Morte cerebrale

Lo strano caso del calciatore cinese «morto» due volte

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Circa un mese Renovatio 21 ha avuto modo di scrivere della triste vicenda del giovanissimo calciatore cinese dichiarato morto in Spagna e rimpatriato per proseguire il percorso di cure, dietro espressa richiesta dei genitori.

 

I media, non curanti dei paradossi e delle contraddizioni, pubblicarono una sorta di necrologio del calciatore accompagnato da una piccola biografia, con l’apprezzabile intenzione di rendere omaggio al defunto.

 

Ebbene, la storia si è ripetuta in questi giorni, come se nulla fosse accaduto: diverse testate giornalistiche hanno riportato la notizia della (nuova) morte del giovane calciatore cinese (con annesso nuovo necrologio), questa volta avvenuta in Cina.

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In breve la cronologia dei fatti: il 6 febbraio scorso il diciottenne Guo Jiaxuan nel corso di un’amichevole disputatasi in Spagna contro una squadra di una cittadina locale, ha ricevuto una ginocchiata involontaria alla testa che gli ha causato una lesione cerebrale.

 

L’atleta è stato trasportato d’urgenza in elicottero presso un ospedale della zona dove ha ricevuto le cure mediche d’emergenza ma dopo solo quattro ore è stato dichiarato cerebralmente morto. Come da prassi, una volta dichiarata la morte cerebrale il paziente, da lì a poche ore, viene staccato dai sostegni che lo mantengono in vita e trattato alla stregua di un cadavere.

 

I genitori del ragazzo, forse insospettiti dalla fretta con cui i sanitari spagnoli hanno provveduto ad emettere la loro sentenza di morte, si sono rifiutati di acconsentire all’esame autoptico sul cadavere e hanno preteso che il loro figliolo venisse loro restituito non dentro una bara (come succede di norma con i defunti) ma con un volo medico, allo scopo di proseguire le cure in patria.

 

Il giorno successivo, riferiscono le cronache, Guo è stato ricoverato all’ospedale Tiantan di Pechino dove i medici hanno cercato di mantenere i suoi segni vitali (i cadaveri presentano segni vitali?). Tuttavia, il 20 marzo, un giorno prime del suo diciannovesimo compleanno e dopo più di un mese di coma, la famiglia ha ricevuto la notizia del decesso di Guo.

 

La domanda sorge spontanea: in quale momento del tempo è possibile collocare la morte del giovanissimo calciatore cinese? Di certo, non in due momenti diversi visto che ciò sarebbe un insulto alla ragione e al buon senso. Eppure i gazzettieri nostrani sembrano ignorare i principi generali della logica, in particolare il principio di non contraddizione.

 

Tra le testate che hanno riportato la notizia del secondo decesso del giovane troviamo anche quella che da alcuni anni si prefigge l’obiettivo di scovare le fake news che circolano in rete, il celebre Open: «L’incidente fatale è avvenuto durante un’amichevole: una ginocchiata alla testa lo ha fatto cadere in coma. Nonostante i tentativi di salvarlo in un ospedale di Madrid, era stata dichiarata la morte cerebrale. Trasferito in Cina per proseguire le cure, Guo è deceduto il giorno prima del suo diciannovesimo compleanno» scrive il giornale online fondato da Enrico Mentana.

 

Secondo quanto è scritto nel Manuale MSD per i profesionisti, «la morte cerebrale si riferisce alla perdita permanente delle funzioni cerebrali che non possono riprendere spontaneamente e non possono essere ripristinate da interventi medici (…) La diagnosi di MC equivale al decesso della persona e dopo che essa è stata confermata, tutti i trattamenti di supporto cardiorespiratorio vengono sospesi». I giornalisti di Open, spesso prodigo di attacchi a Renovatio 21 su questioni biomediche, ignorano questo principio?

 

C’è da riconoscere, a loro parziale discolpa, che non è affatto semplice gestire a livello comunicativo concetti medici letteralmente inventati dalla scienza di regime, al solo fine di eliminare i comatosi tramite eutanasia o predazione degli organi.

 

Già, perché la morte cerebrale in realtà non esiste, come abbiamo avuto modo di mettere in luce su Renovatio 21 diverse volte. Definire morte qualcosa che non lo è porta inevitabilmente a travisare la realtà e ad interpretare i fatti sulla base di categorie di pensiero artefatte.

 

Ma torniamo alla storia dello sfortunato giocatore di calcio: il decesso di Guo sembra aver sollevato un bel vespaio con annesso incidente diplomatico, al punto che le autorità cinesi hanno denunciato l’inadeguatezza delle cure prestate al ragazzo dai sanitari spagnoli dopo la diagnosi di ipossia cerebrale. I genitori del calciatore hanno richiesto i filmati dello scontro di gioco e i dettagli delle cure mediche prestate al giovane.

 

Da parte nostra, invece, abbiamo già avuto modo di mettere in luce l’estrema e sospetta velocità con cui i sanitari tendono ad attivare le procedure per dichiarare la morte cerebrale di un paziente che versa in stato di coma e quanto siano pericolose e potenzialmente letali le procedure di accertamento, con particolare riferimento al test di apnea: se a seguito della sospensione temporanea del supporto respiratorio meccanico (fino a 10 minuti nella maggior parte dei Paesi) i movimenti respiratori rimangono assenti fino ad un limite convenzionalemente stabilito (di solito 60 mmhg), si ritiene che il test di apnea confermi la diagnosi di morte.

 

Il problema è che tale procedura può causare danni irreversibili al tessuto cerebrale dal momento che provoca l’aumento della pressione intracranica e la diminuzione della pressione sanguigna con conseguente ipossia cerebrale (ossia proprio il danno che si tenta di contenere nei pazienti traumatizzati).

 

Secondo lo scienziato brasiliano Cicero Galli Coimbra fino al 39%dei pazienti che sono sottoposti al test di apnea possono raggiungere livelli sistolici inferiori al limite di guardia ed è noto come anche un breve periodo di ipotensione possa compromettere l’esito in pazienti con lesione cerebrale traumatica.

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Il paradosso è che diversi autori, in caso di trapianto degli organi da pazienti in morte cerebrale, mettono in guardia dai possibili danni inflitti agli organi trapiantati dall’insulto apneico ma non fanno alcun accenno alle implicazioni etiche relative al peggioramento del quadro clinico e neurologico del cosiddetto donatore.

 

In sostanza, il test di apnea può indurre un collasso irreversibile della circolazione intracranica anziché solo una temporanea riduzione del flusso sanguigno cerebrale, come dimostrano i dati clinici ottenuti dai pazienti con gravi traumi alla testa sottoposti e non sottoposti al suddetto test.

 

C’è anche da sottolineare che le procedure diagnostiche di accertamento della morte devono essere effettuate previa sospensione temporanea dei trattamenti sanitari, affinché il paziente sia libero da farmaci che possono falsare il suo quadro clinico.

 

Ora, non sappiamo quale sia stata la causa esatta della morte del ragazzo cinese (soprattutto se è stata provocata da cause naturali, interventi esterni o una combinazione di entrambi i fattori) ma sappiamo con certezza che Guo non può essere morto sia il 6 febbraio che il 20 marzo. Dobbiamo inevitabilmente dedurre dai fatti che l’atleta dichiarato cerebralmente morto, quindi deceduto, in Spagna era in realtà ancora vivo quando è stato rimpatriato e ricoverato in un ospedale di Pechino.

 

A meno di fare come i giornalisti nostrani che ci hanno raccontato la fantastica storia del calciatore cinese che visse e morì due volte.

 

Miracoli che accadono nel magico mondo che crede alla morte crebrale.

 

Alfredo De Matteo

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Immagine generata artificialmente

 

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