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«Mangiate metaversi» (ulteriori Dragonballe Z zuckerberghe)

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Il viaggio di Draghi a Washington è stato qualcosa di disperante.

 

È tristissimo, e disorientante, vedere che i giornaloni, quelli che hanno dietro i miliardi degli editori (e dello Stato), gli editorialisti strapagati e gli inviati tronfi, non sono riusciti a capirci niente.

 

Ecco che c’è la testata nazionale che dice che è stato un successo, che Draghi ha avuto il mandato da parte di Biden di trattare con Putin – un’eco di quella volta che, ad inizio Operazione Z, i giornali dissero che Putin voleva il Drago mediatore, quando invece – i nostri lettori lo sanno – il nostro premier con la Von Der Leyen e la capa della Federal Reserve Janet Yellen (che ha tirato dentro lui!) ha organizzato contro Mosca la prima vera guerra economica della storia, con il sequestro (cioè, con il furto) di 300 miliardi di dollari di riserve russe all’estero. Immaginate, quindi, quanto popolare è il Draghi presso il Cremlino, e quanto in effetti la sua presenza al governo ci esponga a rischi esiziali.

 

Poi ci sono quelli che hanno detto che invece no, Draghi con Biden non si è capito, e non perché oramai la mente del presidente USA sia completamente andata in una poltiglia senile, ma perché di mezzo ci sarebbe il Macron e forse lo Scholz, che adesso starebbero innestando la retromarcia ucraina, e Draghi starebbe nel sedile dietro con la cintura ben allacciata.

 

Possibile: Scholz ha sempre più contro l’industria tedesca (cioè, tutta la Germania) che rivuole il gas russo da cui dipendono totalmente, Macron non ha bisogno di gas ma in Africa si è impantanato in un casino in cui nessuna ex colonia vuole più i francesi (anzi: li accusano di fomentare i terroristi) mentre i russi dl Gruppo Wagner li hanno sostituiti solidamente.

 

Facile che Draghi possa stare da quella parte: del resto, è l’uomo del Trattato del Quirinale, lo strambo programma di sottomissione alla Francia firmato dal governo italiano pochi mesi fa. (Cosa di cui siamo quasi contenti: almeno adesso la schiavitù verso Parigi è ufficiale, e chissà cosa c’è dietro).

 

Insomma, nessuno sa come leggere ‘sto viaggio a Washington del banchiere-premier. Le redini del discorso mondiale, del resto, non ce le possono avere tecnocrati o ladri di elezioni – ce le ha Vladimir Putin, che ha dimostrato di poter far calare dal cielo la pioggia di fuoco e di essere in grado di sopravvivere allo strangolamento delle sanzioni.

 

Biden è un fenomeno molto transitorio: è l’ultimo rantolo, truffaldino e brutto a vedersi, del mondo neoliberal, che verrà a brevissimo spazzato via dalle elezioni USA  midterm.

 

Tuttavia, bisogna dire che in settimana una figura di rilievo mondiale Draghi la ha incontrata.

 

Ci riferiamo alla visita, grottesca fino all’indicibile, di Mark Zuckerberg al Premier.

 

Il tutto era iniziato con la sceneggiatura più tipica dell’oligarcato: lo Zuckerberg avvistato in Italia con moglie cinese, è qui per il matrimonio in Toscana di un amico – un classico dell’ignoranza riccastra americana, e già ci immaginiamo i camerieri unici a portare la mascherina. Poi il fortunato ragazzo del New Jersey va a Milano ad incontrare Del Vecchio di Luxottica, e di fatto, se lo avete notato, YouTube in questi giorni ti bombarda di pubblicità dei Ray-Ban con Facebook incorporato, un invento che risale all’anno scorso che a quanto pare non intendono mollare. A Milano ha incontrato anche Diego della Valle, Bertelli (cioè Prada) e il faro dell’umanesimo del cachemire mRNA Brunello Cucinelli.

 

Infine, ecco che il capo di Facebook trova il tempo, visto che c’è, di degnarsi di incontrare il Primo ministro italiano.

 

I due parlano di «i punti di forza del paese nei settori tecnologico e del design e identificare futuri investimenti», qualsiasi cosa questo voglia dire nel momento in cui le fabbriche chiudono e il rischio di guerra atomica incombe – più milioni di persone che potrebbero perdere il lavoro, e una buona parte che lo ha già perso a causa dell’apartheid biotica chiamata green pass.

 

Ma si va oltre. Viene comunicato che l’incontro avrebbe trattato una questione di fondamentale importanza per Facebook, il metaverso – che è talmente importante da far cambiare nome all’azienda, che adesso si chiama, appunto, Meta.

 

Attenzione a come la mettono: il metaverso non è solo l’azzardo imprenditoriale di Zuckerberg, che ci sta investendo decini di miliardi di dollari convinto di guadagnarsi così il ruolo di first mover (Bill Gates insegue a suon di diecine miliardi…) in quell’eventuale boom che sarà, parole sue, «la nuova telefonia mobile».

 

Anzi, di più: Mark ha confessato un po’ sottovoce che vede il metaverso come la «singolarità» che stiamo aspettando, ossia come un momento di mistica tecnologica che cambierà l’umanità per sempre. È, insomma, una cosa molto personale, per lo stramiliardario Zuckerbergo.

 

No, qui ci dicono che anche la politica – il nostro governo – è in allineamento con la trasformazione del mondo in spazio digitale, in metaverso.

 

«Per dare vita al metaverso sarà necessario uno sforzo congiunto tra aziende, mondo politico e società civile – ha spiegato dopo l’incontro col governo un portavoce di Meta-Facebook, riporta l’ANSA – Nell’incontro di oggi abbiamo confermato la nostra collaborazione con il governo italiano. Siamo lieti di aver potuto discutere le opportunità culturali, sociali ed economiche che il metaverso porterà all’Italia e non vediamo l’ora di continuare questa collaborazione».

 

È fantastico. Il Paese sta per essere investito, con estrema probabilità, da una tremenda crisi alimentare: il governo, invece, trova il tempo di «collaborare» con un ragazzino miliardario e il suo progetto di ficcare nella realtà virtuale tutto e tutti, nel tentativo di regnare sul mondo come faceva con Facebook prima che cominciasse a scoppiargli in mano tra scandali e orrori.

 

Prima o poi, Facebook cadrà, e lo Zuckerberg, che non ha fama di essere uno creativo – chiedete ai fratelli Winkelvoss, cui rubò l’idea del social network; chiedete a Snapchat, cui rubò la funzione stories; chiedete a Instagram e Whatasapp, i cui CEO hanno venduto a Facebook e poi sono scappati; chiedete allo stesso creatore di Oculus, la tecnologia di realtà virtuale acquistata da Facebook, Palmer Luckey, anche lui comprato e fuggito –sta cercando di atterrare da qualche parte, magari imprigionando per sempre generazioni di esseri umani in mondi virtuali intossicanti. (abbiamo visto, del resto, nel costosissimo spot Superbowl cosa sembra pensare Facebook dei suoi utenti: pupazzi tristi che senza metaverso andranno buttati al macero)

 

Lo Stato italiano dà una mano a Zuckerberg. Lo Stato italiano collabora al metaverso. C’è da pensare, quindi, che quindi mancherà ci sarà la fila per il pane (come è già in Libano, ad esempio), e quando mancherà il latte per i bambini (come è tuttora negli USA), Draghi ci dirà: «mangiate metaversi».

 

Voglio dire qualcosa di più, aggiungere un livello di disgusto personale a tutta la vicenda.

 

Ho scritto un articolo pochi giorni fa chiamato «Dragonballe Z». Ammetto che la voglia di titolare così era tanta, più forte della voglia di scrivere il resto del pezzo. Tuttavia, mai avrei immaginato che si sarebbero poche ore dopo materializzate delle nuove, vere dragonballe Z, letteralmente Z; nel senso di dragonballe zuckerberghe.

 

Draghi è colui che in varie occasione ha attaccato diplomatici russi – l’ambasciatore Razov e lo stesso ministro degli Esteri Lavrov – ripetendo che «in Italia c’è la libertà di espressione», mentre da loro no. Noi, avevamo scritto, trovavamo odiosa questa dichiarazione, perché abbiamo presente cosa è oggi la realtà sui social.

 

«E noi dovremmo stare a sentire una cosa del genere? Il premier ha idea di cosa sia l’Italia – il mondo – nell’Anno Domini 2022?» scrivevamo. «Ban? Shadowban? Processi alle grandi piattaforme che ti zittiscono… Draghi ne ha mai sentito parlare? Draghi ha idea di come si sente attualmente una larga parte dei cittadini italiani? Noi, che siamo censurati (e magari pure spiati) ovunque, dovremmo sentirci dire che abbiamo la libertà di esprimerci?»

 

La nostra ingenuità è tanta da far male: poche ore dopo aver scritto queste righe, Draghi incontrava Zuckerberg, l’uomo a capo della più grande macchina della censura della storia umana, in grado di sorvegliare e punire il pensiero della popolazione con precisione algoritmica, in grado di cancellare il cittadino come nemmeno la damnatio memoriae dei romani.

 

Draghi parla di libertà di parola, poi incontra Zuckerberg. Per grossa parte della popolazione italiana, oggi questa è già una barzelletta.

 

E chi per riavere le proprie foto, i propri contatti, i propri pensieri ha magari dovuto portare l’azienda di Zuckerberg in tribunale, cosa può provare, verso il presidente del consiglio?

 

Ma no, gettiamo acqua sul fuoco. L’idea, qualcuno ha detto, è stata del ministro dell’Innovazione Vittorio Colao. Avete presente: megamanager bresciano delle TLC globali, vestito però come un direttore di un credito cooperativo locale. Forse lo avete dimenticato, ma Colao, durante la prima annata pandemica, ad una certa sembrava che dovesse divenire lui stesso premier sostituendo il Conte bis. I padroni del vapore lo piazzarono a capo della famosa task force per l’Italia, che perse i pezzi taskforzuti abbastanza presto, poi vedemmo che l’avvocato amico di Casalino era riuscito a smarcarselo di dosso, anche perché, emerse, Colao comandava la ricostruzione dell’Italia, stando a Londra. Eccezionale.

 

All’epoca, Renovatio 21 picchiò duro: tirammo fuori un bello spezzone di Colao che parla di 5G, oggetti ipercollegati, robot ultraremotizzati, e poi «sistemi medici [per] avere in tempo reale le condizioni di una persona e iniettare o magari rilasciare una sostanza medica che è necessaria per le condizioni della salute… cioè si potrà fare tutto in remoto quasi istantaneamente».

 

 

Non eravamo ancora stati bannati, shadowbannati e poi cancellati da Zuckerberg: il video raggiunse almeno 100 mila persone. Molti commentarono che eravamo solo dei complottisti, che il 5G con i farmaci non c’entra niente, etc. Manfatti, checcentra, sistemi di rilascio IoT di sostanze nel corpo umano sono una pura utopia, non c’è nessun brevetto in merito, dai. (Potete guardare la prima puntata della serie sulla storia vera di Theranos, The Dropout, per convincervene)

 

E poi, dal 5G certamente non passerà il metaverso: un programma che consuma una bande immane, che però è necessaria per tenerci incollati dentro, perché sarà letteralmente la nostra seconda vita. Anzi la prima. Il metaverso sarà il luogo dove «presumibilmente nel giro di 5-10 anni vivremo, lavoreremo, faremo shopping e ci divertiremo» scriveva l’ANSA raccontando l’incontro Draghi-Zuckerberg-Colao. In quel «ci divertiremo», c’è tutto. Qualsiasi attività, dal gioco allo «sport» alla vita associativa potrebbe finire lì, nell’allucinazione numerica del metaverso.

 

Per non parlare della pornografia: diverrà iperrealistica e dematerializzata, come lo è già con Pornhub e soci, e saranno possibili con rapporti a prova di COVID e HIV e di concepimento (il virus peggiore che è possibile contrarre nel Mondo Nuovo: l’essere umano nella sua continuazione), perché virtuali e perversi fino all’inverosimili – e questo sito ha già scritto di molestie VR e della possibile presenza di predatori pedofili già agli albori del metaverso.

 

Quindi, sì, Zuckerberg Draghi e Colao hanno parlato del nostro futuro: non c’è dubbio. È l’avvenire che hanno in mente per noi, e ci hanno ben preparato ad esso con due anni di prigionia domestica e distruzione dei diritti fondamentali. Era tutto necessario per far scattare questo ulteriore Reset del mondo, dove alla fine entreranno solo alcuni – la massa vaccina, tutta – e gli altri resteranno emarginati socialmente e forse economicamente in quella cosa che si chiamerà realtà-reale (dove però si hanno amici veri, si fanno cose vere, si fa l’amore davvero, si fanno figli veri, etc.)

 

A questo punto racconto qualcosa di ancora più personale.

 

Confesso di aver comperato, anni fa, un visore Oculus, un casco per la realtà virtuale di proprietà di Facebook, ora Meta. Me lo aveva consigliato un ragazzo esperto di realtà virtuale con cui avevo lavorato, diceva che fosse il migliore sul mercato. Era vero. Lo ho usato pochissimo, ho simpatia per i videogiochi ma non riesco a trovare il tempo di mettermici. Riposa lì nell’armadio nella sua scatola, ed è un peccato: devo dire che ne apprezzo anche il design e pure il packaging.

 

Ebbene, come sanno molti dei miei lettori, qualche mese fa Facebook ha cancellato Renovatio 21 e il mio account personale collegato. Cioè, migliaia di foto, di contatti, di messaggi, di ricordi, di pensieri (anche di persone che non ci sono più)… più altre due pagine che gestivo, la Civiltà del Tabarro e la pagina della Santa Messa in rito antico che contribuisco ad organizzare qui dalle mie parti.

 

Fin qui, conoscevate la storiella personale. Sapete anche che siamo andati dal giudice, e abbiamo riavuto indietro account e pagina (anche se, stranamente, con URL diverso).

 

Vi mancava questa: a circa un mese circa dalla cancellazione del mio profilo da parte di Facebook, mi arriva una email di Oculus.

 

«Ciao Roberto, l’account Facebook collegato al tuo dispositivo Oculus è stato sospeso. Ciò è dovuto al fatto che l’account Facebook, o le attività che lo riguardano, non rispettano le Regole di Facebook».

 

« (…) Se l’account sarà disabilitato in modo permanente, non potrai usarlo per accedere al tuo dispositivo Oculus. Perderai inoltre l’accesso a qualsiasi app e gioco acquistati usando l’account e a eventuali crediti dello store».

 

E beh sì. Eccomi. Il primo che conosco ad essere bandito dal mondo dei videogiochi per motivi politici. Anche da giochi già acquistati legittimamente. Eccomi, sono io.

 

Il metaverso ancora non esiste, ma hanno già deciso che non mi ci vogliono dentro.

 

Non scherzo, non è un’iperbole: i milioni di dati che avete fornito ai social e alle loro Intelligenze Artificiali sono serviti a schedarvi, di modo da sapere, tra le mille cose, se nel Mondo Nuovo che stanno creando è il caso di accettarvi. Perché chi romperà le palle, chi non si berrà le cazzate, chi è diverso per davvero – per il suo pensiero, non per fenomeni superficiali come il colore della pelle o la sessualità – non è il caso che entri a seminare zizzania.

 

In questo mondo de-corporeizzato, saremo felici di esseri i reietti che ancora praticano ed amano quella cosa chiamata Vita, quel miracolo che in tutti i modo voglion spegnere, anche con il lucore narcotico della Realtà Virtuale.

 

Tuttavia, di questa ulteriore fase dell’apartheid biotica ora ci dovremmo preoccupare poco. Perché è in arrivo la fame, e non in versione virtuale. È in arrivo la fame che morde lo stomaco, che impedisce la crescita dei bambini, che rende le persone cattive ed imprevedibili, che è in grado di far cadere la Civiltà e ripristinare la barbarie.

 

Aspettiamo dunque il momento in cui Draghi e Colao diranno al popolo senza pane «mangiate metaversi».

 

Tranquilli, arriva. Non sarebbe più grave di quanto stanno facendo con il gas russo e il nostro destino in questo momento.

 

Non so voi, ma qui lo schifo è tanto, tantissimo.

 

E non è virtuale.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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