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Malattie autoimmuni e vaccini: comprendere il legame

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Riportiamo questo articolo apparso sul sito del World Mercury Project, il gruppo animato da Robert F. Kennedy jr.

 

 

 

Negli ultimi decenni le malattie autoimmuni sono diventate sempre più comuni negli Stati Uniti e in altri paesi ad alto reddito e ora colpiscono circa il 5% -10% della popolazione di quei paesi.

L’ampia categoria di “malattia autoimmune” comprende oltre 100 diverse condizioni reumatiche, endocrinologiche, gastrointestinali e neurologiche che si verificano quando le risposte immunitarie del corpo vengono erroneamente indirizzate verso se stesso.

 

I ricercatori concordano nel dire che i fattori ambientali (inclusi farmaci e sostanze chimiche) sono fortemente responsabili dell’aumento delle malattie autoimmuni, verosimilmente insieme ad influenze genetiche ed epigenetiche.

Studi risalenti alla metà degli anni ’90 indicano che i vaccini, con la loro unica configurazione di antigeni e adiuvanti virali o batterici, possono essere un trigger biologicamente plausibile.

Studi risalenti alla metà degli anni ’90 indicano che i vaccini, con la loro unica configurazione di antigeni e adiuvanti virali o batterici, sono un trigger biologicamente plausibile

 

Il segno patogeno caratteristico della malattia autoimmune è la produzione di proteine ​​chiamate autoanticorpi, per mezzo dei quali il sistema immunitario attacca erroneamente gli organi, i tessuti e le cellule del corpo invece di combattere i patogeni esterni.

 

I vaccini possono stimolare la produzione di autoanticorpi attraverso un meccanismo chiamato «mimetismo molecolare».

 

Come spiegato da alcuni ricercatori israeliani in un nuovo articolo pubblicato su Cellular & Molecular Immunology, le significative somiglianze tra gli antigeni patogeni contenuti in un vaccino e le proteine ​​umane del corpo della persona che riceve il vaccino possono portare ad un fenomeno immunitario chiamato cross-reactivity («reattività incrociata») ed «evolvere in un processo autoimmune che prende di mira le auto-proteine».

 

Tre esempi:

 

I ricercatori israeliani hanno esaminato tre esempi di probabile mimetismo molecolare, esaminando le prove che collegano i vaccini contro l’influenza, l’epatite B e il papillomavirus umano (HPV) all’autoimmunità indotta dal vaccino.

La maggior parte degli esperti dei vaccini ignorano che gli adiuvanti come l’alluminio possono essere un potenziale fattore ambientale scatenante per l’autoimmunità

 

  • Influenza: nel 2009, decine di milioni di europei e nordamericani hanno ricevuto un vaccino contro l’influenza H1N1 contenente un nuovo adiuvante chiamato AS03 (composto da alfa-tocoferolo, squalene e polisorbato 80). Poco dopo, dai rapporti iniziarono ad emergere bruschi aumenti per due condizioni autoimmuni, la narcolessia e la sindrome di Guillain-Barré (GBS) – con un aumento del rischio di 2-3 volte tanto per la GBS nei 42 giorni successivi alla vaccinazione. Nel caso di individui affetti da narcolessia, la ricerca che spiega lo sviluppo della reattività incrociata e di autoimmunità, ha identificato una somiglianza tra una nucleoproteina del vaccino influenzale e un recettore umano per il neurotrasmettitore HCRT (che aiuta a regolare gli stati sonno-veglia). Allo stesso modo il mimetismo molecolare è considerato essere un potenziale meccanismo di collegamento tra vaccino antinfluenzale e GBS.

 

  • Epatite B: Un certo numero di casi segnalati ha suggerito un ruolo dei vaccini del virus dell’epatite B (HBV) nello sviluppo di condizioni di autoimmunità, in particolare per quanto riguarda le malattie demielinizzanti (condizioni che danneggiano la guaina protettiva che circonda le fibre nervose nel cervello, i nervi ottici e il midollo spinale ). Le neuropatie demielinizzanti comprendono la sclerosi multipla (SM), l’encefalomielite acuta disseminata, la mielite trasversa e altre. Uno studio del 2005 ha stabilito un’iniziale «dimostrazione pratica per la teoria del mimetismo molecolare che porta all’autoimmunità tra soggetti vaccinati con HBV». Lo studio ha esaminato le somiglianze tra l’antigene di superficie HBV ricombinante (geneticamente modificato) contenuto nel vaccino HBV e due proteine umane spesso associate a danni alla mielina nella sclerosi multipla (proteina basica e glicoproteina oligodendrocita della mielina) ed ha mostrato una reattività incrociata significativamente maggiore nei soggetti vaccinati rispetto ai soggetti di controllo.

 

  • HPV: La ricerca ha suggerito un legame tra la vaccinazione HPV e almeno due patologie autoimmuni: il lupus eritematoso sistemico (SLE) e la sindrome da tachicardia ortostatica posturale (POTS) – anormale condizione della frequenza cardiaca che frequentemente si sovrappone alla sindrome da stanchezza cronica. Nel caso del SLE, i ricercatori israeliani hanno richiamato l’attenzione in altre pubblicazioni sulla «omologia» (corrispondenza) tra diversi peptidi virali del vaccino e i peptidi umani noti per essere deregolati in caso di lupus eritematoso sistemico, così come il mimetismo molecolare tra peptidi specifici del vaccino HPV e proteine umane sono potenzialmente associate ad aritmie cardiache.

 

Autoanticorpi nell’autismo

 

Gli adiuvanti di alluminio sono presenti nella maggior parte dei vaccini.

 

I ricercatori israeliani sottolineano che sebbene gli adiuvanti di alluminio siano «utilizzati (…) con l’unico scopo di ridurre la resistenza immunitaria» e potenziare invece la risposta immunitaria, la maggior parte degli esperti dei vaccini ignorano che gli adiuvanti possono essere un potenziale fattore ambientale scatenante per l’autoimmunità.

 

Alcuni dei molti motivi per cui il monitoraggio della sicurezza dei vaccini è fallace, includono una classificazione diagnostica variabile dei casi, la manipolazione dell’intervallo di rischio post-vaccinazione, l’incapacità di valutare la sottostima delle reazioni avverse (che il governo americano riconosce essere diffuso), una «sostanziale faziosità di pubblicazione che  favorisce studi che supportano la sicurezza del vaccino».

L’inclinazione a sottovalutare l’alluminio è alquanto sorprendente soprattutto alla luce delle altre ricerche che collegano i metalli neurotossici, tra cui il mercurio ed il piombo, alla comparsa di autoanticorpi cerebrali nei bambini con disturbo dello spettro autistico (DSA).

 

Il mercurio è ancora presente in molti vaccini in tutto il mondo e in alcuni vaccini negli Stati Uniti.

In uno studio pubblicato nel 2015, alcuni ricercatori egiziani hanno descritto la presenza di autoanticorpi anti-mielina di base (anti-MBP) in bambini autistici che avevano elevati livelli di mercurio nel sangue.

Identificando  il mercurio come «uno dei principali fattori ambientali scatenanti dell’autoimmunità nell’autismo», questi ricercatori hanno ipotizzato che l’esposizione a «mercurio, proteine ​​alimentari e antigeni microbici» (come gli antigeni nei vaccini) può dare il via ad una catena di reazioni autoimmuni che inizia con il mimetismo molecolare e la formazione di autoantigeni omologhi.

 

Alcuni ricercatori ipotizzano che le patologie autoimmuni del cervello (come quella osservata nella sindrome dell’aspetto autistico) necessitino di una «circostanza che aumenta la permeabilità della barriera emato-encefalica permettendo agli anticorpi di attraversarla e di accedere al tessuto cerebrale per inibire e alterare i processi neuronali». Sia il mercurio che l’alluminio possono danneggiare la barriera emato-encefalica permettendo agli antigeni del vaccino di penetrare nel cervello.

 

Prendere sul serio l’autoimmunità

 

Dato l’aumento di oltre 100 malattie autoimmuni fin dalla metà degli anni ’40, è preoccupante che i tre esempi riportati dai ricercatori israeliani siano, sempre per ammissione degli stessi autori, ancora soggetti ad «un significativo dibattito».

 

Come proseguono a spiegare, esiste una inaccettabile mancanza di dati scientifici di alta qualità rispetto alle reazioni avverse correlate al vaccino.

Alcuni dei molti motivi per cui il monitoraggio della sicurezza dei vaccini è fallace, includono una classificazione diagnostica variabile dei casi, la manipolazione dell’intervallo di rischio post-vaccinazione, l’incapacità di valutare la sottostima delle reazioni avverse (che il governo americano riconosce essere diffuso), una «sostanziale faziosità di pubblicazione che  favorisce studi che supportano la sicurezza del vaccino».

 

Invece di cercare di seppellire gli eventi aversi come inconvenienti al racconto sull’imprescindibile sicurezza del vaccino, dovremmo prestare attenzione a quelle «bandiere rosse» che le reazioni avverse rappresentano.

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