Salute
Microplastiche collegate alle nascite premature
L’esposizione alle microplastiche è collegata ai casi di nascite premature. Lo sostiene una nuova ricerca portata avanti da scienziati dell’Università del Nuovo Mexico.
I ricercatori hanno scoperto che le madri con concentrazioni più elevate di microplastiche nella placenta hanno maggiori probabilità di partorire prematuramente.
La ricerca ha effettuato l’analisi di 175 placente utilizzando la tecnologia della spettrometria di massa, 100 delle quali sono state raccolte a termine e 75 pretermine (meno di 37 settimane di gravidanza).
Le concentrazioni di microplastiche nelle placente pretermine erano significativamente più elevate. I livelli superavano anche quelli precedentemente misurati nel sangue umano. I ricercatori hanno concluso che le microplastiche si accumulavano in concentrazioni maggiori nelle placente delle donne che poi hanno partorito prematuramente. Al momento, le ragioni di ciò sono sconosciute.
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«La scoperta di concentrazioni placentari più elevate tra le nascite premature è stata sorprendente perché era controintuitiva rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare se fosse semplicemente un sottoprodotto della durata della gravidanza», afferma l’autore principale dello studio, il professor Enrico R. Barrozo, Ph.D.
«In altre parole, un parto prematuro non solo ha accumulato più microplastiche e nanoplastiche nella placenta rispetto al parto a termine, ma lo ha fatto in un momento precedente della gravidanza», ha aggiunto un altro autore principale dello studio, Kjersti Aagaard.
«Ciò suggerisce la possibilità che l’accumulo di plastica possa contribuire al rischio e all’insorgenza di nascite premature. Se combinato con altre ricerche recenti, questo studio si aggiunge al crescente corpo di prove, che spaziano dalle malattie cardiache al potenziale ictus, che dimostrano un rischio reale di esposizione alla plastica sulla salute e sulle malattie umane».
Si stima che tra il 1950 e il 2017 siano state prodotte più di nove miliardi di tonnellate di plastica, di cui oltre la metà è stata prodotta dal 2004. La stragrande maggioranza della plastica finisce nell’ambiente in una forma o nell’altra, dove si decompone, attraverso l’esposizione agli agenti atmosferici, ai raggi UV e a organismi di ogni tipo, in pezzi sempre più piccoli: microplastiche e poi nanoplastiche.
Nei nostri ambienti domestici, le microplastiche vengono prodotte principalmente quando si perdono fibre sintetiche da vestiti, arredi e tappeti. Si accumulano in grandi quantità nella polvere e fluttuano nell’aria, per poi essere inalate.
Gli scienziati stanno trovando tracce della plastica in varie parti del corpo umano, compreso il cervello. Un altro studio ha provato la presenza di plastica nelle nuvole della pioggia.
Come riportato da Renovatio 21, quantità di microplastica avrebbero raggiunto i polmoni umani con l’uso delle mascherine imposto durante il biennio pandemico.
La microplastica nell’intestino è stata correlata da alcuni studi a malattie infiammatorie croniche intestinali. Altre ricerche hanno scoperto che le microplastiche causano sintomi simili alla demenza.
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Come riportato da Renovatio 21, un nuovo studio emerso settimane fa ha stabilito che le comuni bustine da tè realizzate in fibre polimeriche rilasciano enormi quantità di micro e nanoplastiche tossiche nel liquido durante l’infusione.
Come riportato da Renovatio 21, recenti studi danesi hanno mostrato che nel caso degli individui maschi l’esposizione ai PFAS durante il primo trimestre potrebbe ridurre il numero di spermatozoi dei figli. I PFAS avevano sollevato molte preoccupazioni anche in Italia, che, dopo un incidente industriale dei primi anni 2000, avrebbero contaminato le acque sotterranee di zone del Vicentino. Si tratta del più grave inquinamento delle acque della storia italiana: tre province, 350 mila persone coinvolte, 90 mila cittadini a cui fare check up clinici.
Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences a inizio anno aveva trovato nella placenta umana microplastiche dannose, alcune delle quali sono note per scatenare l’asma, danneggiare il fegato, causare il cancro e compromettere la funzione riproduttiva.
Come riportato da Renovatio 21, uno studio recente ha correlato alle microplastiche nell’inquinamento atmosferico i tassi di infertilità e di cancro.
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Immagine di madaise via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0