, analisi e precisazioni

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Renovatio 21 intervista Stefano Montanari dopo l’affollata conferenza di sabato 15 settembre a Vicenza.

 

Dottor Montanari, è soddisfatto dell’organizzazione della conferenza a Vicenza, lo scorso 15 settembre?

L’organizzazione è stata ineccepibile. Anzi, per la prima volta dopo quasi un migliaio di conferenze, sono arrivato e funzionava già tutto perfettamente senza che ci fosse bisogno del minimo ritocco. Di fatto, un record.

 

Il Teatro Astra di Vicenza, era pieno. Questo sicuramente ci dice che la gente ha ancora sete di informazione, non è così?

Non ci sono dubbi. Chi ha ancora il cervello funzionante e non è ancora tra i milioni di caduti vittima del bombardamento di fake news di regime vuole sapere. O, almeno, vuole avere una visione dei fatti che non sia quella somministrata a dosi equine e con un martellamento che una persona intelligente non può altro che trovare sospetto. È solo quando si dispone di tutti i dati essenziali che si può prendere una posizione e se l’accesso ad una parte dei dati è preclusa, forse qualche dubbio nasce.

L’Italia pullula di associazioni che possiamo chiamare come più ci piace, da «free-vax» a «no-vax», ed è indubbio che la frammentazione non gioca a favore dell’efficacia

 

Eppure, in quella che è con Rimini la capitale dell’anti-vaccinismo italiano, credo che ci si potesse aspettare ancora più gente. Non è che qualcuno ha tentato il boicottaggio attivo o, più semplicemente, pensando al proprio orticello, se n’è guardato bene dal promuovere l’evento producendo una sorta di boicottaggio passivo?

Nulla di nuovo: la situazione è ben conosciuta e io l’ho denunciata più volte. L’Italia pullula di associazioni che possiamo chiamare come più ci piace, da «free-vax» a «no-vax», ed è indubbio che la frammentazione non gioca a favore dell’efficacia. Che molti degli aderenti a queste associazioni siano in buona fede è indiscutibile, ma altrettanto indiscutibile, anche se decisamente spiacevole, è rendersi conto che in alcune associazioni il timone è tenuto da chi non ha il minimo interesse a che la causa dichiarata sbocchi in un successo. I motivi sono tristemente banali: c’è chi si porta a casa qualche soldo organizzando manifestazioni che, ovviamente, lasciano il tempo che trovano; c’è chi finge di difendere i diritti legali dei danneggiati da vaccino o di chi è minacciato di vaccinazione forzata; c’è chi finge di curare i danneggiati per l’aspetto sanitario; c’è chi, da bravo fallito che cerca rivincita verso un destino grigio al quale si ribella, è in preda ad una piccola ansia di ribalta… Insomma, pur essendo sideralmente lontani dal giro di quattrini che ruota intorno al business colossale dei vaccini, c’è chi qualcosa riesce a portarsi a casa schierandosi dall’altra parte. Se questo è capitato a Vicenza dovremmo meravigliarci? Lei dice che ci si poteva aspettare più gente, ed è senza dubbio vero, ma tenga conto delle tante distrazioni, se vogliamo chiamarle così, che tentano il popolo. E tenga conto di un fatto con cui io m’incrocio quotidianamente: la gente preferisce non sapere dicendosi che «tanto, non c’è niente da fare» il che è sì quanto di più sbagliato possa esistere semplicemente perché non è vero, ma è proprio il risultato che il regime si propone e per ottenere il quale non lesina energie, denaro e, in molti casi, la dignità di molte persone, sempre che una dignità l’abbiano mai avuta. Comunque, dal giorno dopo la conferenza io continuo a ricevere messaggi da parte di chi era presente: segno evidente che una traccia è rimasta.

Altrettanto indiscutibile, anche se decisamente spiacevole, è rendersi conto che in alcune associazioni il timone è tenuto da chi non ha il minimo interesse a che la causa dichiarata sbocchi in un successo. I motivi sono tristemente banali: c’è chi si porta a casa qualche soldo organizzando manifestazioni che, ovviamente, lasciano il tempo che trovano

 

Nel suo ultimo articolo pubblicato sul suo sito ufficiale fa presente che qualcuno ha tentato di travisare le sue parole rispetto ad un dato di fatto oggettivo: il calo della offerte per la raccolta fondi che serve all’acquisto del microscopio. Hanno per caso cercato di creare divisione fra Renovatio 21, Associazione Vita al Microscopio e lei?

Se un tentativo c’è stato, è miseramente naufragato e il boicottaggio ha avuto risultati miserabili. Anzi, credo che ciò che è stato eventualmente fatto in quel senso abbia rinsaldato un’alleanza che, comunque, non aveva alcun bisogno di essere rinsaldata perché è rocciosa. Il calo dei contributi è un fatto obiettivo, ma le dico molto apertamente che non me ne importa niente. Se la gente non vuole nemmeno difendere i propri figli, non è cosa che possa riguardarmi. Io mi sono reso disponibile e più di ciò che ho fatto non potevo. Come dicevano i latini, ognuno sia fabbro della propria fortuna.

 

Se siamo qui a parlarci, è evidente che il tentativo è largamente fallito…

Appunto. E aggiungo che questi personaggi farebbero bene a togliersi di mezzo e a non interferire più con quello che, con enorme impegno e fatica, stiamo facendo. E se uso il plurale è perché siamo io, mia moglie, Vita al Microscopio e Renovatio 21.

L’organizzazione è stata ineccepibile. Anzi, per la prima volta dopo quasi un migliaio di conferenze, sono arrivato e funzionava già tutto perfettamente senza che ci fosse bisogno del minimo ritocco. Di fatto, un record.

 

Parliamo di futuro. Il vostro – intendo il suo e quello di sua moglie – per quanto riguarda la ricerca, lo vede lontano dall’Italia?

Salvo miracoli, con mio enorme dispiacere la cosa è sempre più possibile. So bene che ciò che noi facciamo dà fastidio in Italia e altrove, ma qui la guerra che ci è scatenata contro è ormai senza quartiere e senza risparmio del ricorso a qualunque mezzo: dagli escamotage giudiziari, che poi si risolvono in nulla ma che, intanto, tengono impegnati e fanno spendere soldi, alle diffamazioni più grottescamente assurde che, però, per assurde che siano trovano orecchio presso uno strato della popolazione culturalmente e moralmente predisposto. Ora stiamo vedendo alcune possibilità di trasferimento ma per noi non c’è nulla di facile. Il mio dispiacere nasce anche dal mio passato sportivo: la mia gara è qui e, se vado a gareggiare da un’altra parte, mi sento in qualche modo sconfitto. Ma, se sessanta milioni e passa di Italiani non ritengono che io sia utile per loro quando non, addirittura, che io sia d’intralcio, allora la scelta non è più mia.

 

Cristiano Lugli

 

 

 

 

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