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L’Uganda rifiuta l’agenda LGBT e l’aborto inclusi nella proposta di accordo commerciale con l’UE

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Un membro del parlamento ugandese si è opposto alle disposizioni pro-LGBT e all’aborto che potrebbero essere incluse in un accordo commerciale aggiornato tra l’Unione europea e molti paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

 

Ad inizio settimana, Thomas Tayebwa, vicepresidente del parlamento in Uganda, ha parlato a nome del suo Paese al vertice dell’Unione africana, dei Caraibi e dell’Unione Europea del Pacifico (ACP-UE)  sull’aggiunta non necessaria di clausole a sostegno dell’agenda LGBT e dell’aborto nella revisione dell’accordo di Cotonou, un accordo bilaterale tra l’Unione europea e il gruppo degli stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, firmata a Cotonou, in Benin, il 23 giugno 2000

 

«Siamo una società che non è pronta per l’omosessualità e siamo una società che non è pronta per l’aborto», ha detto Tayebwa al vertice. «Non siamo ancora una società che ha perso la bussola morale. Come Africa, crediamo che l’istituzione della famiglia sia il fulcro di tutto ciò che stiamo facendo».

 

L’accordo di partenariato ACP-UE in discussione al vertice organizzato dal 29 ottobre al 2 novembre è una versione aggiornata dell’accordo di partenariato di Cotonou, firmato oltre 20 anni fa e utilizzato per «regolare le relazioni economiche e commerciali tra l’UE e tutti i 48 Paesi subsahariani in Africa, 16 paesi dei Caraibi e 15 paesi del Pacifico», scrive un comunicato stampa.

 

«Abbiamo scoperto che con l’accordo Post Cotonou, vi sono clausole nascoste sui diritti umani», ha detto Tayebwa. «Clausole che hanno a che fare con la sessualità, promozione di LGBT/omosessualità e clausole che hanno a che fare con l’aborto. L’UE chiede che prendiamo una certa strada; dovrebbero anche conoscere il carattere della nostra società».

 

Secondo lo stesso comunicato stampa, «l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE è stata creata per riunire i rappresentanti eletti del Parlamento Europeo e i rappresentanti eletti degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico che hanno firmato l’accordo di Cotonou».

 

 

Riunendosi solo due volte l’anno, l’organizzazione si concentra sull’affrontare questioni relative ai diritti umani, alla democrazia e ai «valori comuni dell’umanità».

 

Come riporta Lifesitenews, «sebbene questo sia l’incidente più recente, non è la prima volta che l’Uganda o un altro Paese africano si schiera contro l’agenda LGBT e spinge per il “diritto” all’aborto che sta permeando sempre più il mondo occidentale».

 

A ottobre, l’Uganda ha pubblicamente confutato una dichiarazione delle Nazioni Unite secondo cui l’aborto è un «diritto umano». Un totale di 33 nazioni africane ha respinto la richiesta dell’organizzazione a tutti i suoi membri di fornire «l’accesso all’aborto sicuro» all’interno dei loro confini.

 

Inoltre, a settembre, il Kenya ha imposto leggi che vietano la commercializzazione e la trasmissione di film con contenuti LGBT. «Il Paese ha anche avvertito le donne di evitare la circolazione della pillola anticoncezionale cinese, che è illegale oltre che pericolosa».

 

La palma d’oro del ricatto LGBT fu raggiunta nel 2015 dall’amministrazione Obama, che ritirò aiuti finanziari e militari alla Nigeria quando questa si rifiutò di legalizzare contraccezione e omosessualità. Il Paese, all’epoca, si trovava a combattere i terroristi di Boko Haram, che avevano ucciso e rapito decine di migliaia di persone. Si disse che gli USA obamiani disponessero di immagini satellitari con gli accampamenti di Boko Haram, ma non le condivisero con i nigeriani restii a implementare la deregulation sessuale nella società africana.

 

L’Impero della Necrocultura vuole l’Africa, passando attraverso il Pentagono, Langley, Foggy Bottom e Bruxelles, con ricatti squallidi e assassini.

 

 

 

 

 

Immagine di Wulman83 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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