Epidemie

Lo stato di emergenza verrà esteso oltre i 24 mesi

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Il decreto legislativo numero 1 del 2008  che disciplina il Codice della Protezione Civile non è equivocabile: all’articolo 23, comma 3, precisa che «la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi».

 

Per questo molti cittadini si aspettano – molti fanno semplicemente finta di crederci – che al 31 gennaio 2022 lo stato di emergenza non verrà esteso, dato che fu dichiarato a fine gennaio 2020 e sono stati raggiunti i 24 mesi consentiti ( 12 + 12).


Ma sul Messaggero del primo novembre trapelano già le prime voci di corridoio da Roma, peraltro dichiarate apertamente dal ministro Speranza su Raitre:

 

«Proroga fino al 31 marzo: è questa l’ipotesi più solida per il prolungamento dello stato di emergenza. C’è l’obiettivo di superare l’inverno e, dunque, la fase più delicata della pandemia come ha insegnato l’esperienza del 2020. Ma c’è un problema: attualmente la scadenza è al 31 dicembre, arrivando a marzo si va oltre ai 24 mesi previsti dalla come limite massimo dalla legge».

 

«Dunque, visto che lo stato di emergenza è iniziato il 31 gennaio 2020, se si vuole davvero prolungarlo fino a marzo, sarà necessario un provvedimento legislativo. E un passaggio parlamentare non è semplice».

 

«A parlare di proroga ieri è stato il ministro della Salute, Roberto Speranza, ospite di Raitre. Ha spiegato che la curva dei contagi, sia pure in modo meno marcato di altri Paesi europei, è in salita. Gli ospedali sono ancora in zona di sicurezza, perché la vaccinazione massiccia ha ridotto il numero dei ricoveri, ma visto che ci sono ancora 7 milioni di non immunizzati, le incognite dell’inverno permangono».

 

Ma anche il sottosegretario alla Salute conferma.

 

«Secondo il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, la proroga dello stato di emergenza sarà necessaria soprattutto per quattro motivi: “Dobbiamo tenere conto dei contagi di questa nuova ondata, della necessità di raggiungere e mantenere la protezione di comunità (quel famoso 90 per cento dei vaccinabili), della necessità di somministrare le terze dosi, del monitoraggio dei cluster e varianti”».

 

A questo punto potrebbe essere bello ordinare di parlare tutti quanti in spagnolo, tanto per coronare l’eco delle suggestive atmosfere di certi regimi latino-americani.

 

In fin dei conti, che cosa ci vorrebbe ad inserire l’ordinanza nel prossimo decreto?

 

 

Gian Battista Airaghi

 

 

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